Si dovrebbe sempre andare oltre i titoli. Da una notizia vera si può infatti passare ad una chiave di lettura eccessivamente sensazionalistica, che non rende onore alla verità e alla comprensione.
È successo di nuovo: questa volta con una notizia che arriva dall’Inghilterra: sono stati banditi (e questo è vero) tutti gli ATM che operano nel paese e che offrono Bitcoin e altre criptovalute. Parliamo di quelle macchine agli angoli della strada e che permettono, nel caso “normale” di ritirare con la carta denaro contante, e nel caso crypto di ottenere appunto delle criptovalute.
Quello che non è emerso chiaramente dalla discussione che sta avvenendo tanto in Italia quanto all’estero è che Bitcoin, almeno per questa volta, non c’entra niente. E che le cause che hanno portato al ban delle apparecchiature risiede altrove.
Certo, rimane il sospetto che sia un accanimento in un paese dove in realtà non sono mai stati troppo morbidi verso le cripto. Ma la motivazione questa volta, almeno sulla carta, è di quelle molto solide.
Mancano licenze e manca una solida policy contro il riciclaggio
In realtà il sospetto è che ad opporsi a questo tipo di operazioni siano stati in particolare gli intermediari legali che hanno visto sfruttare dagli ATM Bitcoin nel Regno Unito un ingiusto vantaggio. Perché questi macchinari avrebbero operato senza implementare le regole vigenti contro il riciclaggio di denaro e per l’identificazione di chi sta utilizzando l’apparecchio stesso.
Non sono inoltre dotate di apposita licenza da parte di FCA, authority che in UK si occupa della vigilanza dei mercati finanziari e degli operatori anche monetari, per qualcosa che ha lasciato via libera alle autorità inglesi per imporne la rimozione.
Almeno direttamente non ci sarebbe dunque alcun tipo di problema ad avere degli ATM Bitcoin o anche su altre criptovalute, a patto che questo seguano pedissequamente le regole alle quali devono sottostare gli operatori di settore.
Qualcosa che, in un 2022 che sarà con ogni probabilità l’anno delle regolamentazioni, c’era da aspettarsi e che probabilmente potrebbe estendersi anche ad altri paesi. Con gli operatori del settore più solidi che, almeno a nostro avviso, hanno anche un certo grado di responsabilità nella cosa.
Una repressione di Bitcoin ed Ethereum in Europa?
No. Questo tipo di eventualità sembrerebbe essere ormai scongiurata, con il testo che verrà votato in UE il prossimo 14 marzo che non presenterebbe criticità eccessive. Lo stesso ormai, come abbiamo visto sempre sulle pagine di Criptovaluta.it, sembrerebbe essere scongiurato anche per quanto riguarda gli USA, dove un primo riassetto di Biden sembrerebbe essere piuttosto morbido.
Sebbene l’ideale per gli stati di ogni genere sarà una regolamentazione totale degli intermediari, pensiamo di essere ormai oltre la fase – almeno sul breve e medio periodo – di possibile ban.
Non negli USA, dove le società che lavorano nel mining e anche come exchange sono quotate o si stanno quotando. Non in Europa, dove le forti proteste hanno anche contribuito a rimuovere un emendamento che non piaceva agli appassionati di Bitcoin.
Di regole ne arriveranno, qualche volta saranno utilizzate in modo repressivo come in UK con gli ATM ma il guado, ormai, dovrebbe essere definitivamente alle spalle.