Pochi avrebbero mai immaginato una guerra fredda commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti. Ancora meno persone avrebbero immaginato che Bitcoin e crypto avrebbero giocato un ruolo importante nello scontro tra Francoforte e Washington.
Oltreoceano è via libero totale: sì a Bitcoin (anche come riserva) e – cosa più importante – strada libera agli stablecoin, moneta privata ancorata al dollaro e che contribuirà, nei disegni della Casa Bianca, a confermarne l’egemonia. In Europa Continentale è invece tutto l’opposto. In un’Unione cronicamente in ritardo sul tema pagamenti e finanza, la risposta agli States sarà nell’Euro Digitale, proposto con una certa urgenza e quell’aria da ultima chance per salvarsi dal dominio americano.
È facile stabilire chi vincerà: gli Stati Uniti potranno contare sulla forza di un mercato finanziario che è di almeno un ordine di grandezza più importante di quello europeo – e per scelte proprie anche sulle forze dei migliori imprenditori del settore pagamenti, neobank e crypto. Una sfida tra Davide e Golia che però, al contrario dell’esito biblico della vicenda, non vedrà prevalere l’outsider, incarnato da un’Europa non solo incapace di innovare, ma anche di attirare chi ha già innovato e vorrebbe solo essere lasciato in pace.
Mentre lo stolto guarda a Bitcoin, il saggio guarda agli stablecoin. Si è fatto un gran parlare, anche sulla stampa mainstream, della riserva in BTC che gli USA hanno approvato e che andranno a rimpinguare con modalità ancora non chiare. È una questione, però, di poco conto. Che gli USA abbiano 200.000 o 1.000.000 di Bitcoin, gli equilibri finanziari e dei servizi di pagamento non ne usciranno sconquassati. Al massimo ci saranno delle pressioni rialziste sul prezzo di BTC, senza che però ci sia la possibilità di ridisegnare alcunché.
Il discorso stablecoin è molto più interessante: sono strumenti di pagamento digitale molto utilizzati, che sono partiti dal basso (nell’utilizzo), che comprano una quantità importante di debito pubblico e che contribuiscono alla diffusione del dollaro, soprattutto dove i regimi politici vorrebbero proibirlo. Per chi non ha capito – non è una colpa – un breve riassunto.
Sono delle criptovalute a tutti gli effetti. Viaggiano su blockchain ma vengono emessi da entità centralizzate. Nello specifico a emettere i due stablecoin più utilizzati sono Tether, la stessa società che ha comprato una quota importante della Juventus – e Circle, società americana che muove meno denaro (ma sempre nell’ordine di miliardi).
Come funzionano? Le due società di cui sopra incassano dollari (veri), ci comprano debito pubblico USA e intanto emettono, verso chi a versato, token crypto che valgono 1 dollaro. Le riserve in debito pubblico USA garantiscono che il processo inverso sarà sempre possibile: si possono versare token stable e ricevere indietro dollari.
Il guadagno: il guadagno è semplice da capire. Il debito pubblico USA (come gli altri) produce interessi. Quando la mole di denaro che si tiene a riserva è ingente (Tether è intorno a 140 miliardi di dollari), tali interessi diventano corposi.
Il grafico di cui sopra offre le proporzioni della grandezza di questo business.
Già ad aprile si voterà una la prima legge sugli stablecoin. Ne sarà tutelato l’operato, dovranno rispettare poche e chiare regole e soprattutto, al contrario di quanto è stato deciso in Europa, potranno tenere anche il 100% del capitale in obbligazioni governative USA a breve scadenza. Che producono interessi – e che sono guadagno per gli emittenti di questo tipo di token.
Perché il dollaro USA è estremamente dominante anche nel mondo crypto. Oltre che per il trading, USDT ad esempio viene utilizzato anche in Argentina, Turchia, nel Lontano Oriente, più in generale in tutte le economie emergenti perché:
➡️ È molto facile da acquistare;
➡️ È a tutti gli effetti un dollaro digitale che si può scambiare per pochi centesimi;
➡️ È solido.
Combattere una situazione di estremo vantaggio sarebbe stato stupido. E soprattutto inutile: l’amministrazione Biden ci aveva provato – senza grossi risultati. Quella Trump ha deciso di cogliere i proverbiali due piccioni con una fava.
Saranno i privati a caricarsi dei rischi – e dei ritorni possibilmente ridotti dalla maggiore competizione – e intanto il dollaro continuerà a prosperare anche dove certi regimi vorrebbero vietarlo. Per gli americani ci saranno delle regole (che vedremo dopo), ma fuori sarà una sorta di liberi tutti.
C’è un altro aspetto: i due principali stablecoin collaborano già pedissequamente con le autorità USA. I token sono in portafogli digitali di soggetti sottoposti a sanzioni? I gestori possono congelarli da remoto. I token sono stati utilizzati per dei crimini? Ibidem. Gli stablecoin non modificano dunque il dominio anche sul piano delle sanzioni – personali e generali verso taluni paesi e taluni comportamenti criminali. E dunque non vi è alcun tipo di rischio per le autorità USA.
La scelta dell’Europa è stata radicalmente diversa. Nessuno degli stablecoin che replicano l’andamento dell’Euro ha mai avuto grande successo, nonostante qualche tentativo anche da parte dei gestori di cui sopra.
Recentemente è entrato in vigore il MiCA – che tra le altre cose norma anche gli stablecoin, con qualche differenza rispetto a quanto si vorrebbe fare negli USA.
In primo luogo una parte considerevole delle riserve, affinché uno stablecoin possa essere scambiato da entità registrate MiCA, deve essere custodito in depositi bancari che non sono fruttiferi. Il che vuol dire fare un regalo alle banche in termini di liquidità, riducendo però sensibilmente la redditività di questi business.
In secondo luogo, si è dimostrato ancora una volta che almeno in Europa tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri – ovvero che le regole sono regole ma fino a un certo punto. Uno dei due gestori di cui sopra, Circle, ha ricevuto l’ok per il suo USDC, pur mantenendo la quasi totalità delle riserve negli USA e non rispettando la ripartizione in cash che il MiCA imporrebbe.
In terzo luogo si spinge sull’Euro Digitale, che proprio secondo Piero Cipollone (italiano in BCE e tra i principali sponsor dell’iniziativa) servirà per arginare gli stablecoin. Stablecoin che, se intesi all’americana, sono un problema più per le banche che per i governi, come ricordato dallo stesso Cipollone in un suo recente intervento.
Questa soluzione [gli stablecoin, NDR],finirebbe per disintermediare le banche, che finirebbero per perdere sia commissioni sia clienti. Questo è il motivo per il quale abbiamo bisogno di un Euro Digitale.
Una sorta di barricata composta da BCE e banche private europee. Se a rimetterci saranno i cittadini europei (che dovranno pagare costi di sviluppo e di funzionamento enormi), poco male. C’è una causa più grande, che è quella della resistenza allo strapotere del dollaro. Sul fatto che funzioni l’arrocco, chi vi scrive nutre i suoi dubbi.
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