Pump.fun ha fatto arrabbiare un po’ tutti. Prima il ban nel Regno Unito, ora invece la proposta di una class action, che contesta alla piattaforma che ha permesso al settore meme su Solana di dominare il 2024 di aver offerto investimenti altamente speculativi – e in ultimo di aver venduto negli USA security prive di registrazione.
Per chi ha seguito l’evolversi del contesto legale USA in merito alle crypto, la questione è di facile comprensione: i meme token offerti su Pump.fun sarebbero contratti di investimento, questi contratti di investimento negli USA vanno registrati e dunque Pump.fun opererebbe nell’illegalità.
Un impianto che però è barcollante, fosse anche soltanto per il fatto che SEC si è sempre guardata dall’accusare dei meme token di essere security non registrate. Con il nuovo corso dell’agenzia, inoltre, diventa ancora più complicato il quadro legale che è lecito aspettarsi negli USA – anche in termini di possibilità che SEC dia ragione a chi sta animando la class action.
Pump.fun avrebbe guadagnato cifre enormi – si parla di 500 milioni di dollari – in commissioni. E pertanto è da ritenersi responsabile. Si chiude così l’impianto che chi sta organizzando la class action vorrebbe veder prevalere in tribunale.
Al centro c’è una delle questioni – legalmente e moralmente – più spinose del mondo crypto, ovvero quella che riguarda i meme token. Che tipo di asset sono? Basta promuoverli come token di divertimento (a volte degenerato) per liberarsi dagli obblighi USA che riguardano le criptovalute (e gli asset in generale)?
La funzione principale di Pump.fun è di lavorare a fianco degli influencer per emettere insieme e vendere security non registrate.
È questo quanto si legge dal filing che richiede un processo per giuria e che non sappiamo fondamentalmente quanto ragione potrà pensare di ottenere in tribunale.
Nel filing sono presenti anche riferimenti ad alcuni dei meme token lanciati insieme a influencer crypto veri o presunti in quello che almeno secondo chi ha organizzato la class action sarebbe un disegno criminale e comunque atto a aggirare le normative USA sui contratti d’investimento.
Viene inoltre contestato che diversi dei token vengano pubblicizzati implicando ritorni enormi, anche di 1.000x la cifra investita. Qualcosa che SEC in passato ha utilizzato proprio per contestare ad alcuni token (anche quando la promozione era nei fatti più sottile) la loro natura di security.
Staremo a vedere e seguiremo da vicino l’evolversi della situazione, anche alla luce di quanto affermato da David Sacks, zar delle crypto del governo Trump. I token crypto saranno divisi in tre categorie: commodity, security e token da collezione, con l’ultima categoria che sarebbe quella adatta per token come $TRUMP e $MELANIA.
In un contesto del genere sarà difficile accusare altri di fare ciò che è permesso al Presidente degli Stati Uniti (per quanto non abbia mai promosso tali token come strumento per diventare ricchi).
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