Le emissioni collegate al mining Bitcoin sono al centro del dibattito da tempo, essendo superficie di facile attacco per i regolatori e anche per i detrattori di questo grandioso esperimento monetario decentralizzato.
I dati che arrivano da CoinShares sono di quelli interessanti da condividere: da un lato perché la metodologia utilizzata per la raccolta sembrerebbe essere più rigorosa, dall’altro perché in realtà smentisce tanti numeri fatti circolare spesso con scarso rispetto per la verità. Bitcoin avrebbe un impatto ridotto rispetto a quanto ci si immaginava.
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Bitcoin? Impatto minore rispetto ai dati che circolavano
La prima buona notizia è che Bitcoin avrebbe, secondo i dati che sono stati raccolti da CoinShares un impatto per kWh consumato decisamente minore rispetto a quanto sapevamo fino a ieri. Se prima si parlava di 492gCO2/kWh, ora i dati del gruppo fanno scendere questo impatto medio a 466CO2/kWh. Segno questo, tra le altre cose, che qualcosa di importante si sta muovendo nel settore.
Un tema caldo, che è stato tra le altre cose tema della nostra chiacchierata con Federico Rivi – qui per il suo account Twitter ufficiale – all’interno di Casa Sanremo 2022, hospitality ufficiale del Festival che quest’anno dedica un ampio spazio proprio al mondo di Bitcoin e delle cripto.
Bitcoin fa meglio degli altri settori
Anche quando si parla di utilizzo di energie rinnovabili. Se su scala mondiale Bitcoin consuma energia prodotta per il 35% con il carbone e per il 24% da gas naturale, gli altri comparti presentano un totale del 61% di energia prodotta da fonti fossili.
Certo, ci sarà ancora molto da fare, ma come efficacemente spiegato proprio da Federico Rivi nel nostro intervento a Casa Sanremo, il mining ha già incentivi enormi nel ricorrere a fonti di energia più pulite. Il ban cinese del mining è stata con ogni probabilità il punto di svolta per questo cammino, che vedrà tra le altre cose arrivare a breve anche El Salvador, che utilizzerà energia prodotta con i suoi vulcani.
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Il problema “energetico” di Bitcoin esiste?
Sicuramente sì, quantomeno nella misura in cui diventa opportunità di attacco da parte dei suoi detrattori più ostinati. Non sarà però un problema la quantità di energia che verrà utilizzata dal mining, ma piuttosto la tipologia di energia. Il Bitcoin Mining Council ha già attivato diverse iniziative per una transizione green, anche per motivi legati alle pubbliche relazioni e la crescita in questo senso, a distanza di meno di un anno del ban cinese è già evidente.
Pensare che Bitcoin si fermi qui è, almeno a nostro avviso, irragionevole. La rivoluzione è già partita anche in questo senso, e citando ancora il nostro ospite a Casa Sanremo, siamo certi anche noi del fatto che i regolatori guarderanno a Bitcoin come ecosistema che è riuscito ad implementare una transizione ecologica, con partecipazione volontaria e senza piani in micro-managing.
Anche se Bitcoin esiste ormai da più di un decennio, siamo ancora all’inizio di questa rivoluzione. Anche nel del mondo dell’energia.