Se negli ultimi mesi le criptovalute hanno avuto vita difficile in Cina, negli ultimi giorni questo ostracismo sembra essere peggiorato sotto tutti i punti di vista.
Negli ultimi mesi, infatti, sia governo che banche hanno messo i bastoni tra le ruote degli ingranaggi di tutte le criptovalute; prima con un blocco delle ICO da parte della Banca Popolare Cinese, successivamente il governo cinese ha tentato di bloccare il mining di Bitcoin a causa della gravosità sul sistema energetico del paese.
Queste manovre sono state affiancate da un’ulteriore scelta effettuata nelle ultima settimana dai social network propri della nazione asiatica (completamente slegata dai principali social internazionali, ma soprattutto americani), che hanno deciso di eliminare la presenza di qualsiasi pubblicità legata alle criptovalute dalle loro pagine.
Inoltre questa scelta non ha colpito solo i popup pubblicitari, ma anche i risultati delle ricerche degli utenti; azzerando quindi l’accessibilità alle cripto per i cittadini cinesi.
La stessa Sina Weibo (piattaforma di micro-blogging ibridata tra Twitter e Facebook), quando contattata dal South Morning China Post ha risposto che nel prossimo futuro non permetterà alcuna pubblicità, a nessuna criptovaluta; mentre altre piattaforme hanno preferito evitare di rispondere alle accuse, creando comunque una situazione di silenzio/assenso.
Con queste decisioni sono state prese dai social asiatici a seguito di un simile ban imposto da Mark Zuckerberg sul suo Facebook.
Il problema in Cina si pone però su un livello diverso da come si può porre nel del mondo; la Cina infatti ha sempre spinto per una versione più “nazionalistica” di internet, impedendo alla maggior parte dei social e motori di ricerca mondiali di prendere piede tra i suoi cittadini.
In una censura forte quanto quella cinese è infatti impossibile aggirare un ban introdotto da un social network; un ban del genere in Europa o America è facilmente aggirabile, basta scegliere di utilizzare altri social molto più flessibili su certi argomenti (per esempio Reddit), mentre in una Cina con social fortemente legati al governo semplicemente le alternative non esistono.
Il forte ostracismo cinese sembra aver quindi reso il paese quasi impenetrabile per qualsivoglia criptovaluta, e la situazione invivibile per molti miner, spingendoli ad un esodo verso “lidi migliori”.
Paesi come il Giappone e Singapore hanno, infatti visto una particolare forma di immigrazione economica, che ha portato la crescita delle transazioni all’interno di questi paesi; e Hong Kong potrebbe essere il prossimo, viste le recenti decisioni in materia di ico.
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