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SCACCO MATTO whale di Hyperliquid: quando l’anonimato cade di fronte all’analisi on-chain

Nel mondo blockchain, l'anonimato non è garantito, però spesso qualcuno se lo dimentica. Come la nota whale di Hyperliquid, che ha guadagnato milioni con denaro sporco proveniente da hack e truffe.

Il caso della famosa whale di Hyperliquid, di cui si è discusso molto negli ultimi giorni, è emblematico di come la blockchain possa sempre risalire alla verità. Spesso sentiamo affermare, erroneamente, che il mondo crypto è adatto per chi cerca l’anonimato assoluto, spesso con fini che nascondono qualcosa di losco. In realtà anche questa volta l’investigatore on-chain ZachXBT ha ricordato a tutti che questo settore non è un velo, ma uno specchio: ogni transazione è un’impronta permanente. Anche l’anonimato più curato può crollare al primo collegamento sbagliato.

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La saga della whale di Hyperliquid: + $20M con il trading sfrenato ad alta leva

Il protagonista di questa storia è la tanto parlata whale di Hyperliquid, che in breve tempo ha tirato sù un profitto di $20 milioni grazie a delle rischiose operazioni di trading. Dalle sue scommesse ad alta leva finanziaria (fino a 50X),  che abbiamo analizzato attentamente nel nostro canale telegram, erano emersi strani atteggiamenti, atipici per un investitore di questa taglia. Di fatti, più che un investitore, la whale sembrava un giocatore d’azzardo che puntava su altissimi ritorni, associati a rischi folli di liquidazione.

Non abbiamo tuttavia mai messo in discussione la sua bravura, tanto da associarla a presunti collegamenti insiders, visto il suo timing impeccabile nel trading. Tramite exchange perpetual Hyperliquid, ad inizio mese il soggetto era riuscito ad andare long con centinaia di milioni di dollari su BTC ed ETH, pochi minuti prima che Donald Trump facesse un annuncio a sostegno del settore crypto. Da quel trade aveva guadagnato ben $10 milioni, a cui sono seguite decine di altre operazioni azzeccate, tutte con un prezzo di liquidazione stretto ed una leva mai inferiore al 5X. 

L’investigatore blockchain ZachXBT indaga sul caso della whale

Il comportamento della whale di Hyperliquid, per sua sfortuna, ha attirato l’attenzione di uno dei nomi più illustri nel panorama delle analisi on-chain investigative, ZachXBT. L’esperto si è messo sulle tracce del trader, seguendo il flusso delle sue transazioni e scoprendo dettagli molto interessanti. Dalle sue analisi preliminari è emerso che la fantomatica whale non era in realtà così influente e che probabilmente non aveva nulla a che vedere con operazioni insiders. Al contrario, il ricercatore indipendente ha evidenziato come dietro a quell’indirizzo si nascondeva soltanto un criminale informatico che stava facendo gambling con fondi rubati.

Un’affermazione shock, che aveva di colpo fatto riflettere tutti la crypto community che da giorni stava seguendo le mosse della whale nella speranza di prevedere l’andamento del mercato. Non avevamo davanti né un insider, né un genio del trading che sapeva esattamente quando osare con la leva finanziaria. C’èra solo un hacker, che stava giocando con i soldi degli altri, con una percezione del rischio totalmente alterata.

ZachXBT collega la whale di Hyperliquid ad un criminale informatico
ZachXBT e le prime informazioni sulla whale di HyperliquidFonte dati: https://x.com/Fwiz/status/1899551660625834130

Scoperto il volto della balena di Hyperliquid: alla fine tutti i nodi vengono al pettine

Due giorni dopo il tweet di ZachXBT, ecco che l’investigatore blockchain torna alla ribalta e svela nuovi dettagli riguardo la whale di Hyperliquid. Questa volta arrivano direttamente nome e cognome del responsabile, identificato come William Parker. Andiamo però con ordine: inizialmente le analisi on-chain hanno mostrato connessioni tra l’indirizzo wallet della whale “0xf3F4”, e alcuni prelievi effettuati da alcuni exchange come  Binance, Gamdom, ChangeNOW e Roobet.  Lo stesso wallet “0xf3F4” sarebbe poi stato collegato all’ account X, “@qwatio” con cui aveva firmato un messaggio su Debank. In un tweet la whale si vantava di aver guadagnato $20 milioni con il trading su Hyperliquid. Questa stupida mossa è stato il primo passo falso di Parker, che ha portato a distruggere la sua anonimità.

whale collega indirizzo blockchain a X
La whale si vanta su X dei profitti ottenuti Fonte Dati: ZachXBT

Da lì, è bastato incrociare pochi altri dati per far crollare il castello. ZachXBT ha infatti notato che l’account X in questione aveva subito cambi di nome sospetti, segnale che “@qwatio” era stato acquistato di recente. Inoltre, lo stesso account seguiva altri profili noti per essere coinvolti in attività di phishing, un ulteriore indizio del contesto poco etico da cui proveniva. L’indirizzo “0xf3F4” è stato poi collegato ad un’altro, “0x7ab”, che aveva ricevuto pagamenti da exploit da giochi di casinò online crypto e da attacchi di phishing 

Tra le varie operazioni di “0x7ab”, c’e n’era una che ha portato alla fine dei giochi. In particolare, un pagamento in cui era presente nome e cognome di un numero di telefono del Regno Unito, riconducibile a William Parker. Quest’ultimo, non era altro che un criminale informatico, già stato arrestato nel 2023 per aver rubato 1 milione di dollari da due casinò della FInlandia. Parker aveva avuto un passato burrascoso: nel 2010, a 21 anni, finì in prima pagina dei giornali UK per frode legate all’hacking e al gioco d’azzardo. Il suo vecchio nickname era  Alistair Packover o anche William Peckover.

William Parker aka whale di Hyperliquid, arrestato nel 2010 per frode. Fonte dati: ZachXBT

La blockchain non dimentica: basta un errore per perdere l’anonimato

La storia della misteriosa ( ormai non più) whale di Hyperliquid ci ha ricordato come la blockchain, se analizzata in profondità, sia tutt’altro che un rifugio sicuro per chi cerca l’anonimato. Tecnicamente questa tecnologia viene definita pseudo anonima, nel senso che può nascondere l’identità di un indirizzo finché esso non viene collegato ad una qualsiasi interazione del mondo reale. Non è di per sé impossibile rimanere anonimi, ma è molto difficile, anche quando si hanno ottime skills e si mettono in campo tutte le accortezze del caso. 

William Parker era stato così smart da passare per exchange non-KYC e piattaforme crittografiche raramente disposte a collaborare con le forze dell’ordine. Lo stesso aveva cercato di occultare in tutti i modi possibili la provenienza dei suoi fondi, nella speranza di rimanere nella penombra, ma è bastato un solo passo falso per essere rintracciato. Ora il cybercriminale gambler, rischia di finire nuovamente sotto la lente delle autorità.

È chiaro dunque che la blockchain non è il luogo più adatto per i truffatori. Finché si rimane all’interno dei confini on-chain, è probabile che non si venga scoperti, ma non appena arriva una connessione con il mondo esterno, l’anonimato rischia di crollare. Questo apre un dibattito su come l’economia del mondo crypto debba intersecarsi con quella del mondo reale, anche di fronte a strumenti innovativi per la privacy e la disintermediazione. Non è in conclusione, il diritto all’anonimato che deve cedere dinanzi alle esigenze del sistema, bensì è il modo con cui ci interfacciamo a questa tecnologia che deve garantire soluzioni affidabili nel rilevamento dei cattivi attori e dei comportamenti illeciti, senza compromettere le libertà individuali.

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