Sono stati in molti, nelle ultime settimane, a scagliarsi contro l’impatto ambientale di Bitcoin, il cui consenso in PoW ha bisogno di ingenti risorse in termini di potenza di calcolo (e dunque in termini di consumi elettrici).
Una polemica in linea di principio magari condivisibile, che però ha attentamente evitato sia di contestualizzare i dati sul consumo di BTC, sia di metterli in rapporto con quanto costano, al pianeta, sistemi come quello bancario e di estrazione dell’oro. Due industrie che, come vedremo nel nostro approfondimento di oggi, sono molto lontane dall’essere green, o almeno dall’esserlo quanto dicono.
Il lavoro di Hass McCook è un questo senso molto interessante, perché anche se prodotto da chi si definisce un Bitcoin Evangelist, aiuta a capire come buona parte di queste polemiche contro Bitcoin siano in realtà pretestuose. Secondo i calcoli dell’esperto, il mondo del banking avrebbe un impatto di oltre il 500% superiore a quello di Bitcoin. E quello dell’industria estrattiva dell’oro, più che doppio.
Senza tenere conto di altri impatti – come quelli sociali e sul consumo di acqua – quest’ultimo molto rilevante per l’intero mondo delle attività estrattive.
E questo è il primo problema. Nel senso che possiamo avere, in qualunque giorno dell’anno, una stima piuttosto accurata di quanto è costato, in termini energetici, tenere in piedi la blockchain di Bitcoin. Cosa che difficilmente possiamo fare quando parliamo dell’industria dell’oro o di quella bancaria. Quanto consumano le filiali? Quanto costa al pianeta in termini di consumo energetico la pletora di computer, terminali, filiali e ATM che sono diffusi ai quattro angoli del mondo? A quanto ammonta il consumo tramite App estremamente inefficienti sotto il profilo dei consumi?
Su questo, anche grazie ai dati forniti da Hass McCook, cercheremo di dare una risposta tra poco. Vogliamo aggiungere adesso un altro fattore all’equazione: se dovessimo tenere conto anche dell’industria estrattiva dell’oro, con la materia prima che in molti ritengono più sostenibile di Bitcoin, dovremmo fare i conti con enormi sprechi di acqua, con danni permanenti all’ambiente per le attività estrattive e con il consumo di combustibili fossili per l’utilizzo dei macchinari necessari all’estrazione.
Anche senza mettere numeri sul tavolo, emergerebbe una situazione decisamente più dubbia, almeno rispetto a quanto sono andati ripetendo nelle ultime settimane Bill Gates e diversi commentatori che si sono improvvisati ecologisti. Tutto questo senza neanche tenere conto del fatto che una parte rilevante di Bitcoin oggi viene estratta utilizzando fonti rinnovabili. Chi si occupa di mining, lo fa alla ricerca della massima efficienza possibile.
Per chi volesse comunque conoscere i numeri, tenendo conto soltanto del dato consumo energetico di Bitcoin, può consultare l’indice dell’Università di Cambridge, che offre una stima credibile di un dato che però, con l’inquinamento effettivo, può avere molto poco a che fare.
Si estrae e ricicla ogni anno moltissimo oro. Nel complesso, siamo intorno a poco meno di 5.000 tonnellate l’anno, di cui poco meno di 1/3 he arrivano dal riciclo. Perché tanto interesse sul riciclo?
Perché l’attività estrattiva di oro è insostenibile, molto costosa e con effetti di lunghissimo periodo sull’ambiente. E questo senza neanche iniziare a parlare di emissioni di CO2. Per ogni chilo di oro estratto si producono 20 tonnellate di CO2 e si consumano, secondo quanto diffuso da Dell, circa 48 MWh di energia.
Non siamo però ancora alla fine del ciclo. L’oro va raffinato, lavorato e poi messo in vendita. 35 tonnellate di CO2 per ogni chilo di oro che viene immesso sul mercato potrebbe essere una stima decisamente più credibile. Con consumi a fine ciclo che si avvicinano a 80MWh.
Anche se qui le stime si fanno molto più complesse, perché dovremmo tenere conto di infinite variabili, che vanno dal funzionamento del sistema di pagamenti digitali alle filiali, passando anche per l’emissione di contanti da parte delle zecche (che hanno un grande impatto) e da tutto quanto serve per tenere in piedi il sistema.
Secondo stime dello stesso autore, che ormai risalgono al 2014, l’industria bancaria potrebbe utilizzare fino a 660TWh, che con una crescita tra l’1% e il 2% annui, porterebbe ad oggi a 700TWh di consumi per il sistema. Come siamo messi rispetto a Bitcoin? A più di 5 volte, sia in termini di consumi elettrici, sia in termini di emissioni di CO2.
Bitcoin non è sicuramente la più ecologica delle criptovalute. Il funzionamento in PoW è dispendioso sotto il profilo energetico e meno efficiente rispetto a soluzioni più moderne. Non per niente Ethereum passerà ad un sistema PoS entro il prossimo anno – con sempre meno protocolli di nuova generazione che hanno deciso di seguire le orme di BTC.
Ignorare il problema dell’impatto non serve a nulla, ma serve ad ancora meno puntare il dito su Bitcoin, che al momento ha un impatto molto inferiore rispetto al banking e anche all’estrazione di oro, con la materia prima in questione che continua ad essere difesa, dagli stessi ecologisti, come alternativa migliore di Bitcoin.
Forse per chi vive lontano dai luoghi dove l’oro viene estratto, questo potrebbe essere vero. Ma basta una breve ricerca su Google per rendersi conto di cosa vogliano dire le attività estrattive dell’oro. Non solo per l’impatto sull’ambiente in termini di CO2 – bisogna pensare anche alle persone che sono direttamente coinvolte in un business pericoloso per la salute, che distrugge i territori nei quali opera e che ha impatti devastanti sulla salute dei lavoratori e degli abitanti di quelle aree.
Nel famoso gioco della torre, in molti butterebbero giù Bitcoin. Ma siamo sicuri che sia la scelta giusta, se quello che abbiamo a cuore è la sostenibilità di medio e lungo periodo?
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