Tra il serio e il faceto – in una fase di mercato che oscilla tra la prima e la seconda opportunità – si fanno avanti diverse richieste per la verifica delle riserve auree che gli Stati Uniti detengono a Fort Knox. La cosa sembrerebbe aver ricevuto anche una sorta di approvazione da parte di Elon Musk su X, su richiesta del senatore USA Rand Paul.
È stata questa la scintilla che ha scatenato fantasie che non si vedevano da tempo, alimentate anche dall’incredibile noia che il mercato sta riservando a chi si aspettava una rapita corsa verso lidi più prestigiosi.
In tanti si stanno chiedendo: ma se non dovesse esserci tutto l’oro che dovrebbe essere custodito a Fort Knox, sarebbe l’occasione giusta per dare spazio a qualcosa di verificabile come Bitcoin? La risposta breve e sensata sarebbe probabilmente quella di non voler sperimentare uno scenario del genere, che causerebbe non pochi problemi ai mercati in generale. È però uno spunto utile per ragionare su una questione interessante: Bitcoin può fare le veci dell’oro per questo tipo di riserve? Se sì, è migliore o peggiore dell’oro?
Un vantaggio oggettivo di Bitcoin rispetto all’oro c’è: si può sempre verificarne la presenza in un determinato wallet. Non si deve mandare nessuno a verificare a Fort Knox, non si deve fare nulla se non verificare onchain quanto è accaduto.
È un vantaggio non da poco: non serve fidarsi di quanto viene riportato dalle autorità, non serve fidarsi di chi va a controllare (perché rimane comunque il tema di chi verifica quanto… verificato da chi è stato mandato a verificare).
Su questo aspetto Bitcoin è vastamente superiore all’oro – almeno per gli scopi di una riserva strategica come quella degli USA a Fort Knox.
C’è un altro aspetto importante: non serve necessariamente che non ci sia l’oro che dovrebbe essere custodito a Fort Knox. Se questo dubbio è ritenuto verosimile da un numero sufficiente di persone, si potrà avere una discussione sull’utilizzare Bitcoin come riserva, anche allo scopo di essere maggiormente trasparenti.
Sembra assurdo, ma anche ai massimi livelli ci sono stati casi di oro contraffatto. Il più incredibile è forse quello dei 50 milioni di dollari in lingotti che erano nei forzieri di JP Morgan. A quanto parrebbe i falsari su vasta scala si sono fatti più furbi, più bravi e più in grado di gabbare anche i più svegli.
Non riteniamo che sia verosimile che ci sia dell’oro falso nei forzieri di Fort Knox. Rimane però il fatto che Bitcoin è estremamente più facile da verificare. Non può essere contraffatto e tutti possono verificare facilmente che i Bitcoin vantati da un certo indirizzo siano… buoni. Anche questo è un motivo di superiorità di Bitcoin rispetto all’oro.
Ovvero manca la cosa più importante: la convinzione collettiva, diffusa e duratura che Bitcoin sia un asset che durerà fino alla notte dei tempi, che conserverà il suo valore e che possa dunque essere… l’oro anche nell’immaginario.
No, avere applicazioni industriali non cambia assolutamente nulla. Non è per quel motivo che le banche centrali e gli stati lo accumulano. E non è quello il motivo che porta in tanti a accumulare lingotti e lingottini. È la parte più difficile: chissà se questa boutade sull’oro di Fort Knox non dia una mano.
Per il resto, l’oro intermediato è già on chain e ce ne parla qui Alex Lavarello – con XAUt di Tether che si fa molto più appetitoso in un momento di grossa preoccupazione per i mercati.
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