Siamo abituati a pensare ai mercati come una straordinaria macchina da soldi, come il banco dove si decide chi comprerà una Lamborghini e chi dovrà accontentarsi di un più modesto monopattino. Come di una lotteria che sceglie vincitori e vinti, spesso senza alcun raziocinio e con poco riguardo per la giustizia.
I mercati però sono molto di più di questo. E ritenerli soltanto un’enorme lotteria della quale, in base alla nostra disponibilità, possiamo acquistare biglietti mostra tutti i suoi limiti in questi giorni di grande sconquasso. Giorni durante i quali i mercati stanno incarnando alla perfezione il ruolo che le nostre società, imperfette ma complesse, gli hanno attribuito. Ovvero il ruolo di segnalatori di ultima istanza. Quando qualcosa si scassa, quando qualcosa sta per scassarsi, quando qualcosa comincia a mostrare i primi segni di cedimento, le prime crepe, i primi segni del declino, è in quella direzione che si deve guardare. Nella direzione di quella magnifica macchina che somma intelligenze, sensibilità, paure, gioie e speranze di ogni essere umano.
I segnali che stanno arrivando ci permettono di raccontare una storia, che riguarda anche Bitcoin e le criptovalute – e che dovrebbe interessare chiunque, fosse anche soltanto per dire io c’ero. Un enorme cinema per il quale non è neanche necessario pagare il biglietto, anche se sta trasmettendo forse il più grande capolavoro al quale si potrà mai assistere.
I mercati non possono essere maltrattati
La frase, certamente ad effetto, è stata rubata da un magistrale comunicato di Michael Cembalest, JP Morgan. Nel suo ormai celebre Eye on The Market, Fifty days of grey ha regalato al mondo la più bella delle poesie che abbiamo mai letto per quei mercati che amiamo, che seguiamo, che osserviamo e che come tutti i grandi amori, finiscono talvolta per consumarci.
Il mercato azionario è unico – non può essere incriminato, arrestato o deportato. Non può essere intimidito, minacciato o maltrattato; non ha genere, etnia, religione; non può essere licenziato, congedato o definanziato; non può essere oggetto di primarie prima delle prossime elezioni midterm, non può essere sequestrato, invaso, nazionalizzato. È la macchina elettorale di ultima istanza, che riflette le prospettive di guadagno, crescita, stabilità, liquidità, inflazione, tassazione e applicazione della rule of law.
Poche righe, ma di grande intensità, che ricordano a tutti, anche ai più potenti del mondo, che per quanto possano bullizzare, intimidire, perseguitare e ingabbiare gli uomini, non potranno mai farlo con i mercati. Che hanno – fortunatamente aggiungiamo noi – l’ultima parola su tutto.
In quello che passerà alla storia come il più grande tentativo di cambiare gli equilibri finanziari, politici e mondiali, c’è una sola istituzione a rimanere in piedi e a non piegarsi. Quell’istituzione è il mercato, che sta mandando dei segnali molto chiari.
- Azionario
Crollo negli USA, crollo in Giappone, crollo in Cina, crollo in Europa. Il segnale è chiaro: per quanto siano tornate di moda le fantasie mercantiliste, gli atteggiamenti protezionistici, le mattane nazionaliste, non si può avere benessere, non si può avere speranza nel futuro, non si può credere nella crescita senza che gli esseri umani siano (quasi) liberi di scambiare.
La reazione di New York, Londra, Francoforte, Parigi, Tokyo, Shanghai, Sydney e Mumbai è stata cristallina: non è il modo di procedere. E per quanto chi siede alla Casa Bianca abbia detto di curarsi più di Main Street (che rappresenta l’economia reale) che di Wall Street (che rappresenta gli interessi finanziari), non si andrà da nessuna parte senza la seconda, che poi è anche la prima.
- Obbligazioni
Difficile giudicare sul breve e sul brevissimo periodo. Tuttavia il grande piano per abbassare i rendimenti sui bond decennali di Scott Bessent non sembra stia funzionando alla grande. Per quanto sia al comando della più formidabile delle macchine da guerra politiche e finanziarie, i mercati hanno risposto picche.
Rendimenti sui decennali cresciuti soltanto ieri di 10 punti base. E per quanto alla riapertura delle borse europee sembra che la cosa stia parzialmente rientrando, siamo comunque in quota 4,36%.
Ancora una volta, nessuno può maltrattare i mercati, neanche il comandante in capo del Tesoro USA.
Sul piano dello spread 3Y SOFR le notizie sembrano ancora più preoccupanti, ma prima di fasciarci la testa aspetteremo dei segnali ancora più evidenti di stress.
- Criptovalute
Bitcoin continua a tenere la barra dritta. Nonostante il disastro sulle piazze finanziarie e pur correggendo ha tenuto livelli di prezzo che nessuno avrebbe mai ritenuto possibili.
Forse Larry Fink esagera quando afferma che la minaccia vera per il Dollaro arriverà da BTC, ma il segnale di una maggiore fiducia sugli asset sulle quali non possono mettere le mani (e indirizzarne l’emissione) le banche centrali, i governi, i Segretari del Tesoro e i presidenti ci sono tutti.
Sarà un po’ il fascino del ribelle, un po’ la convinzione, sempre più diffusa, che è forse meglio far fare alla matematica e non lasciare tutto alla fallibilità – ingigantita dalla politica – degli esseri umani.
E’ vero io dico sempre mai provocare troppo il mercato, quando guadagni porta a casa i guadagni e su Bitcoin non sono preoccupato, sono preoccupanti i titoli azionari in questo momento. Con gli ultimi massimi di Bitcoin ho creato molta liquidità da reinvestire e quando penso che ritornerà il sereno ci andrò giù pesante anche se il valore di Bitcoin dubito che ritorni a 15.000 dollari tale valore rappresenterebbe un pericolo anche per Strategy.