È durata circa 24 ore la correzione dei principali asset crypto, con Ripple che – dopo essere stata la più punita dal caos DeepSeek – oggi fa registrare un solido 11%, coprendo completamente quanto accaduto nella nottata e giornata di ieri. Di fondamentali in realtà ne sono cambiati pochi – e sarà il caso di fare il punto sulla situazione di $XRP, che in larga parte coincide con quanto avvenuto anche per altre crypto.
Di notizie positive su Ripple non ne sono mancate: ieri il gruppo ha annunciato l’ottenimento della licenza a New York e in Texas e continuano ad arrivare richieste di ETF che hanno come sottostante proprio $XRP. Sembrerebbe un momento felice per questo progetto, accompagnato anche da polemiche e scontri frontali con una parte dei sostenitori Bitcoin.
Scontro che è alimentato anche da Brad Garlinghouse, CEO del gruppo, impegnato nel suggerire all’attuale amministrazione USA l’inserimento anche di $XRP nella riserva strategica. Cosa che non ha raccolto però per ora – al di fuori della cerchia degli investitori in questo progetto – ampio consenso.
Il grafico è più chiaro che mai. Dopo essere stata tra le più colpite dal caos sui mercati innescato dall’arrivo di DeepSeek e del suo modello AI a basso costo, Ripple ha corretto in modo importante, subendo perdite che sono state le più importanti tra le crypto più capitalizzate del mercato.
Il grafico permette a tutti di tirare un sospiro di sollievo: cavalcando un recupero che ha coinvolto tutto il settore, Ripple $XRP è tornata vicina ai massimi storici, confermando uno straordinario momento di salute, coinciso in larga parte con l’elezione di Donald Trump.
Avevamo già affrontato qui la questione. Ripple Labs sta facendo lobby (non è una parolaccia, non è nulla di negativo) per l’inserimento anche di altre crypto (oltre Bitcoin) in un’eventuale riserva USA. La cosa ha generato polemiche infinite – partendo da trascorsi non proprio idilliaci di Ripple stessa con il grosso del settore crypto. Sul tema è intervenuto anche Matthew Sigel, a capo della divisione asset digitali di VanEck, che non ha pregiudizi verso il settore:
Bitcoin è categoricamente diverso da tutti gli altri asset digitali. Secondo la mia opinione, è l’unico asset crypto appropriato per una Riserva degli Stati Uniti. Tutti gli altri [asset, NDR] richiedono un gestore del portafoglio. Sarei felice di farlo, se dovessero chiedermelo, ma non credo che un lavoro di quel tipo dovrebbe esistere al Tesoro USA.
L’opinione è forte – in particolare perché arriva da un dirigente di un gestore che è da sempre molto aperto verso il mondo crypto, che ha già lanciato negli USA degli ETF su Bitcoin e Ethereum e che ne ha già richiesto uno anche su Solana.
La parte più dura dello scontro si sta consumando però contro i cosiddetti massimalisti Bitcoin. Sul tema è tornato nella giornata di ieri Brad Garlinghouse, attaccando frontalmente la frangia più radicale degli specialisti e appassionati di $BTC.
Alcune considerazioni sul massimalismo, lasciatemelo dire più chiaramente possibile: l’industria crypto ha una vera possibilità, qui e adesso, di raggiungere tanti obiettivi che abbiamo in comune. SE lavoriamo insieme invece di attaccarci. Questo non è un gioco a somma zero.
E ha poi aggiunto:
Ho XRP, BTC e ETH e anche altre crypto – viviamo in un mondo multichain – e da sempre difendo un campo comune per confrontarsi, invece di un token contro gli altri. Se viene creata una riserva nazionale di asset digitali – credo che debba essere rappresentativa dell’industria, non di un solo token (che si tratti di XRP, BTC o altro). Il massimalismo rimane il nemico del progresso crypto e sono molto felice di vedere sempre meno persone sposare questo modo di pensare retrogrado e disinformato.
La polemica è poi continuata sui social e probabilmente continuerà fino a quando David Sacks e la squadra crypto governativa che guida non decideranno in un senso o nell’altro.
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