Sono tutti alla ricerca della stessa risposta: perché le transazioni su Bitcoin sono in calo e perché sono così lontane, per volumi, dal 2021, anno della consacrazione della precedente bull run? La mempool è praticamente vuota, le fee per effettuare transazioni al minimo e sembra di essere lontani dai fasti, se così vogliamo chiamarli, di un tempo.
La spiegazione che tutti si stanno dando è che l’arrivo degli ETF – che fanno registrare volumi importanti di scambi che non vengono registrati, per ovvi motivi, onchain. La verità è che la risposta potrebbe essere più complicata di così. Non sono gli ETF ad aver eliminato o comunque fortemente ridotto le transazioni onchain. O comunque non soltanto loro.
Vedremo dunque, numeri alla mano, cosa sta accadendo, cercheremo di capirne il perché e di vedere anche se la cosa potrebbe essere un problema o meno – come amano invece sottolineare gli account su X e su altri social che vivono – fortuna o sfortuna loro – di visualizzazioni.
In realtà non c’è alcun tipo di problema: Bitcoin continua a produrre blocchi senza problemi, i miner a sostenere la sicurezza dell’interno network e tutto funziona come sempre ha funzionato. Manca la congestione di transazioni che sono in attesa di essere inserite in un blocco. Una situazione per qualcuno idilliaca (si spende poco per essere inseriti in un blocco), per altri invece segnale della prossima apocalisse.
Nel momento in cui scriviamo c’è materiale sufficiente nella mempool per riempire ancora 2 blocchi e mezzo. Una situazione estremamente diversa da quando soltanto qualche mese fa la lamentela era di segno diametralmente opposto: erano in troppi a voler transare sulla chain di Bitcoin – anche con protocolli non apprezzati da tutti come Runes – con le commissioni che in diversi casi sono arrivate a livelli che in tanti ritenevano insostenibili.
Il grosso delle transazioni che stanno avvenendo in questo momento sono di consolidamento. Ovvero le transazioni di chi deve mettere insieme UTXO di valore ridotto e comunque sparpagliati e unirli in un unico UTXO. È una pratica che è chiaramente più che consigliata quando le commissioni sono basse – e della quale tanto gli exchange quanto i privati stanno cercando di approfittare.
Non è esattamente chiaro il perché di un rallentamento così importante nell’utilizzo della blockchain di Bitcoin. Gli ETF statunitensi e l’enorme successo che stanno raccogliendo potrebbero essere una risposta, anche se parziale. Il grafico che alleghiamo dovrebbe d’altronde essere piuttosto esplicativo.
Gli ETF esistevano anche 3 mesi fa, quando i numeri erano ben più alti. Così come sono esistiti durante tutto il 2024 – e quindi non possono essere considerati come gli unici responsabili della situazione (se così vogliamo chiamarla) che Bitcoin sta affrontando.
Una spiegazione più logica potrebbe essere nei movimenti di prezzo – che stanno lateralizzando da tempo e che hanno abbattuto i volumi di scambio – anche se con proporzioni diverse, anche sugli exchange centralizzati.
Siamo lontani dai picchi che sono stati fatti registrare a novembre e anche a dicembre e già da gennaio ci sono state importanti avvisaglie di un rallentamento rispetto alle medie di questi ultimi due mesi.
È una combinazione di fattori, dovuta magari in parte al grande successo degli ETF, in parte a un rallentamento dei protocolli come Rune, che non sono più al centro né del dibattito né degli interessi degli utenti e in parte una situazione in termini di prezzo che non attira.
D’altronde, anche in termini di ricerche su Google, non siamo esattamente al picco di interesse verso Bitcoin e il suo mercato. Una situazione che è segnale di qualcosa di più ampio? A nostro avviso no. L’interesse per queste tecnologie è ciclico – e il prezzo è uno dei vettori più importanti dell’interesse di cui sopra.
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Sempre più strana la gente, ora che l’interesse dovrebbe essere alle stelle con il prezzo che sta lateralizzando sotto la soglia dei 100 K.