Mentre in Italia si finge che le criptovalute non esistano, ed i media sono per lo più impegnati a parlare dei litigi interni al governo, in Francia l’autorità per la condotta finanziaria ha già da tempo cominciato a lavorare sulla regolamentazione del mondo crypto. Questa volta però a parlare è la Commissione Finanziaria dell’Assemblea francese, un ente simile alle commissioni parlamentari italiane. Sono istituzioni che lavorano su leggi specifiche, in cui lavorano gli esponenti dei diversi partiti, e poi le propongono al Parlamento quando sono pronte per l’approvazione.
Il massimo esponente della commissione finanziaria francese è Eric Woerth, ed è proprio lui il protagonista di una notizia che sta facendo il giro del mondo. Sulla base dei suoi studi e di quelli effettuati insieme ai colleghi, Woerth suggerisce di bandire per legge le criptovalute anonime. Non stiamo parlando di quelle che, come Bitcoin, possono essere scambiate in modo anonimo ma vengono comprate e convertite in euro su exchange che chiedono di specificare la propria identità; stiamo parlando di quelle come Dash, ZCash e Monero che garantiscono un totale anonimato anche in fase di acquisto e conversione in valuta fiat.
Le motivazioni di Woerth
Non è difficile immaginare quale sia la motivazione di questa proposta, ma comunque il Presidente della commissione ha chiarito anche questo punto. Le criptovalute anonime favoriscono l’evasione fiscale, in quanto mascherano completamente le attività economiche che privati e aziende svolgono con il loro utilizzo. Anche i semplici speculatori possono mascherare i loro guadagni, evitando così di dichiararli e creando un mancato gettito fiscale per le casse del Tesoro francese.
Al centro della discussione c’è comunque anche il fattore ambientale ed energetico, in quanto sappiamo bene che molte criptovalute sono basate sul protocollo proof-of-work. Queste richiedono una grande quantità di energia elettrica per sostenere le attrezzature utilizzate nel mining, cosa che si riflette poi sull’ambiente per via dell’inquinamento prodotto dalle centrali a combustibili fossili. La Francia vuole evitare che la sua preziosa energia nucleare, un grande business per il Paese, venga utilizzata da chi poi non paga le tasse sui profitti conseguiti con il mining; tanto per fare un esempio, l’energia importata dall’Italia è francese per più del 30%. Il governo vuole difendere le quote di export evitando che vengano rosicchiate dagli speculatori dell’ecosistema crypto, ed è molto comprensibile.
A febbraio il Presidente francese Macron aveva proposto di utilizzare la tecnologia blockchain per tracciare la provenienza dei prodotti agricoli europei, in modo da combattere la contraffazione e proteggere gli esportatori di materie prime prodotte in aree specifiche. Questo dimostra che i transalpini sono comunque attenti a tutto il comparto tecnologico dell’economia decentralizzata, non contrari alle criptovalute per principio. Anzi, è molto probabile che prima di vedere una legislazione in materia arrivare in Italia sarà necessario attendere che si esprimano le commissioni di Bruxelles, su cui la Francia ha un peso specifico decisamente importante. Vedremo quali saranno i risvolti di questa decisione, una novità che potrebbe finalmente portare all’inizio di un processo volto a colmare le lacune normative attualmente esistenti in materia di crypto.