Chi lo avrebbe mai detto? L’Europa continua a guidare la classifica per l’utilizzo di criptovalute, in particolare anche nel comparto DeFi e in collegamento al mondo del trading e degli investimenti.
Un continente del quale, in ambito cripto, si continua a parlare ancora molto poco, nonostante sia chiaro dai dati diffusi da Chainalysis che è proprio il Vecchio Continente a guidare la rivoluzione targata criptovalute.
Qualcosa che è dovuto, a nostro avviso, anche agli intermediari di grande qualità che operano nel nostro continente, con possibilità di accesso più lineari anche per i meno esperti. La piattaforma eToro (vai qui per ottenere il conto virtuale gratuito di prova) offre le 30+ criptovalute più forti sul mercato, con un’interfaccia semplice da usare e con tutti gli strumenti utili per migliorare il proprio rendimento.
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Il periodo di riferimento è quello che va dal luglio ’20 al luglio ’21, durante l’incredibile boom che ha portato Bitcoin sopra i 60.000$ prima della correzione e tutte le altre a far registrare guadagni spesso superiori al 1.000$.
A contribuire al boom è stata anche la grande attenzione degli investitori anche italiani per il comparto della finanza decentralizzata, comparto che offre un banking più smart e grandi opportunità di investimento, in particolare con protocolli come Ethereum, ma anche come Polkadot e Uniswap, senza dimenticare anche il grande contribuito alle transazioni offerto da Chainlink.
Con gli investitori italiani che, come vedremo, hanno un’attenzione particolare anche per il mondo degli altcoin, le criptovalute minori lontane da Bitcoin, dalle sue dinamiche e dal suo valore di mercato. Criptovalute che sono più d’azzardo e di rischio, sottolineando forse un’altra attitudine, quella del giocatore, che in molti ritengono connaturata al pensiero italiano, anche quando si investe.
L’Italia, che è la quarta economia del blocco europeo, fatica però ad imporsi come centro rilevante per gli investimenti in criptovalute, in particolare per quanto riguarda il comparto degli istituzionali.
I dati che segnaliamo nella nostra infografica vedono al primo posto il Regno Unito, seguito poi dalla Francia – dove già diverse banche sono attive nel comparto della blockchain – Germania, dove ora i fondi possono investire anche in criptovalute e poi da Olanda e Spagna. L’Italia arriva soltanto dopo la Svizzera, tra le ultime per rapporto tra popolazione, PIL e investimento in criptovalute.
Niente di sorprendente per quanto riguarda il nostro Paese, quasi da sempre contraddistinto da un certo conservatorismo finanziario, testimoniato anche dalla preponderanza dei servizi centralizzati rispetto a quelli DeFi. Ci sarà spazio per crescere? Probabilmente sì, anche se i volumi transati in UK, Germania e Francia sembrano essere, almeno per il momento, molto lontani.
Parliamo per il nostro Paese di poco più di 50 miliardi di dollari di cripto in entrata, contro oltre il triplo del Regno Unito e oltre il doppio di Francia e Germania e con dati che sono impietosi anche nei confronti dei Paesi Bassi.
Cosa che è piuttosto comune per volumi di transazione in tutta Europa (e in tutto il mondo), anche se per l’Italia, rispetto agli altri paesi europei, la scarsa affezione per Bitcoin sembra essere più marcata.
Questo potrebbe essere il segno di una maggiore attenzione per i protocolli più addentrati nella finanza decentralizzata, o semplicemente un maggiore interesse per le criptovalute emergenti, confermato anche da una maggiore quota dedicata agli altcoin.
Cifre comunque nel complesso importanti – con l’Italia che però dovrà darsi da fare per colmare il gap rispetto alle altre economie comparabili in Europa. Un gap che vale tanto, anche scontando il tradizionalismo finanziario (e la scarsa propensione all’investimento recente) degli italiani.
L’Italia è anche uno dei primi paesi europei per quanto riguarda i cosiddetti altcoin, le criptovalute che non possiamo far rientrare nel segmento DeFi e che non sono né Bitcoin né Ethereum.
I dati che sono in nostro possesso lascerebbero intuire che Shiba Inu ha contribuito in modo considerevole al boom cripto in Italia durante l’ultimo anno, così come diversi altri progetti emergenti e legati a meme – pensiamo alla fortuna che ha avuto Catge.
Con una chiave di lettura che a noi pare piuttosto chiara: sono i più giovani ad investire (che mediamente si interessano meno di Bitcoin), con gli istituzionali (che sono invece più orientati verso BTC) che sono in tremendo ritardo rispetto al resto d’Europa.
Ma cosa aspettarsi da un settore finanziario dove CONSOB definisce Bitcoin… una piramide di bit? Una cultura finanziaria che, con la rivoluzione cripto, dovrà trovare il modo di cambiare e di rinnovarsi.
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