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Bitcoin e Repubblica Centrafricana | La Banca Centrale tenuta all’oscuro

3 anni fa
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Ne avevamo già parlato in una live e anche nel nostro primo approfondimento sull’arrivo di Bitcoin nella Repubblica Centrafricana. Qualcosa, a livello politico internazionale, ci è subito sembrato strano e i nostri dubbi sono stati confermati oggi da quanto riportato da Bloomberg.

Secondo il popolare sito dedicato al mondo cripto e Bitcoin, la Banca degli Stati dell’Africa Centrale, una sorta di Banca Centrale condivisa tra diversi paesi e legata al Franco Africano non sapeva nulla dei piani della Repubblica Centrafricana riguardanti Bitcoin.

La banca centrale degli stati Centro-africani vuole vederci chiaro…

E questo, almeno a nostro avviso, potrebbe segnalare l’effettiva portata della vicenda. Una buona notizia per Bitcoin, che a questo punto sarebbe stato scelto per motivi ben precisi e solidi. Possiamo investirci con la piattaforma sicura Capital.comvai qui per ottenere un conto virtuale gratuito e illimitato – intermediario che ci offre tutti i migliori strumenti per fare trading su $BTC e su altre 465+ cripto.

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La Banca Centrale non sapeva nulla di Bitcoin

È questa la notizia più importante della settimana, almeno secondo noi, per quanto riguarda l’adozione di Bitcoin come valuta avente corso legale nella Repubblica Centrafricana. Come abbiamo provato infatti a spiegare in un nostro video, la situazione sul fronte Banca Centrale.

La situazione della Repubblica Centrafricana, che è condivisa con una decina di stati africani nel complesso, è infatti piuttosto particolare. Non è dotata di moneta e banca centrale propria, ma fa riferimento ad una banca centrale condivisa, che non lascia quasi alcun tipo di libertà di azione e che al tempo stesso lega le sorti economiche del paese a quelle della Francia, con quest’ultima che fa da garante per la convertibilità del franco CFA in euro.

Questo è il contesto all’interno del quale va letta la dimenticanza dei politici della Repubblica Centrafricana, che a questo punto potrebbe invece assumere le proporzioni di un piano ben congegnato, per evitare ingerenze da parte di Parigi, o meglio e ufficialmente, della banca centrale stessa.

Qui si apre la partita politica

Con ogni probabilità questo è il segnale dell’inizio di una battaglia politica a bassa intensità, come quella che abbiamo visto tra IMF e El Salvador, dove le istituzioni internazionali (o meglio Parigi in questo caso) inizieranno ad instillare FUD e a far circolare preoccupazioni per quella che è effettivamente una manovra di indipendenza finanziaria del paese.

Tutto questo mentre le opposizioni stanno alzando la voce e hanno già promesso un ricorso alla Corte Costituzionale del paese al fine di bloccare la legge. Si apre pertanto un periodo relativamente complicato, per un paese che deve già fare i conti con una povertà endemica, con gli strascichi di una lunga guerra civile che continueranno a produrre i loro effetti ancora a lungo.

Bitcoin come strumento di affrancamento?

È un tema del quale, a nostro avviso, si è parlato troppo poco in occasione dell’arrivo di Bitcoin sulle sponde di El Salvador. Ovvero di quanto Bitcoin può offrire a tutti gli stati che non hanno nulla da perdere in senso monetario, dato che per l’appunto non hanno valuta propria e non hanno dunque neanche l’opportunità di trarre “guadagno” da politiche espansive, subendole soltanto.

Sarà un tema centrale dei prossimi anni e delle prossime adozioni, che purtroppo in pochi hanno deciso di discutere pubblicamente. Ci proveremo noi per primi, lanciando anche una sfida ai nostri lettori: credete che gli stati che si trovano in queste particolari condizioni riusciranno effettivamente a liberarsi dal gioco neo-coloniale tramite il ricorso a Bitcoin?

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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