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Riserve Bitcoin in Italia, Coppo a Criptovaluta.it®: “Se lo fanno gli USA, tutto è possibile.” La proposta…

Bitcoin nelle Fondazioni Bancarie. E chissà, anche come riserva strategica. La proposta dell'On. Marcello Coppo.
2 ore fa
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ESCLUSIVA CRIPTOVALUTA.IT® – Bitcoin, nelle casse delle Fondazioni Bancarie. L’acquisto di 1 milione di euro in bitcoin da parte di Intesa San Paolo ha finalmente portato al centro della discussione, anche nel nostro Paese, Bitcoin come asset da investimento. Asset da investimento che negli USA in particolare è già nelle casse di investitori istituzionali e strutturati. E che ora potrebbe farsi strada anche in Italia.

Il dibattito pubblico è partito – e l’On. Marcello Coppo ha già formulato una proposta. Non è un disegno di legge, ma la base di un discorso che dovrà interessare le Fondazioni Bancarie, che nell’opinione dell’onorevole dovrebbe considerare una dotazione, per quanto ridotta, in Bitcoin.

Avevamo anticipato che l’impegno di Intesa San Paolo, per quanto ridotto, avrebbe finalmente stimolato una discussione seria su Bitcoin tra gli istituzionali italiani. La proposta di Coppo è la prima di queste, da noi attesissime, discussioni. Tutto questo in in un Paese, l’Italia, che è il terzo al mondo per riserve in oro. E se potesse diventarlo anche per Bitcoin? Ne abbiamo parlato con l’onorevole, che ieri su X ha lanciato una proposta invero curiosa, ovvero l’acquisto di Bitcoin da parte delle Fondazioni Bancarie.

Fondazioni Bancarie – per un Italia…

Criptovaluta.it: Perché proprio le Fondazioni Bancarie? Quali particolarità hanno?

On. Coppo: Le Fondazioni Bancarie hanno la finalità di erogare contributi per attività sociali, culturali, filantrope oltre che al terzo settore da statuto e, per fare questo, utilizzano gli utili delle loro gestioni patrimoniali. Inoltre non hanno fine di lucro.

Allocare una piccola parte dei loro introiti e quindi senza intaccare il capitale esistente in un asset come Bitcoin non creerebbe alcun rischio a fronte di eventuale volatilità del mercato ma darebbe la possibilità di eventuali importanti incrementi patrimoniali, sempre al servizio della comunità territoriale di riferimento.

Il post con il quale l’On. Marcello Coppo ha lanciato la sua proposta

Siccome c’è ancora eccessiva diffidenza sull’asset Bitcoin in Italia, direi che si può partire da dove il rischio è molto basso ed eventuali test positivi possono essere utilizzati come esempi e casi studio per le banche controllate dalle stesse Fondazioni.

Siccome stiamo parlando di un mondo che è, ahimé, totalmente nuovo e non ancora compreso in certi ambienti, si deve usare la maieutica, un approccio pragmatico che tenga conto del lato umano.

Mi metto nei panni di un presidente di Fondazione che impegna il suo ente in un investimento importante in Bitcoin con un consiglio di amministrazione magari restio e in un consiglio generale o di indirizzo altrettanto restio. È ovvio che si giochi la posizione e quindi o non glielo farebbero fare o, nel caso riuscisse a farlo, nessuno poi, dopo non averlo riconfermato, gli direbbe grazie dopo 10 anni e magari utili altissimi.

Ricordiamo che bitcoin è volatile e il momento storico in cui sono in bear market potrebbero coincidere con il giorno dei rinnovi delle cariche.


Criptovaluta.it: e per quanto riguarda banche, in via diretta, e fondi?

On. Coppo: Le banche devono rispondere agli azionisti e sono quotate nella maggior parte, ovvio che, se azionisti qualificati come le fondazioni, detenessero BTC, sarebbe più facile che possano prenderli in considerazione senza dover superare pregiudizi che ancora ci sono.


Criptovaluta.it: ci sono poi i piani pensione privati e quelli assicurativi…

On. Coppo: In questo caso si tratta di strumenti di risparmio a lunghissimo termine e quindi sarebbero quelli più compatibili con Bitcoin. È anche vero che chi li gestisce deve conoscere Bitcoin e, se le Banche cominciassero ad avere dimestichezza con il settore, anche loro seguirebbero a ruota.

L’organo amministrativo di vertice delle casse previdenza (per esempio dei professionisti come avvocati, commercialisti, architetti, ingegneri o geometri, medici, veterinari, etc.) è eletto dagli iscritti all’ordine di competenza. Non sempre sono persone con lunga e specifica esperienza nel campo finanziario.

Facciamo anche l’esempio dei TFR, oggi lasciati al datore di lavoro o dei fondi che li gestiscono in caso di scelta del dipendente in tal senso. Potrebbero essere anch’essi di fronte all’opportunità di valutare una diversificazione, in piccola parte, in Bitcoin.


Criptovaluta.it: Domanda: negli Stati Uniti il clima è già più aperto. Diversi fondi pensione PUBBLICI (Michigan, Jersey City) hanno già allocato in Bitcoin. In Europa è un miraggio? E nell’Italia del governo che è in ottimi rapporti con Trump?

On. Coppo: Gli Stati Uniti sono semplicemente più avanti e la gestione di tali strumenti è effettuata in altro modo. I rapporti tra Italia e USA sono solidi ma basati su una alleanza politica e militare, Bitcoin non è certamente la motivazione principale.

Ovvio che una azione forte degli USA nella sua economia sul mondo cripto avrà forti influenze anche in Europa ma non penso che i rapporti internazionali saranno influenzati da questo argomento.


Criptovaluta.it: Negli Stati Uniti si parla anche di riserva in Bitcoin. Per l’Italia è fantascienza? Sarebbe d’accordo? E crede che avrebbe delle sponde politiche in tal senso?

On. Coppo: Se gli USA lo faranno non sarà fantascienza per nessuna nazione. Io sarei anche d’accordo ma non vedo ora i presupposti perché ciò avvenga in pochi mesi. Sta tutto nel metodo, per convincere bisogna evitare come la peste la “paura” o addirittura il “panico” e normalmente queste reazioni derivano dall’ignoranza di una specifica materia che porta a non comprendere come relazionarsi, proteggersi o aprirsi a un tema specifico.

Oggi in Italia Bitcoin non è ancora sufficientemente conosciuto, specialmente tra gli operatori del settore. Per raggiungere quell’obiettivo bisogna aumentare questa conoscenza su cos’è, poi arriverà tutto il resto. Imporlo non è possibile e direi che sarebbe anche deleterio perché porterebbe a far fare degli investimenti a chi, ai primi cenni di volatilità, venderebbe in perdita, con danni anche per chi detiene in Italia bitcoin.


Criptovaluta.it: una boutade, ma non troppo: l’Italia è il terzo paese al mondo per riserve auree. Non creda che possa essere altrettanto lungimirante e diventarlo anche per Bitcoin?

On. Coppo: Per la stragrande maggioranza degli italiani oggi l’oro è conosciuto come un bene rifugio e le nostre riserve auree sono solo la conseguenza di tale convinzione. Conoscendo Bitcoin si potrebbe presumere che possa verificarsi una situazione simile o comunque con quella tendenza.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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