Editoriale

Caos Hyperliquid: nubi sul futuro dell’exchange. Arrivano importanti attacchi. Chi ha ragione?

Il caso Hyperliquid è grave, è serio, e tutti dovrebbero capirlo. Ne va del futuro del settore crypto.
4 giorni fa
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Il caso Hyperliquid è il più interessante del 2025, perché attraversa diverse questioni che interessano da sempre il mondo crypto. Quanto sono davvero decentralizzati i protocolli che dicono di essere decentralizzati? Chi ha il potere di intervenire su protocolli DeFi o comunque con una supposta decentralizzazione, è obbligato moralmente a farlo?

Cosa fare quando gli interessi economici coincidono con il potere di cancellare, correggere, imporre prezzi su certe piattaforme? Come l’avremmo presa se a farlo fosse stato un exchange centralizzato? Tutte domande legittime, con risposte che però sono spesso diverse a seconda dell’intervistato – e della sensibilità personale di ognuno.

In breve: ieri un ordine su Jelly ha rischiato di scassare Hyperliquid. A tutela della piattaforma (e delle tasche della liquidity pool che fa da liquidatrice di ultima istanza), i validator sono intervenuti imponendo la chiusura delle posizioni ad un prezzo completamente arbitrario. Chiusura delle posizioni che, tra le altre cose, ha di fatto annullato le perdite della pool che gestisce le liquidazioni. Fosse successo nel mondo degli exchange centralizzati oggi avremmo manifestazioni in strada, urla e grida disumane, linciaggi mediatici e tutto il resto del pacchetto. È successo a Hyperliquid, che invece porta avanti la bandiera della decentralizzazione e dunque di voci critiche ne sentono molte meno.

Manipolazione, interventi: il pasticciaccio brutto della piattaforma “decentralizzata”

Il caso è complesso perché attiene alla struttura dei mercati futures, alla gestione delle liquidazioni di una certa portata e soprattutto alla capacità di intervento dei validator. Per chi non fosse completamente aggiornato sulla questione, un breve riassunto:

  • La posizione short su Jelly

È stata aperta da un utente sconosciuto una posizione importante su $JELLY, semisconosciuta criptovaluta con poca liquidità e pochi volumi. Nel frattempo sembrerebbe che qualcuno, altrove, abbia cercato di manipolare il prezzo al ribasso. Risultato: la posizione short è diventata profittevole, il trader su Hyperliquid ha iniziato a ritirare margine a tutela della posizione, lasciando la liquidazione nelle mani di HLP, una pool di liquidità che opera su questo exchange decentralizzato per i casi più estremi.

È corretto che ci sia qualcosa a prendersi cura di certe posizioni – pena il caos e la distruzione sui mercati. È un meccanismo però questo che è stato già sfruttato in passato per mettere in difficoltà Hyperliquid.

Cosa succede? Succede che quando le posizioni sono troppo grandi per essere liquidate in modo ordinato a mercato, le prende in carico HLP, una pool di liquidità alla quale tutti possono partecipare. Questa poi la scarica progressivamente cercando di impattare il meno possibile sul mercato.

Con un problema: se saranno realizzate delle perdite dallo scarico della posizione, queste dovranno essere assorbite dalla pool stessa. Ieri, prima che ci fosse un intervento dei validator (che hanno letteralmente imposto un prezzo arbitrario), le perdite erano nell’ordine dei 13 milioni di dollari. Cifra importante, anche in relazione alla liquidità complessiva della pool in oggetto.

Tornare indietro nel tempo

Nel giro di poco – l’urgenza era d’obbligo – Hyperliquid ha comunicato la convergenza dei validator su una scelta che per molti è stata assai impopolare. Chiudere le posizioni su JELLY, togliere i contratti dalla piattaforma e utilizzare 0,0095$ come prezzo di riferimento. Prezzo che era in quel momento assolutamente arbitrario e che coincideva però con il prezzo di apertura della posizione di cui sopra.

Apriti cielo: polemiche a non finire da chi afferma che le regole debbano valere sempre, polemiche a non finire da parte di chi dice che invece per evitare il caos, le regole non contano più.

In realtà le regole sono state rispettate: i (pochissimi) validator di Hyperliquid hanno questo potere. Il che però la dice lunga sulla decentralizzazione della piattaforma.

L'”attacco degli exchange centralizzati”

Come sempre abbiamo anche la nostra buona dose di complottismo. OKX e Binance hanno aperto le contrattazioni sui contratti futures perp di JELLY sulle loro piattaforme proprio all’apice del caos che stavamo tutti vivendo ieri. Una mossa che le anime belle del mondo crypto hanno ritenuto immorale, ma che immorale, almeno a parere di chi vi scrive, non è, per motivi che andrò a analizzare tra poco.

  • Se vuoi giocare con gli adulti, devi essere preparato al mondo degli adulti

Chi vi scrive non ha alcun tipo di pregiudizio verso le piattaforme non CEX, ovvero che non hanno la forma di exchange centralizzati. Tutt’altro: ritengo che ognuno abbia il pieno diritto di organizzare un mercato – e che chiunque abbia il diritto di parteciparvi.

Tuttavia, quando si vuole mettere in piedi una piattaforma sulla quale si scambiano milioni di dollari ogni ora, è il caso di rendersi conto che non può essere gestita senza determinate salvaguardie. Oppure dicendo a tutti che in caso di patatrack si va tutti a casa.

Non è stato così: c’è stato un intervento che, dato che erano coinvolte perdite da parte dei market maker che poi sono dello stesso circolo dei validator, profuma più di auto-favore che di tutela del funzionamento del mercato. In un mondo normale e equo, di una manipolazione eventuale su $JELLY interesserebbe il giusto, e ciòè zero.

  • Chi gestisce certe piattaforme ha delle responsabilità

Siamo tutti molto arrabbiati quando certi exchange centralizzati non si comportano correttamente – oppure quando in caso di grande volatilità i nostri ordini non vengono eseguiti o vengono eseguiti a prezzi diversi da quelli che ritenevamo corretti. Non vi è un solo motivo per applicare un metro di giudizio diverso agli “exchange decentralizzati”. Che anzi, dato che puntano molto sul fatto di essere più equi, dovrebbero rispondere a standard ancora più elevati.

  • Se non ci si può permettere una leva del genere, si deve avere il coraggio di rinunciare a dei profitti

Non giriamoci intorno. Una parte rilevante del successo di Hyperliquid è dovuto al listino e alle relative leve. Possiamo trovare di tutto a leve mediamente più alte di quelle degli exchange centralizzati (che comunque hanno backstop per certe situazioni molto più solidi). Avere certe leve e certi asset favorisce l’arrivo di utenti e fa ingrassare la piattaforma. Se non si è in grado di gestirli però – e a questo punto è evidente che non si è in grado di gestirli – si dovrebbero fare delle scelte meno avide.

  • Commistione tra MM e gestori dei mercati è terribile

Ora si potrà obiettare che i validator e i partecipanti alla pool di liquidazione non sono perfettamente coincidenti. Sta di fatto che un mercato senza market maker che siano fisicamente, legalmente, giuridicamente e professionalmente separati da chi il mercato lo gestisce è l’antitesi della correttezza e della trasparenza.

Sul tema sono intervenuti in tanti, a partire dal CEO di Bitget, Gracy Chen, per uno degli interventi più duri sulla vicenda:

Hyperliquid potrebbe essere sulla strada di diventare il prossimo FTX.

Il modo in cui ha gestito l’incidente Jelly è stato immaturo, non etico, non professionale, causando perdite agli utenti e creando dubbi sulla sua integrità. Nonostante si sia presentato come una piattaforma decentralizzata e innovativa con una forte visione, Hyperliquid opera di più come un CEX offshore senza KYC e AML, favorendo traffici illeciti.

La decisione di chiudere il mercato di Jelly e forzare il settlement delle posizioni ad un prezzo favorevole è un precedente pericoloso. La fiducia – non il capitale – è il fondamento di ogni exchange (CEX e DEX allo stesso modo) – e una volta persa, è praticamente impossibile recuperarla.

In aggiunta, il design della piattaforma rivela delle mancanze allarmanti: vault mischiate che espongono gli utenti a rischi sistemici, posizioni senza limiti che aprono le porte alla manipolazione. Fino a quando questi problemi non saranno risolti, altri altcoin saranno utilizzati come un’arma contro Hyperliquid – cosa che li mette a rischio di diventare il prossimo catastrofico fallimento nel mondo crypto.

Posizione molto dura – che qualcuno taccerà di partigianeria perché Bitget è dopotutto un concorrente – ma con la quale è molto difficile non essere d’accordo. Hyperliquid non può operare come un CEX e al tempo stesso evitare gli obblighi che tali operazioni comportano.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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