Aiuto! In Francia vogliono tassare i gain non realizzati su Bitcoin e crypto. È questo che avrete già letto un po’ in giro, principalmente su X ma anche su diversi siti di informazione crypto e BTC. Le cose non stanno esattamente così. O meglio, è una situazione più complicata che evidentemente non tutti si sono preoccupati di andare a verificare.
Cosa c’è in ballo? C’è un emendamento della senatrice Sylvie Vermeillet, che va a modificare l’articolo 964 del Codice Tributario Francese. È una questione complicata, in larga parte noiosa e che però è necessaria per capire cosa sta succedendo davvero.
Senza farsi prendere dall’allarmismo che raccoglie tanta fortuna sui social e che purtroppo è frutto anche della scarsa attenzione con la quale in tanti svolgono questo lavoro.
Per chi è nuovo del settore: normalmente le tasse sugli investimenti si applicano alle plusvalenze. Quando vendiamo e otteniamo un profitto, è quel profitto che viene tassato. Funziona così in Italia e così nel resto del mondo, con qualche rara eccezione. Questo per quanto riguarda le imposte classiche sui profitti da investimento. Che si tratti di Bitcoin, di altre criptovalute oppure ancora di altri asset, poco cambia.
Quando si parla di tassare gain non realizzati, vuol dire tassare la differenza di prezzo dei nostri asset, anno su anno, senza che noi dobbiamo venderli. Abbiamo 1 Bitcoin che al 1^ gennaio 2024 valeva 43.000$. Al 31 dicembre, immaginiamo, varrà 90.000$ e ci verranno tassati i 47.000$ di scarto, anche se non avremo venduto.
È una modalità di tassazione problematica, soprattutto per asset volatili come quelli delle criptovalute. Potreste pagare tasse su un asset che al 2 gennaio vale la metà. E da qui la grande paura con la quale vengono in genere accolte certe proposte.
In Francia è stato presentato un emendamento a firma della senatrice Sylvie Vermeillet, che introduce alcune modifiche ad una norma del codice tributario francese, il 964 che puoi leggere qui.
Si tratta di un’imposta ad oggi destinata a chi ha attivi patrimoniali superiori a 1.300.000€, che se dovesse passare l’emendamento della senatrice diventerebbero, tra le altre cose, di 2.570.000€ e che prevede un’imposta massima del 3%. Si tratta di un’imposta patrimoniale, e la proposta della senatrice includerebbe anche Bitcoin e criptovalute.
– les actifs numériques (ex : bitcoins) ;
Non si tratta dunque di tassazione sui gain ancora non realizzati, come scritto ovunque, ma di una modifica di un’imposta che ad oggi colpisce gli immobili e che invece verrà trasformata in un’imposta sugli asset improduttivi, cosa che includerà anche imbarcazioni, velivoli, libretti, fondi monetari, preziosi, diritti di proprietà industriali o d’autore laddove non siano nelle mani dell’autore o inventore, i terreni dove non si svolge attività economica.
Rimandiamo il giudizio ai nostri lettori, trattandosi di una questione squisitamente politica. Tuttavia per discuterne sarà utile impostare il problema correttamente.
Quello che si sta provando a fare è modificare una norma che già esiste, che colpisce i grandi patrimoni e che includerà anche Bitcoin e crypto, nel caso. Continueremo a tenervi aggiornati.
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