Sarà un’altra settimana di passione per gli italiani. Mentre in Francia Bitcoin potrebbe diventare “asset improduttivo” e mentre a Washington si brinda al “nuovo secolo di Bitcoin”, noi italiani aspettiamo di sapere quante tasse dovremo pagare, a partire dal 2025, sulle plusvalenze crypto e Bitcoin.
Secondo quanto ci è stato riferito dall’On. Marcello Coppo, Fratelli d’Italia, che ha anche presentato uno degli emendamenti più papabili, gli esiti dovrebbero farsi chiari la prossima settimana.
A ridosso del Natale non si può a questo punto che sperare in un ritorno al +26%, magari in regime di equiparazione con gli altri investitori e dunque senza più la soglia dei 2.000€. Certo è che i venti che spirano dagli altri paesi dell’Unione non sembrerebbero essere i migliori. Alla disperata ricerca di denaro per far quadrare i conti, sia i cugini francesi, sia i più lontani parenti danesi sembrerebbero essere intenzionati a mettere le mani nelle tasche di investitori, quelli su Bitcoin e crypto, che fino a poco fa venivano considerati alla stregua di bari in una bisca di periferia. E che oggi invece sembrerebbero essere necessari per salvare gli sgangherati conti di tante democrazie europee.
Manca una settimana. Sarà la prossima infatti, con ogni probabilità e secondo quello che ha dichiarato a Criptovaluta.it l’On. Marcello Coppo, Fratelli d’Italia, la settimana in cui il governo comunicherà cosa avrà intenzione di fare sulle tasse crypto.
Nella Legge di Bilancio è finito – lo ricordiamo per chi ha passato le ultime settimane sulla luna – un aumento al 42%, che renderebbe l’Italia il paese più costoso del mondo per i gain su Bitcoin e criptovalute.
Proposta che ha incontrato opposizione all’interno della stessa maggioranza, con emendamenti che sono arrivati da Fratelli d’Italia, a firma Coppo, dalla Lega e anche da Forza Italia.
Gli emendamenti mettono sul tavolo proposte diverse: da quella di Coppo che vorrebbe riportare la tassazione al 26%, eliminando la soglia dei 2.000€ e inserendo un nuovo adeguamento dei valori al 2025, a quella di Centemero, che invece punta al 28%.
È più che possibile una riformulazione che tenga conto delle diverse istanze e che trovi una sorta di soluzione intermedia.
Per saperlo però avremo bisogno di pazientare ancora un po’. Quello che sembrerebbe essere probabile, per ora, è che non vedremo il 42%, contro il quale è arrivato, in Commissione, il parere negativo anche di Banca d’Italia.
I pareri del governo attesi per la prossima settimana saranno decisivi per capire in che direzione andremo.
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