Cosa vuole davvero BlackRock dai mercati crypto? L’ETF Bitcoin c’è già – frutta al gruppo un centinaio di milioni di dollari di profitti l’anno, ma è soltanto l’assaggio dello sbarco del gruppo guidato da Larry Fink nel mondo blockchain. D’altronde di tutto si può accusare Larry Fink tranne che di essere poco chiaro sulle sue intenzioni.
Intenzioni che ha illustrato nella sua recente lettera agli investitori, la stessa all’interno della quale ha richiamato – con un tempismo perfetto – i pericoli per il dollaro come riserva globale.
Tornando alla questione principale: Larry Fink, con le infrastrutture blockchain vuole cambiare, ancora una volta, i mercati. Sarà una rivoluzione della portata degli ETF (che hanno permesso a milioni di investitori retail accesso comodo, diversificato e economico ai mercati). Con una nota preliminare: per portare a termine il suo progetto, Larry Fink avrà bisogno dell’appoggio della Casa Bianca e del Congresso.
Il progetto è ambizioso, ma c’è bisogno di fare qualche passo indietro per capirne la portata. Le società per azioni possono essere di due tipi:
Un altro appunto: non è detto che le seconde siano meno rilevanti delle prime. Ci sono società gigantesche che appartengono alla seconda categoria. In America OpenAI, Anthropic, ma anche SpaceX e xAI. In Italia forse l’azienda più di successo di tutto il paese, ovvero Ferrero.
C’è un problema: le società di cui sopra quando hanno bisogno di raccogliere capitali lo fanno tramite round di finanziamento privati. Sono quelli ai quali partecipano i cosiddetti VC o le società che si occupano di private equity. Per quanto riguarda la compravendita di azioni, ci sono sia società specializzate nell’acquisizione delle private companies (vedi KKR, Blackstone, CVC, Apollo), sia mercati dove oggi si possono comprare e vendere azioni.
C’è anche una novità importante: ci sono piattaforme che permettono di comprare le azioni delle società non quotate: Moonfare, ma anche EquityZen, Hiive, PreciZe, Forge. Sono tutte (o quasi) negli USA, dove il settore finanziario spinge molto di più di quello europeo.
Ultimo problema: questi investimenti non sono disponibili per gli investitori retail, ma soltanto per quelli professionali. I requisiti negli USA sono però così bassi che quasi tutti possono accedervi. 1.000.000$ di patrimonio o 200.000$ di reddito non sono esattamente fuori dalla portata della popolazione americana.
Risultato: sono sempre di più gli investitori normali che possono rientrare nella categoria.
Per Larry Fink questo vuol dire un mercato enorme, ma ancora inefficiente e costoso. Letteralmente la ricetta perfetta per rivoluzionarlo, farci un pacco di soldi e dominarlo.
Anche quando il mercato dei capitali ha attraversato la Manica ed è arrivato in Inghilterra, con il suo rigido sistema di classi, il London Stock Exchange non è nato in un palazzo. È nato invece alla Jonathan’s Coffee House. Preti e contabili investivano accanto ai contadini che arrivavano dritti dal mercato delle vacche, con gli stivali ancora sporchi di fango. Qualcuno era lì per speculare, ma molti altri erano lì per investir in nuove attività – inclusa una molto promettente: la Bank of England. Per la prima volta le persone normali non assistevano soltanto alla crescita economica intorno a loro. Possedevano un pezzetto di quella crescita – un’azione da poter scambiare.
Anche qui va fatta una premessa: BlackRock e Larry Fink non sono dei feticisti della tecnologia e non utilizzano nuove tecnologie solo per il gusto di farlo. Al contrario, utilizzano solo sistemi solidi (ci sono in ballo denari, tanti denari) e che possano offrire certe garanzie.
Anche questa non è una fantasia di chi vi scrive, ma è stata messa nero su bianco dallo stesso Larry Fink.
Il mondo del denaro si muove su binari costruiti quando le piazze di scambio erano ancora piene di gente che strillava ordini e i fax sembravano rivoluzionari. […] La tokenizzazione cambia tutto. Se SWIFT è il servizio postale, la tokenizzazione è l’e-mail. Gli asset si muovono direttamente e istantaneamente, superando gli intermediari.
Dato che tutti erano presi a giudicare l’altro pezzo importante della lettera – Bitcoin come minaccia per il dollaro – in molti si sono persi il passaggio più importante, che è per l’appunto quello di cui sopra.
Possiedi delle azioni? Dei titoli di stato? Dei derivati? Oggi – con qualche minima differenza tra i diversi sistemi – non hai nulla in mano. Da qualche parte, in un database, c’è scritto che sei il possessore di quella azione. Quando la vendi, il tuo broker deve inviare un ordine alla borsa, che lo processa, che lo gira alla clearing house, che si preoccupa di inviare i soldi al tuo broker che poi li gira a te e l’azione al broker della controparte. È un processo lungo (spesso T+3, vuol dire che il tutto viene portato a termine il terzo giorno dalla conclusione dell’ordine), costoso (ci sono tanti intermediari che intervengono) e difficile da gestire.
Immaginate di essere BlackRock: emettete quote di un ETF e dovete avere a che fare con una serie di soggetti (borsa, clearing house, AP, broker e clienti) che mangiano un pezzettino del tuo business. Pezzettino minuscolo, ma ripetuto per milioni di volte al giorno, tutti i giorni… sono soldi che potresti tenerti in tasca e che invece vengono utilizzati per pagare un sistema vecchio, inefficiente e tutto sommato fatto di intermediari oggi inutili.
Tokenizzazione: l’asset è un gettone digitale. Si scambia su blockchain pubbliche. Vale il possesso, il clearing avviene istantaneamente, il passaggio denaro-titolo è immediato e simultaneo.
Costi? Abbattuti. Complicazioni? Eliminate. Intermediari? Adios.
Larry Fink sa di avere bisogno di una forte narrativa affinché questo accada. Da un lato deve convincere il regolatore che non c’è bisogno di quelle affidabili, storiche, ricche e ammanicate società che gestiscono i traffici di borsa. Dall’altro deve convincere il Congresso che certi comparti di mercato (debito privato, private equity) possano essere oggi alla portata anche dell’investitore comune.
Si obietterà – correttamente – che sono mercati molto rischiosi. Ci sono però almeno tre questioni che danno ragione a Larry Fink:
Sono oggi così ridicole negli USA (1 milione di patrimonio o 200.000$ di reddito sono roba da classe media o poco più) che non limitano a nessuno accesso a questi mercati.
L’investimento in questo tipo di prodotti è oggi ad appannaggio di grandi fondi, che hanno l’occasione di entrare in società di grandi prospettive prima dell’uomo comune. Larry Fink ha scelto la narrativa della democratizzazione. È forte, parla al popolo e del popolo, dice a questo: “Perché tu non hai diritto agli stessi gain dei fondi?”
BlackRock ha capitale politico da spendere affinché le sue volontà vengano prese in considerazione dal Congresso e dai regolatori. Ne ha da spendere anche tra la feroce opposizione democratica alla deregolamentazione.
Sul fatto che sia saggio farlo, lasciamo il giudizio al libero intendimento dei nostri lettori. Difficile però sostenere che non sia stato già attraversato il Rubicone quando ai pensionati italiani sono stati rifilati bond corporate con rendimenti a doppia cifra, poi esplosi seminando forse non la morte, ma povertà di capitali sì.
In termini di prestigio certamente le chain che sono state già scelte e che verranno scelte da BlackRock. Ethereum è la più importante di queste: è solida, è ormai conosciuta anche ai piani alti, ha protocolli di enorme liquidità, ha una grande presenza di stablecoin nel suo network.
BlackRock inoltre ha già un fondo, che vale 2,4 miliardi di capitalizzazione, e che gira già su Ethereum, Aptos, Avalanche, Polygon, Arbitrum, Optimism e Solana.
Tuttavia il grosso del capitale (che è di Ethena!) è su Ethereum. È un primo segnale, importante, di chi potrà guadagnarne di più.
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alla fine ci state dicendo che quasi tutto gira su Ethereum
Si