Il ministro delle finanze della Corea del Sud ha dichiarato che il proprio governo non ha intenzione di chiudere il trading di criptovalute, andando così a fornire un importante chiarimento in un contesto in cui sembra che gli investitori siano preoccupati che le autorità del Paese (e non solo) possano spingersi fino a replicare la dura azione della Cina, che ha scelto di bloccare le piattaforme di monete virtuali.
Quanto sopra non sta comunque a significare che non vi siano margini di regolamentazione anche severa, da applicare in maniera ulteriore rispetto allo scenario attuale. Il governo ha d’altronde annunciato di aver scoperto degli scambi illegali di criptovalute per un valore di quasi 600 milioni di dollari, ed è stato sempre in prima linea nel promuovere un’ampia supervisione sul trading di criptovalute, dato che molti utenti, spesso senza esperienza e competenza, sono entrati in un mercato frenetico nonostante gli avvertimenti dei responsabili delle politiche finanziarie.
Al di là dello scenario in formazione, appare chiaro come la precisazione del governo potrà rasserenare gli animi dei più timorosi. Seoul aveva infatti affermato che stava prendendo in considerazione la possibilità di chiudere gli exchange di criptovalute: una dichiarazione che aveva portato il mercato in uno stato di agitazione, e avete contribuito a spingere verso il basso i prezzi dei bitcoin. In seguito, i funzionari hanno chiarito che un divieto assoluto è solo uno degli scenari presi in considerazione, e che una decisione finale dovrà ancora essere assunta.
Attualmente, ricordiamo come in Corea del Sud solo le banche e i broker autorizzati possano offrire servizi di scambio di criptovalute. Inoltre, le aziende locali e i residenti che trasferiscono più di 3.000 dollari al di fuori dei confini nazionali devono presentare specifici documenti alle autorità fiscali in cui spiegano i motivi dei trasferimenti. Anche i trasferimenti annuali superiori ai 50.000 dollari devono essere segnalati con documenti di simile natura.
In aggiunta, a partire dallo scorso 30 gennaio (ne abbiamo parlato qui) le autorità sudcoreane hanno imposto delle regole che permettono di utilizzare solo conti bancari nominativi per il trading di criptovaluta, al fine di impedire l’uso di monete virtuali per riciclaggio di denaro e altri reati.
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