Sulla querelle delle sanzioni russe e della possibilità per il Mosca di aggirarle tramite le criptovalute è intervenuto anche il leader di Ripple, ovvero Brad Garlinghouse, che contribuisce a fare chiarezza sul punto.
Una posizione in linea anche con quello che pensiamo noi e che merita un degno approfondimento, anche perché questa vicenda ha raggiunto delle proporzioni ormai completamente prive di senso, anche in seguito ad un interesse convergente di diversi governi a sfruttare la situazione per mettere le mani sul mondo cripto.
Il fatto che i maggiori esponenti di questo mondo si stiano schierando molto compatti a tutela della verità sulle cripto è un buon segnale per tutto il mercato. Dimostra infatti una solidità che renderà questo settore sempre più attrattivo, lasciando spiragli anche per chi vuole investire. Possiamo farlo con eToro – vai qui per ottenere un conto virtuale gratis con FINTECH integrato. Il migliore anche per chi preferisce un investimento diversificato e non solo su XRP nel caso, grazie a quanto offerto dagli Smart Portfolios.
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Un Garlinghouse al fulmicotone su Twitter. Il leader di Ripple si è scagliato contro i sedicenti esperti che non hanno alcuna idea di come funzionino determinati circuiti cripto e stanno indicando la possibilità che la Russia li utilizzi per aggirare le sanzioni.
Continuo a vedere posizioni stupide da sedicenti esperti male informati su come le cripto funzionino. Voglio ripetere quando @ashgoblue ha detto ieri – ci sono ragioni fattuali per le quali le criptovalute non possono essere utilizzate su vasta scala da parte della Russia per aggirare le sanzioni. Per convertire cripto in fiat, gli exchange devono appoggiarsi a partner bancari che potrebbero perdere le loro licenze se qualcuno che è sulle liste OFAC dovesse riuscire ad aggirare le restrizioni tramite exchange. Ci sono policy molto stringenti in termini di KYC/AML che evitano proprio che questo accada.
Lanciandosi poi in una pubblicità di RippleNet che in realtà ha poco a che vedere con il nocciolo della questione, che è quanto interessa in fondo a questa vicenda.
Ieri Hillary Clinton si è spesa per spingere gli exchange a chiudere l’accesso e i wallet dei russi. Il movente potrebbe sembrare di quelli nobili, ma invitiamo tutti ad avere almeno una seconda lettura di questo attacco al mondo cripto che potrebbe fiancheggiare, per sua stessa struttura, la Russia che cerca di sfuggire alle sanzioni.
I governi occidentali stanno cercando da tempo di intervenire sul settore. Il ban per il PoW in UE è stato ritirato in fretta e furia per le proteste degli utenti, come vi avevamo anticipato su queste pagine. E la guerra, da sempre teatro delle bugie e del doppiogioco sarà sembrata a qualche politico l’occasione giusta per una stretta.
Il niet degli exchange lascia ben sperare, anche se in presenza di un ordine quelli con sede in determinati paesi dovrebbero rispondere. Sta di fatto che non faranno quello che vogliono, anche se dovesse accodarsi la UE. UE che starebbe investigando proprio su questa possibilità.
In realtà però, come ha spiegato efficacemente Garlinghouse, aggirare le sanzioni ricorrendo a Bitcoin o ad altre criptovalute può essere fatto per piccole somme, ma per i volumi destinati ad import export è praticamente impossibile.
La verità sta da una parte. Giganti del calibro di Gazprom difficilmente potranno ricorrere alle cripto, dato che muovono miliardi e darebbero comunque dell’occhio. E, per chi vuole essere malizioso, in realtà non ce ne sarà bisogno, perché Gazprombank è una delle pochissime banche russe che non sono state colpite da sanzioni. Prima di guardare la pagliuzza nel mondo cripto, forse i politici di Bruxelles dovrebbero parlarci degli atti che essi stessi hanno firmato.
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