La difficulty del mining di Bitcoin è appena scesa di quasi il 28%, in un processo che è assolutamente naturale per il protocollo e che è stato studiato proprio per superare momenti di impasse che sono legati, in questo caso, ad un calo dell’hashrate complessivo del network.
Un evento conseguente alla fuga dei miner dalla Cina, con il protocollo che reagito con gli (ottimi) strumenti che ha a disposizione. Da oggi sarà del 28% circa più facile risolvere un blocco.
Una notizia che non deve destare alcun tipo di preoccupazione, perché in realtà siamo davanti ad un funzionamento più che normale del network – che ha dimostrato ancora una volta di essere estremamente resiliente e, come ci ricordano spesso i massimalisti di Bitcoin – praticamente impossibile da buttare giù.
Una notizia che riteniamo essere estremamente bullish, ovvero rialzista, perché è un’altra delle dimostrazioni di forza di Bitcoin e della bontà del funzionamento del protocollo. Possiamo puntarci tramite eToro (qui per un conto demo gratuito), intermediario che offre Bitcoin sia in modalità diretta, sia tramite dei CopyPortfolios, che includono al loro interno anche stocks di aziende che operano nel comparto. E per chi non vuole o non sa crearsi una buona strategia, con il CopyTrading si possono copiare i migliori (o anche soltanto spiare nelle loro operazioni).
In realtà siamo nell’aspetto più tecnico di Bitcoin, per una delle questioni fondamentali che ne permettono il funzionamento. Bitcoin ha al suo interno infatti un meccanismo che rende più facile o più difficile per i miner risolvere un blocco, cercando di mantenere una media intorno ai 10 minuti per la creazione di un nuovo block.
Al variare dell’hashrate di cui il network può disporre – ovvero della potenza dell’hardware complessiva che sta minando – questa difficulty viene aggiornata, tenendo come ritmo 2.016 blocchi, che storicamente vengono prodotti in circa 2 settimane. Con qualche eccezione, perché ultime settimane il ritmo si era parecchio alzato, passando dai circa 10 minuti di media fino a quasi 14.
Dietro questo aumento delle tempistiche c’è stato circa il 30% di hashrate che si è liquefatto a causa dei nuovi attacchi della Cina che hanno portato le imprese che si occupavano di mining a trasferirsi altrove. Operazioni che sono lunghe e dispendiose e che hanno lasciato Bitcoin senza poco meno di 1/3 del suo hashrate.
Situazioni per le quali però il protocollo è pronto e reagisce con dei meccanismi come quello dell’aggiustamento della difficulty. Che anche questa volta ha funzionato alla perfezione.
Questo è quanto i meno esperti faticano a comprendere. Ed è alla base della grandiosità di Bitcoin e della sua capacità di essere praticamente eterno. Possiamo considerare, senza alcun timore di essere smentiti, la cacciata dei miner dalla Cina come il più grande attacco tecnologico di sempre a Bitcoin, con il protocollo che si è trovato nel giro di pochissimi giorni a perdere circa il 30% del suo hashrate, e dunque dei calcoli che ne garantivano la sicurezza e il funzionamento.
Bitcoin è però uscito completamente indenne: non ci sono stati blackout, malfunzionamenti, impossibilità di fare transazioni o altro. E verrebbe da chiedersi invece cosa accadrebbe nel caso in cui network come SWIFT, o anche quelli per i pagamenti digitali, si trovassero dall’oggi al domani con il 30% di network in meno.
Per chi guarda a Bitcoin sul medio e lungo periodo non dovrebbero esserci problemi di sorta ad investire oggi. Come d’altronde ricordiamo nelle nostre previsioni Bitcoin, BTC ha davanti a sé un futuro molto roseo, anche alla luce di questo suo funzionamento… perfetto.
Qualcosa che riteniamo evidente ancora di più oggi, quando tutto procede come sempre e come da copione, nonostante il più grande aggiustamento di difficoltà della storia del progetto. Ci vorrà ben altro per buttare giù una delle migliori scoperte dell’uomo.
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