Su Bitcoin e crypto in Europa è stata scelta la strada dell’irrilevanza. Con il MiCA che sarà probabilmente la pietra tombale per il settore nel mercato unico è tempo di ripercorrere cinque enormi errori che il continente, le sue élite e il suo settore bancario hanno commesso e che saranno estremamente difficili da recuperare.
Dalle leggi, passando per un conservatorismo che in economia e finanza ha molto poco senso, passando per un martellamento incessante da parte delle autorità contro questa nuova asset class.
Una situazione che è distante anni luce da quella americana e da quella delle principali economie asiatiche (fatta salva quella cinese). E che, speriamo, non costerà molto a cittadini che, in assoluta autonomia, stanno forse per la prima volta prendendo decisioni autonome e che si stanno godendo anche in termini di ritorni.
Quanto avvenuto ieri a EURT è il segnale che c’è qualcosa che non funziona. Se anche il più grande, strutturato, solido e ricco operatore nel mondo stablecoin decide di cambiare aria, vuol dire che qualcosa non ha funzionato come si aspettavano. O forse che sta andando esattamente secondo i piani.
Sappiamo che prendersela con la politica è lo sport nazionale. E sappiamo anche che vengono attribuite alla politica spesso colpe che sono un po’ di tutti. Questa volta però il pastrocchio è tutta responsabilità loro. Il MiCA, che doveva rendere lo spazio crypto europeo sicuro e investibile non renderà il suddetto spazio né sicuro, né investibile.
Le norme sugli stablecoin, che impongono depositi presso banche classiche che poi utilizzano quelle riserve prestandole e facendole girare, sono il simbolo di tutto ciò che il MiCA è. Un favore enorme agli operatori finanziari del continente, un maggiore rischio per gli utenti e in un ultimo un tentativo che per normare tutto finirà per normare niente, perché ci sarà molto poco di attivo in Europa.
L’esempio che vogliamo portare qui è semplicissimo. Laddove le regolamentazioni sono più blande di quelle americane, l’Europa guida. È l’esempio tipico degli ETP / ETF. Le leggi europee si occupano molto poco del sottostante e lasciano ampia discrezionalità al gestore. E questo ha portato ad avere ETP su Bitcoin molto prima che negli USA, senza neanche affrontare il discorso altcoin.
Dove le normative sono state sempre tante, confuse e restrittive, siamo enormemente indietro, come nel settore degli exchange. Fatta eccezione per Bitpanda, in Europa non c’è un solo operatore di caratura mondiale. Gli USA possono schierare invece Coinbase, ma anche Kraken, Gemini e altri.
È ormai un decennio che i massimi vertici pubblici di economia e finanza si scagliano contro Bitcoin e il mondo crypto. Lo ha fatto Mario Draghi, seppure con toni molto più morbidi rispetto a chi poi lo seguirà a capo di BCE, ovvero Christine Lagarde. Lo stesso hanno fatto Panetta, Bindseil, Schaaf (questi ultimi due non contano nulla, per carità), a segnale che si è compatti contro il comparto. Il più possibile.
Non esistendo alcun limite alle attribuzioni delle cariche pubbliche, almeno a livello di dichiarazioni ai giornali, viene fuori un fronte dove tutti si occupano di tutto e dove quello che dovrebbe essere un ente di gestione monetaria e di controllo del sistema bancario finisce per indicare dove investire. Un cortocircuito che ha portato una parte della popolazione, quella paradossalmente più istruita e che frequenta di più i mercati finanziari, a essere diffidente. E a perdersi grandi occasioni.
Ci sta essere contro Bitcoin. È più che legittimo e ci sono un mucchio di ragioni per esserne diffidenti. Ciò che non è tollerabile è il livello di approssimazione e pettegolezzo con il quale viene trattato l’argomento. Oltre qualche clickbait che ha come scopo fare click e rassicurare i più anziani, è impossibile trovare una trattazione del tema con toni non favorevoli, ma anche soltanto neutri.
E quando si legge qualcosa che non fa sanguinare gli occhi, è in genere da contribuiti esterni.
Non riteniamo che Bitcoin sia per tutti e che tutti debbano andare all in. C’è al tempo stesso da chiedersi com’è che i promotori finanziari legati alle banche abbiano mancato non uno, non due, ma ben tre cicli. I prodotti ci sono (pensiamo agli ETP di 21Shares) per chi non vuole passare dai rischiosi exchange. E anche un portafoglio conservativo potrebbe pensare a qualche punto percentuale di capitale investito su Bitcoin, tanto per.
Questo non è avvenuto, per quanto di paccottiglia rischiosa non ne manchi neanche nei fondi spacciati per più sicuri. Mancanza di coraggio o contesto politico che non permette di fare altrimenti?
C’è comunque una buona notizia: come nel caso del 42%, farsi sentire spesso funziona. Qualche parlamentare più sensibile esiste, e la via politica ad un contesto più normale – sarà che siamo ottimisti – a nostro avviso ancora esiste.
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Per l’Europa a sfacelo è ormai troppo tardi ⏰
Ci vuole la moviola in campo.