Kazakistan, mining e Bitcoin sono stati i temi caldi sulla stampa internazionale degli ultimi giorni. E anche su quella italiana, anche se sarebbe il caso di sorvolare poi sulla qualità effettiva della discussione.
Un tema comunque caldo, che inizia ad interessare anche coloro i quali sono più lontani dalle questioni più tecniche che riguardano Bitcoin. E anche uno smacco a chi, sempre sulla stampa italiana, ha scritto di un Bitcoin in crisi dopo il blackout kazako.
L’hashrate è da sempre un ottimo indicatore che anticipa anche i trend. E se dovessimo prendere per buona questa anticipazione potremmo investire anche con la piattaforma sicura Capital.com – vai qui per ricevere un conto virtuale gratuito con funzionalità di crypto auto trading – tra le quali l’offerta di capitale virtuale illimitato, per testare le funzionalità della piattaforma e ogni tipo di strumento che viene offerto.
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La narrativa sulla stampa italiana – che abbiamo redarguito già nel nostro speciale sul Kazakistan – si scontra con la realtà e con i fatti. Secondo quanto riportato infatti da Blockchain.org e che viene poi confermato anche da altri siti che misurano la potenza di calcolo impiegata da Bitcoin per garantire il suo network, siamo ad un nuovo record storico per l’hashrate.
In altre parole mai nella storia c’è stata così tanta potenza di calcolo a garantire la validazione delle transazioni di Bitcoin e più ampiamente a tutelarne la sicurezza. Tutto questo mentre dal Kazakistan sono arrivate brutte notizie, che non erano però relative alle rivolte che avrebbero colpito $BTC, ma al fatto che è stato impossibile per diversi giorni connettersi alla rete.
Una rivolta, quella in Kazakistan, che meriterebbe molto più rispetto di quanto abbiamo visto su testate italiane blasonate, in una narrativa che, fortunatamente, non è stata ripresa altrove.
La crescita dell’hashrate complessivo del network di Bitcoin è un ottimo segno sullo stato di salute complessivo del network. Perché chi collega macchine e sostiene spese del genere lo fa calcolando quanto può ricevere indietro dal network in termini di mining.
E dall’altro lato è un sistema perfetto che si alimenta, perché il guadagno personale di chi collega le proprie macchine al network di Bitcoin permette a quest’ultimo di essere più sicuro. Con l’hashrate che continua a salire** e che ha superato i livello dello scorso aprile – poco prima del ban cinese alle operazioni, abbiamo già una risposta sulla resilienza del network e sulla sua capacità di rigenerarsi anche quando si trova contro una delle grandi potenze mondiali.
Altro che Bitcoin in ginocchio per la crisi kazaka, come avevano scritto, ancora una volta senza alcun rispetto per chi ha pagato un prezzo di sangue altissimo, alcuni giornali italiani. Bitcoin è vivo e continuerà ad essere uno strumento di libertà, e non aguzzino di popolazioni che di questo profumo devono ancora inebriarsi.
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