In pochi si ricorderanno di Jackson Palmer, che fu creatore di Dogecoin per scherzo e che ormai da qualche tempo non ha più alcun tipo di legame con il progetto. Personaggio del quale si è tornati a parlare ieri, grazie ad una lunga serie di tweet contro il mondo delle criptovalute.
Un lunghissimo j’accuse che ha scatenato un vespaio di polemiche nel mondo dei cripto-appassionati e sul quale proveremo ad esprimerci anche noi, facendo il punto della situazione. In sintesi Jackson ha accusato milionari, destre ed evasori fiscali di aver preso possesso del mondo cripto, nel quale, afferma, non ha più alcuna intenzione di rientrare.
Polemiche fondate? Fastidio per un progetto nato per gioco che oggi è tra le prime 10 criptovalute per valore di mercato? Staremo a vedere – quel che rimane di certo è che le parole del fondatore di Dogecoin sono molto dure – e degne di qualche spunto di riflessione.
La lunga serie di tweet di Jackson Palmer
Partiremo con l’analisi del lungo thread pubblicato nella giornata di ieri da Jackson Palmer – commentandone i punti più salienti.
Mi viene spesso chiesto se tornerò nelle criptovalute o quando riprenderò a condividere i miei pensieri su questo tema. La mia risposta è “no”, ma per evitare di ripetermi ho pensato che sarebbe utile spiegarne il perché qui.
L’antefatto è questo. Palmer ha abbandonato ormai da tempo lo sviluppo di Dogecoin – che continua tramite altre persone – e ha anche ammesso di aver venduto i suoi coin molto prima del boom di mercato che ha portato Doge a diventare una delle prime 10 criptovalute per capitalizzazione.
Dopo averlo studiato per molti anni, sono arrivato alla conclusione che le criptovalute siano fondamentalmente una tecnologia di destra, ipercapitalistica, creata per amplificare la ricchezza dei suoi sostenitori tramite una combinazione di evasione fiscale, mancanza di controlli e scarsità creata artificialmente.
Questo è il nodo più pungente della critica. Non è dato sapere a cosa si riferisca quando parla di destra – anche se il sospetto che l’attacco sia all’ala più libertaria del movimento, che mal sopporta il controllo e l’intromissione statale nelle criptovalute, così come in altri ambiti.
Nonostante i claim di decentralizzazione, l’industria delle criptovalute è controllata da un potente cartello di milionari, che nel tempo sono riusciti ad incorporare diverse istituzioni collegate al mondo della finanza centralizzata che dicevano di voler rimpiazzare.
L’attacco qui è chiaramente verso Elon Musk (che da tempo ha mostrato interesse per Doge), così come personaggi del calibro di Mark Cuban. Senza far mancare una stoccata al mondo delle banche d’affari, che oggi è immerso mani e piedi nel business.
L’industria delle criptovalute fa leva su collegamenti con un network di business fuorilegge, con influencer pagati e con media pay-per-play per creare un circolo perpetuo di “diventa ricco subito”, progettato per prelevare denaro dai più disperati e naive sul piano vinanziario.
Accuse queste pesanti – che non ci sentiamo in dovere di commentare, se non quando Palmer, per il quale nutriamo comunque stima, indichi il chi, il come, il dove e il quando.
Le ripercussioni sul mercato di Doge
Non ci sono state – ed è ovvio e scontato che sia così. Per quanto riconosciuto all’interno della community come uno dei personaggi più importanti della storia, Jackson vive ormai da tempo in un esilio auto-imposto, del quale non condividiamo le ragioni, pur comprendendole.
Le previsioni Dogecoin rimangono inalterate e senza che ci sia nulla, almeno a questo livello, che possa inficiarle. Con però uno spunto che vogliamo lasciare ai nostri lettori, a scopo di riflessione, sul lungo thread di Jackson Palmer. Cosa ne pensereste se la vostra creatura nata per gioco – e nata anche per superare un po’ della seriosità che ha sempre avvolto Bitcoin si trasformasse in un asset sul quale investono personaggi del mondo della finanza classica, che sono riusciti a spingerlo ad un valore superiore ai 25 miliardi di dollari?
Capiamo il rammarico di Jackson Palmer – così come siamo pronti a condividere la sua tristezza per un meme coin che oggi deve giocarsela con i grandi. Tuttavia è almeno a nostro avviso assurdo fare critiche di questo tipo. Le criptovalute non hanno affiliazione politica – e per quanto possano esserci stati atti e organizzazioni criminali che ne hanno abusato, non pensiamo di poter dire il contrario per dollaro ed Euro. Un addio quello di Jackson Palmer? A quanto pare sì. Non si riconosce più nel mondo delle criptovalute – al quale comunque ha partecipato per un periodo limitato – e non possiamo, se queste sono le circostanze, che augurargli le migliori fortune.
“Le criptovalute non hanno affiliazione politica…”
Mi scusi, ma lei che non si sente di condividere le esternazioni di Palmer, questa certezza assoluta, da dove la ricava?
Crede veramente che le lobbies della Finanza (sappiamo in che mani stanno), i Centri di Potere occulti, la Criminalità organizzata e quant’altro ne siano fuori? E in quale “ambito” politico pensa che si riconoscano costoro?
Buongiorno Claudio, francamente faccio fatica a seguire il suo discorso. Sono dispostissimo ad ascoltare il suo punto di vista, ma dovrebbe cercare di articolarlo un po’ di più, se vuole che la segua. Grazie mille
Ho avuto anche io discussioni con amici anarchici (che mi definivano non anarchico ma anarcoide…. vabbè non usciamo dal tema) proprio sul discorso crypto. Io utopisticamente le vedo come uno strumento di liberazione dal giogo degli Stati… altri le vedono come Palmer. Probabilmente nessuno dei due schieramenti ha ragione, esse sono solo uno strumento, come un sasso, una pistola o come l’oro, o come le conchiglie.
Siamo – e aggiungerei spesso purtroppo – noi esseri umani a farne “cattivo” uso. O meglio… alcuni uomini fanno uso di questo “sassi” in modi che altri uomini reputano “sbagliati”. Ma il problema non sono le crypto, sono i suoi utilizzatori. In buona sostanza siamo noi umani il problema, la nostra avidità, l’invidia, la superficialità….