In molte parti del mondo si continua a parlare di regolamentazione delle criptovalute. Ci stanno pensando gli Stati Uniti, ci sta pensando la Francia e la Corea del Sud. Il Messico, invece, in teoria ci ha già pensato. La banca centrale messicana, spesso chiamata Banxico, ha recentemente promulgato una circolare che mette un punto all’avventura di Bitcoin e altcoin in Messico. Ora il CEO di Isbit, Sebastian Acosta Checa, interviene contro i regolatori in qualità di amministratore delegato dell’exchange più importante della nazione.
Prima di esaminare le critiche, però, dobbiamo fare un passo indietro e ricordare che cosa era stato chiesto nella circolare della Banxico a tutte le istituzioni del mondo fintech. Il regolatore centrale, definendo le criptovalute un asset pericoloso e complesso, aveva espressamente richiesto nella sua circolare di vietarne l’offerta al pubblico. Il timore era quello di vedere l’arrivo di una nuova ondata di investimenti speculativi, come quelli che hanno interessato Bitcoin nel 2017, da parte di persone che non hanno una reale conoscenza dell’asset che stanno negoziando; onde evitare che i risparmiatori messicani possano correre dei rischi che non sanno quantificare, il Banco de México ha usato la mano pesante.
Sebastian Acosta Checa è stato uno dei pionieri dell’economia decentralizzata in Messico. Il suo exchange è uno dei pochi ad essere nato e cresciuto per accontentare il pubblico messicano, ma con la nuova regolamentazione sembra che sarà impossibile continuare l’attività. Le sue parole sono dure: afferma con decisione che i membri della banca centrale hanno dimostrato una grande ignoranza ed incompetenza in merito al tipo di strumento che stavano cercando di regolamentare.
Questo “disastro”, come lo ha definito Acosta Checa, rischia di compromettere il futuro delle criptovalute in una nazione ad alto potenziale. Il Messico intrattiene enormi rapporti commerciali con gli Stati Uniti, che ora difficilmente cominceranno ad essere mediati dalle crittomonete. Inoltre la banca centrale messicana è osservata anche da tante altre del Sud America come un modello, per cui si teme che la stessa cosa ora possa succedere altrove.
In Messico non c’è soltanto il rischio che gli investitori possano perdere denaro con le criptovalute. Come sappiamo bene, l’anonimato di questi sistemi di pagamento ha fatto sì che anche le organizzazioni criminali le utilizzassero per i loro scopi; il Messico è notoriamente interessato da problemi di questo genere, per cui dietro la decisione della Banxico potrebbe esserci di più. In qualche modo, c’è una velata speranza che questa circolare possa colpire anche le organizzazioni criminali, che ora avranno più difficoltà ad approvvigionarsi di criptovalute. Qui bisogna comunque operare una distinzione: quello che il Banco Central ha vietato è soltanto l’offerta al pubblico, non il mining e tantomeno le transazioni in crypto.
Quello che è stato deciso dal regolatore centrale non sembra sfavorire i traffici illegali oltreconfine. Sembra soltanto sfavorire gli exchange e i trader, che non essendo ignari del funzionamento delle criptovalute dovrebbero poter continuare ad avere accesso al mercato. Il ban generale risulta una scelta molto dura, arrivata in un momento storico favorevole alle criptovalute ma non segnato dalla frenesia degli investitori dell’ultimo minuto. La community messicana che segue l’economia decentralizzata è già in subbuglio, per cui l’auspicio è che la banca centrale voglia ascoltare tutte le parti ed eventualmente ritirare il suo provvedimento.
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