Siamo ad una fase di svolta per quanto riguarda i rapporti tra politica e bitcoin. L’ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump ha di fatto aperto una nuova stagione. Tuttavia ci sono altre questioni che deriveranno anche dalla politica e che potranno avere un effetto importante sul prezzo di Bitcoin e delle altre criptovalute.
Si tratta principalmente di decisioni sui tassi di interesse, che a loro volta dipenderanno da altre grandezze macroeconomiche. Grandezze macroeconomiche sulle quali la politica ha comunque una possibilità di impatto.
BCE ha deciso di tagliare di altri 25 punti base i tassi di riferimento dell’area Euro. Christine Lagarde però, nel presentare la decisione alla stampa ha indicato come possibile una pausa, fino a data da destinarsi. Le cose non sono certamente soltanto nelle mani di Christina Lagarde e dei membri del board di BCE, ma è un’indicazione chiara sul fatto che non si tornerà rapidamente ai tassi zero neanche in Europa.
In America tuttavia, dato anche il ritardo accumulato nei tagli da Federal Reserve, siamo davanti a una situazione molto diversa.
L’erba voglio non cresce neanche nel giardino del presidente degli Stati Uniti. Anche se la volontà del governo Trump è chiaramente quella di avere tassi i più bassi possibile nel più breve tempo possibile, ci sono almeno due ostacoli a questo programma, programma che tra le altre cose sarebbe molto vantaggioso anche per Bitcoin e crypto.
C’è l’ostacolo di condizioni macroeconomiche che ancora non offrono spazio a tagli, figuriamoci tagli piuttosto decisi e che riallineano i tassi americani a quelli europei. Tra queste una disoccupazione che è ancora troppo bassa per far gridare l’allarme, un’inflazione che sta tornando verso il target del 2% molto lentamente, e in ultimo delle condizioni economiche tutto sommato buone. Si dovrà fare i conti con la previsione, in realtà nefasta, fatta da Atlanta Fed su un calo repentino del Pil americano, ma fino a quando non ci saranno dati più attendibili, Federal Reserve può aspettare.
Il prossimo incontro, quello del 19 marzo, probabilmente non procederà con dei tagli, a meno che non ci siano delle novità sconvolgenti e che ci auguriamo di non vedere anche per la buona salute dei mercati.
In altre parole torniamo a sostenere quella che è sempre stata la nostra tesi: è meglio abbozzare, con tassi che rimarranno più elevati di quanto ci piacerebbe, che fare uno stress test Bitcoin e cripto nel caso di una recessione piuttosto violenta. I dazi, annunciati e poi cancellati e poi annunciati di nuovo da Donald Trump, non stanno certamente aiutando.
E hanno, altrettanto certamente, fatto più danni di quanto di buono in realtà sia già arrivato da questa amministrazione per il mercato che seguiamo tutti i giorni. Non perché non vogliamo prendere una posizione, su queste pagine lo abbiamo sempre fatto in modo piuttosto netto, ma capire adesso quali saranno le prossime evoluzioni dei mercati risk-on, ovvero quei mercati che si nutrono del desiderio di rischio da parte di investitori, è al momento impossibile.
Donald Trump ieri ha affermato, facendo spalancare la bocca un po’ a tutti, di non guardare al mercato azionario prima di prendere delle decisioni. E di non farsi condizionare neanche dalle reazioni degli stessi.
Wall Street conta poco, anzi molto poco, almeno secondo le parole del presidente, e per quanto gli credano in pochi, forse sul breve è meglio dargli ragione.
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