I piagnistei sono quasi a tutta forza. Con gli occhi pieni di lacrime, il cuore pieno di tristezza e il portafoglio pieno di perdite, in diversi hanno occupato il palcoscenico iniziando a chiedere a Federal Reserve di intervenire. Come? Con dei tagli d’emergenza ai tassi di interesse. Perché? Perché le borse stanno perdendo tanto, troppo, in particolare quei titoli che hanno in portafoglio gli attori del piagnisteo di cui sopra.
Ora, senza voler mettere il dito nella piaga e senza prendere in giro troppo chi vorrebbe delle Put di Fed ogniqualvolta ci siano correzioni o anche crolli i mercati, sarà il caso di guardare a cosa ha fatto Federal Reserve in passato (sì, ha fatto diversi tagli emergenziali).
Ci sono poi altre questioni: piacerebbero ai mercati? Siamo proprio sicuri che questo tipo di attività siano benefiche sul medio e lungo periodo? Come reagiranno nel caso Bitcoin e crypto?
Quando la paura fa 90, si iniziano a cercare santi dove siamo abituati a trovarli. Dal periodo Greenspan in poi, questi santi hanno occupato stabilmente il trono di Presidente di Federal Reserve. Santi che hanno in mano l’unico miracolo possibile per risollevare le sorti dei mercati quando questi calano a picco, ovvero il taglio ai tassi di interesse.
Il ragionamento è dei più basilari: riunione d’emergenza, si tagliano i tassi, i mercati si rendono conto di poter contare su denaro pressoché illimitato a basso costo e tutti tornano a comprare. Una situazione idilliaca, se non fosse che idilliaca non è, come dimostrano grafici di facile lettura anche per chi fa ragionamenti di questo tipo.
I tagli ai tassi, anche quando a governare la più potente banca centrale del mondo era Alan Greenspan, amicus Fed ma ancora più amico di Wall Street, non hanno invertito significativamente trend negativi. Sono intervenuti come una sorta di paracadute per evitare lo sfacelo in borsa, non potendo però invertire completamente la rotta con una sforbiciata. In grigio le recessioni.
La situazione che si sta creando adesso sui mercati è inoltre molto diversa da quella delle crisi delle dot-com, così come quella della crisi COVID, così ancora come quella della crisi 2007-2008. È più l’incertezza su quello che sarà di qui in avanti, della possibilità di avere ancora un commercio internazionale degno di nota e degno di profitti. Una situazione di grave incertezza anche perché come abbiamo visto poco fa Donald Trump continua ad alzare la posta, anche per andare a vedere i bluff di tante altre economie che stanno cercando, con i loro rappresentanti principali, di battere i pugni sul tavolo.
Bitcoin e crypto, che stanno cercando un rimbalzo invero neanche troppo timido, si gioverebbero di questa situazione? È davvero quell’ultima dose di liquidità a gratis come direbbe qualcuno, a darci quanto ci serve per uscire dalla dipendenza?
Spiace per chi piange al ricordo delle Greenspan Put, il meme che circolava a Wall Street e che riteneva esistenti delle opzioni put da parte di Fed a fare da scudo per ogni crollo.
Spiace anche per chi a difesa delle proprie bag preferirebbe il muoia Sansone con tutti i filistei invece di una politica monetaria che tenga conto delle effettive condizioni economiche e del mandato di Fed, che è quello di cercare di ottenere la massima occupazione e stabilità dei prezzi. Il crollo dei mercati di queste ore non c’entra né con la prima, né con la seconda. Tuttavia c’è un tuttavia.
Molto. Jerome Powell stesso ha ammesso che sono arrivati annunci su dazi molto superiori anche alle aspettative di Fed e che se ne dovrà tenere conto. Il che tradotto nel linguaggio di noi comuni mortali vuol dire che dovremo fare i conti con l’impatto macro di queste benedette tariffs.
C’è un altro punto però qui: i dazi hanno due effetti. Il primo sarà quello di comprimere la crescita economica. Il secondo quello di esercitare pressioni rialziste sui prezzi. Powell ha lasciato intendere che i due effetti si annullano e quindi… il lettore completi per esercizio.
Saremo oggi davanti all’ennesima apertura in rosso per Wall Street, dopo un’ecatombe sulle principali piazze asiatiche. Non sappiamo dove sarà il bottom, non sappiamo se lo troveremo e più in generale non sappiamo ancora nulla.
I mercati nel frattempo hanno iniziato a prezzare con maggiore convinzione un taglio il 7 maggio, che non sarebbe emergenziale, ma comunque insolito e inaspettato. O meglio, era inaspettato fino all’arrivo dei dazi per queste proporzioni.
Dopo aver visto la formula con la quale sono state calcolate barriere al commercio USA e dazi, verrebbe da dire con un certo rammarico che la matematica non se la stia passando bene. E che non se la stiano passando troppo bene neanche i ragionamenti rigorosi.
In una situazione del genere, che anche Jerome Powell urli βάλλε εις κόρακας! – ovvero di mandare tutto ai corvi, modo elegante (è dopotutto greco antico) – per mandare qualcosa o qualcuno a quel paese, non è da escludersi.
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