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Criptovalute, il governo americano indaga sugli evasori

6 anni fa
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Negli Stati Uniti incomincia la caccia alla crypto evasione. In particolare, l’IRS (equivalente italiana di Equitalia) si è allarmata dopo aver scoperto sui social network che un gran numero di americani coinvolti nell’economia decentralizzata non ha intenzione di dichiarare i profitti ottenuti con il trading di criptovalute. Sfruttando l’anonimato che si può ottenere all’interno di una blockchain, molti contribuenti stanno infatti discutendo sulle community di quanto eviteranno di riconoscere alle casse federali americane.

La community parla troppo

Chi non ha intenzione di dichiarare dei profitti nella dichiarazione dei redditi, di solito, cerca di non farlo sapere a nessuno. Invece su Twitter e Reddit, in questi giorni, si moltiplicano le conversazioni che hanno in oggetto l’annuale rendiconto delle imposte da versare. Sono nati anche dei sondaggi interni a vari gruppi, in cui la maggioranza degli intervistati risponde che preferisce tenere per sé la parte di proventi che dovrebbe finire nelle casse dello Stato.

L’IRS è comunque attenta a quello che succede online, per cui chiunque abbia intenzione di provare a farla franca non potrà dormire rilassato. Si tratta della prima dichiarazione semi-ufficiale di un ente governativo che decide di mettersi tra i cittadini e l’anonimato promesso dai sistemi peer-to-peer. L’agenzia per la riscossione, comunque, ha di sicuro il coltello dalla parte del manico. L’anonimato delle transazioni in Bitcoin e altre criptovalute, infatti, è più volte stato messo in discussione. Se è vero che la blockchain è crittografata, è per lo più al di fuori di essa che chi evade lascia tracce del suo operato. Ed i social ne sono un chiaro esempio.

Le criptovalute aiutano davvero ad evadere?

Questa domanda è paradossale, dal momento in cui le criptovalute nascono come un sistema per rendere anonima qualsiasi transazione. Quello che molte persone non capiscono, tuttavia, è che la parte del processo in cui si è connessi alla blockchain ha un’influenza minima. Quando ci si connette ad un exchange e si apre un account, chi lo ha fatto lo sa, vengono richieste tutte le generalità ed una prova documentale della propria identità.

Anche quando si acquista online un hardware wallet, da un normale rivenditore, non si è protetti da anonimato. Pur provando a creare delle triangolazioni informatiche, un’agenzia governativa sarà sempre in grado di rintracciare l’identità dell’autore. Post sui social network, email e molto altro ancora sono comunque verificabili nel caso di indagine. Nascondere ogni prova di aver fatto trading di criptovalute è davvero molto difficile, ma soprattutto richiede delle competenze informatiche fuori dal comune. La maggior parte delle persone si limita ad utilizzare il web convenzionale per muovere i suoi primi passi in questo mondo, ed utilizza la sua carta di credito come strumento di pagamento associato alle transazioni da denaro fiat a crypto e viceversa.

Al di là di tutto, è evidente che pagare le tasse sia un dovere a cui non si può venire meno. Evadere è un furto ed un reato, ma anche coloro a cui queste cose non importano avranno vita difficile a farlo utilizzando le criptovalute.

Alessio Ippolito

Imprenditore digitale, autore e giornalista - mi occupo di business online dal 2008. Sono il founder della ALESSIO IPPOLITO S.R.L., società proprietaria della testata Criptovaluta.it e del noto giornale finanziario TradingOnline.com, di cui ne sono anche il direttore responsabile.

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