La lista di criptovalute che dovrebbero entrare nella riserva strategica degli Stati Uniti è per ora composta di 5 asset, ma potrebbe presto allargarsi. Non è chiaro con quali criteri (per ora) e non è chiaro per quali quantità di denaro da investire.
Per il momento sembra che Trump abbia dato indicazioni di dare una preferenza agli asset americani, ovvero a blockchain e relativi token che hanno una presenza stabile e principale negli States, con la sola eccezione di Bitcoin – che in realtà non ha una sede – e di Ethereum, che ha una fondazione in Svizzera ma che è un progetto sufficientemente decentralizzato.
A bocce ferme e con i mercati che hanno finito di spingere (almeno per ora) ci sono diverse considerazioni da fare – per capire come ci si potrà muovere da qui in avanti e se le promesse verranno mantenute o addirittura ampliate. Questo anche per dare una risposta al toto riserve che è partito sui social (e anche sul nostro canale Telegram).
La notizia è arrivata con un tempismo inaspettato e ha già creato enormi sconquassi sui mercati. Il grosso delle crypto guadagna più del 5%, quelle direttamente nominate da Donald Trump superano il 12, 15 e 45% rispettivamente e più in generale in tanti si sono riempiti le tasche. Non è finita però qui, perché l’annuncio di una riserva in Bitcoin e altre crypto ha scatenato anche polemiche, richieste e più in generale cambiato i già precari equilibri del mondo crypto.
Come prevedibile c’è chi vuole essere incluso perché avrebbe le stesse identiche caratteristiche delle crypto che fanno già parte della lista. Sono arrivati tweet, polemici e meno polemici, dai leader di diversi progetti.
Sandeep di Polygon prova a ricordare a Trump che il grosso dello staff di Polygon sono americani, e chiede quali siano i criteri per essere ritenuti una compagnia crypto americana.
SEI ne parla più indirettamente, sponsorizzando il suo progetto, come in realtà hanno fatto anche tanti altri progetti che non riporteremo, perché fondamentalmente poco utili a capire quale sia l’aria che tira dalle parti di Washington (e non solo).
La questione solo Bitcoin non è stata portata avanti soltanto dai cosiddetti maxi, ma anche da chi è stato da sempre avverso al comparto e in particolare a $BTC, come Peter Schiff:
Capisco le motivazioni per una riserva in Bitcoin. Non sono d’accordo, ma la capisco. Abbiamo una riserva d’oro. Bitcoin è oro digitale, che è migliore dell’oro analogico. E quindi creiamo una riserva di Bitcoin. Ma qual è il ragionamento dietro una riserva in XRP? Per quale diavolo di motivo dovremmo averne bisogno?
A protestare con garbata educazione è anche Hunter Horsley di Bitwise – che pur avrebbe interesse a vedere altre crypto crescere di valore e raccogliere più interesse:
Ho visto l’annuncio di Trump oggi, come tutti. Immaginavo che una riserva strategica avrebbe incluso solo Bitcoin. È la cosa che ha più senso per me. Molti crypto asset hanno dei meriti, ma ciò di cui stiamo parlando non è un portafoglio di investimento degli Stati Uniti. Stiamo parlando di una riserva. E Bitcoin è l’incontestabile riserva di valore dell’era digitale. Chiaramente sono grato all’amministrazione per essere così costruttiva nel comparto.
Una posizione che non è così minoritaria in realtà – e che commenteremo anche, in giornata, con un lungo editoriale ad uso e consumo per chi è arrivato da poco nello spazio e anche per una stampa mainstream che non sembra avere ancora capito cosa stia succedendo.
Più polemiche che apprezzamenti per una decisione che ha lasciato molti di stucco.
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