Il popolare ex client di musica peer-to-peer, messo al bando nel 2010 da una sentenza del tribunale distrettuale di New York, starebbe rinascendo su tecnologia blockchain. A farsi carico degli oneri del caso Universal Music, etichetta di U2, Rolling Stones ed Elton John, solo per citarne alcuni.
Oneri ma anche tanti onori, per la label che nello scorso autunno è stata quotata in borsa ad Amsterdam: LimeWire, l’ex pirata discografico per eccellenza, tornerebbe in vita grazie agli sforzi di una delle tre più grandi industrie del settore. Questa volta in forma del tutto legale, e soprattutto sfruttando le opportunità offerte da NFT e Algorand.
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LimeWire è morto, lunga vita a LimeWire
Gli artisti controllati da UMG, Universal Music Group, potranno rilasciare NFT su LimeWire. Chi ha la passione per la musica e qualche lustro ormai sulle spalle, conoscerà senz’altro il servizio che permetteva la condivisione peer-to-peer di brani musicali, altrimenti coperti da inattaccabili diritti d’autore. Si trattava ovviamente di una pratica illegale, posta definitivamente al bando dal tribunale di New York con una sentenza del 2010.
Dietro alla cripto-svolta di LimeWire c’è una nutrita cordata di nomi, alcuni dei quali già noti nell’ambiente. Durante lo scorso anno, sarebbero stati raccolti più di 10 milioni di dollari per vendere il token $LMWR e finanziare così le nuove attività NFT-based da parte dell’ex-pirata.
A guidare l’operazione ci sarebbero Arrington Capital, GSR e Kraken Ventures, con la partecipazione tra gli altri di Crypto.com, Red Beard Ventures, e il produttore canadese deadmau5 col suo fondo 720Mau5.
Una super-band intenzionata a ridare vita a uno degli ex-nemici giurati di quella mostruosa macchina da soldi che è l’industria discografica a questi livelli. Al momento sappiamo che gli artisti a libro paga della UMG non venderanno NFT per contratto, ma lo faranno come libera iniziativa. Le release, in ogni caso, non si limiteranno a brani musicali, inediti, demo o qualsiasi altro feticcio sonoro tanto caro a fan e collezionisti di bootleg: la piattaforma rilascerà opere e sottoprodotti digitali dei musicisti ingaggiati sotto forma di non fungible token.
Musica, Algorand!
Quanto sopra non è una prima assoluta, in un contesto del genere: è notizia freschissima l’acquisto di Napster da parte di Algorand, tanto per cambiare. Aver messo a disposizione delle sette note la tecnologia blockchain è cosa gradita, e certamente porterà molte nuove possibilità di fruizione ai fan, non solo legate all’ascolto in senso stretto.
Poi, ovviamente, non possiamo esimerci da fare qualche distinguo del caso: la poco de e molto centralizzata criptovaluta in questione, a quanto pare, è in grado di offrire degli utilizzi effettivi e concreti, all’interno del suo ecosistema.
Un protocollo che non avrebbe bisogno quindi, di sparare a zero contro Bitcoin ogni qual volta se ne presenti l’occasione. Con Bitcoin espressione cristallina della de DeFi allo stato dell’arte, Algorand ha trovato la sua dimensione in un contesto fortemente centralizzato: le due realtà possono tranquillamente coesistere come mondi paralleli e distinti. Invece, in Algorand se la suonano e se la cantano in maniera piuttosto gratuita. Qualcuno, ai tempi, esplicitò il messaggio con esemplare arte della sintesi: Continua, continua a suonere!