La montagna ha partorito il proverbiale topolino. Mentre i mercati attendevano con il fiato sospeso l’intervento di Gary Gensler sulle criptovalute, i mercati hanno tenuto (pur con qualche perdita).
Le dichiarazioni dell’uomo più potente del pianeta quando si parla di regolamentazione dei mercati – è dopotutto il comandante in capo di SEC – vanno però analizzate, anche per capire quali saranno i prossimi temi che agiteranno il mercato delle criptovalute. Mercato che ha aperto però sull’orario europeo con timidi segnali di rialzo, segno che se era terrore che Gensler voleva disseminare, la cosa non è andata a buon fine.
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Gensler preoccupato dagli stablecoin: questa è la prima (non così incredibile) notizia
Palcoscenico dell’ultimo intervento dell’onnipresente capo di SEC – l’ente che regola mercati e asset negli USA – è stata una video intervista con il Washington Post, quotidiano che è interessante seguire in termini di narrativa anche in quanto proprietà di Jeff Bezos, che è capo di Amazon e che ha interessi indiretti a sostenere o meno il mondo cripto.
La principale delle preoccupazioni Gensler non è, sembrerebbe, Bitcoin, che pure ieri era un bersaglio facilmente attaccabile a causa del mini-crollo che lo ha visto impegnato. Il tema principale affrontato in un’intervista che in realtà non aggiunge molto di nuovo allo scenario è stato quello degli stablecoin, ovvero di quei token crypto che sono ancorati al valore del dollaro – sia in termini di riserva fisica, sia invece in altri casi in senso algoritmico.
Gli stablecoin sono simili alle fiches del casinò in questo momento. Senza una stretta supervisione, le persone si faranno male.
Una posizione relativamente nuova – nel senso che la narrativa anti-stablecoin soltanto di recente si è imposta a Washington – e che non ci lascia affatto di stucco. Che però, come spesso accade quando a parlare sono specialisti legati alla politica, racconta soltanto una parte infinitesima della verità.
La storia ci dice che le forme private di moneta non durano a lungo. Gli USA hanno fatto esperimenti di questo tipo tra il 1830 e il 1860. Non è finita bene: ci sono stati costi molto alti e un sacco di problemi.
Con un riferimento a quella che gli storici chiamano la wildcat banking era – il periodo forse di minore regolazione del settore bancario che la storia umana abbia mai conosciuto. In realtà quello che non si capisce è di cosa stia accusando gli stablecoin, perché le riserve di Tether – anche se con qualche critica – nonché quelle di USDC sono in realtà pubbliche e verificabili per l’appunto proprio da SEC.
Quello che pensiamo – forse con un pizzico di malizia – è che in realtà si voglia andare a parare altrove. A rinforzare questo nostro sospetto, gli ultimi comportamenti di SEC, che meriteranno un ulteriore approfondimento.
Coinbase chiude al credito retribuito, e su Ripple…
Se dovessimo giudicare il supervisore da come si comporta piuttosto che da quello che dice, i fatti sul tavolo da analizzare sarebbero due:
- I prestiti di Coinbase
Coinbase ha recentemente annullato un progetto pilota che prevedeva la retribuzione per le criptovalute messe in lock sulla sua piattaforma, a mo’ di conto deposito. Questo è avvenuto senza una formale sanzione di SEC, ma soltanto con qualche azione di bullismo coordinato con minacce. Un atteggiamento non esattamente distensivo, dato che negli stessi giorni SEC aveva accusato Coinbase di potenziali irregolarità. Se il regolatore ha interesse a rendere il comparto più trasparente, difficile che la minaccia ex post possa sortire effetti diversi dall’autocensura dei principali intermediari.
- La figuraccia con Ripple
Abbiamo aggiornato i nostri lettori sulla causa SEC vs Ripple di recente – e la situazione dovrebbe essere ormai chiara a tutti. Conflitti di interessi interni a SEC, normative non chiare, preferenze tra diversi progetti su blockchain. Una situazione evidente che – a prescindere da come finirà la causa – sicuramente non contribuisce alla credibilità di SEC. Perché con i documenti che sono emersi al processo nessuno potrebbe ritenere l’ente che dovrebbe regolare il mercato effettivamente imparziale.
Un atteggiamento che potrebbe costare agli Stati Uniti il primato nelle tecnologie di oggi e domani – con un atteggiamento che sembrerebbe avere l’ispiratore direttamente alla Casa Bianca – per un Partito Democratico degli USA che non è mai stato troppo aperto a questo tipo di novità. Anche perché minacciano il predominio statale nella parte più importante dell’economia, ovvero l’emissione e il controllo della base monetaria.
non vedo così male un controllo sugli stablecoin, ovvero che siano garantiti da VERI dollari (o simili) e non solo parole… se USDT fosse crollato qualche mese fa sarebbe stata una strage. Per fortuna il “rivale” USDC sale molto velocemente, sia come capitale che come garanzie, e nascono sempre più stablecoin; il rischio di collasso ormai mi pare molto basso.
Vedo tutto ‘sto finto casino come un modo tutto americano per tranquillizzare l’opinione pubblica (“vedete che controlliamo le pericolosissime cripto? Non ci fregano a noi!”) per poi poter dare il via libera a ETF vari (“le abbiamo controllate, non sono più COSI’ preicolose!”)… non vogliono far perdere al proprio popolo la festa!
… e da lì poi si vola, ficcate i vostri BTC ed ETH sotto il materas… ehm, sul cold wallet!