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Bitcoin: BAN mining a New York! | Ecco la verità che NON vi hanno raccontato!

2 anni fa
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Si è parlato molto negli ultimi giorni del ban del mining Bitcoin nello stato di New York. Un ban che però, come fosse passato di bocca in bocca attraverso il telefono senza fili con il quale si divertono i bambini, è stato raccontato da una parte di stampa in modo, almeno a nostro avviso, non veritiero.

È vero che New York ha preso una decisione piuttosto forte, è vero che questo porterà in molti a prendere baracche e burattini e muoversi altrove, ma non è un ban urbi et orbi, deve essere ancora firmato dal governatore e durerà ancora per 2 anni.

Il tutto, lo anticipiamo, con le operazioni di mining Bitcoin che non ne saranno impattate a livello globale. Potremo investire sul non-FUD con eTorovai qui per ottenere un conto di prova gratis con 100.000$ di capitale virtuale – intermediario che ci offre anche la possibilità di approcciarci a Bitcoin con strumenti più squisitamente finanziari.

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Ban Bitcoin mining: cos’è successo davvero a New York?

In realtà se ne parlava da tempo, ma è lo scorso 3 giugno che i legislatori locali hanno votato a favore della misura. In parole povere sarà negata la licenza a quelle centrali elettriche alimentate a fonti fossili che offrono la loro energia alle imprese di mining. Il tutto è desumibile anche senza avere una formazione approfondita sul diritto locale USA.

Per il periodo che inizia dalla data effettiva presente in questa sezione e con durata di due anni a partire dalla medesima data, il Dipartimento, dopo una consultazione con il Department of Public Service, non approverà nuove richieste e non rilascerà licenze per centrali elettriche che utilizzano combustibile fossile (carbon based) e che offre, parzialmente o totalmente, energia elettrica direttamente al contatore utilizzata da attività di mining che operano sistemi di autenticazione in proof of work per validare transazioni su blockchain.

Articolo al quale si aggiunge quello immediatamente successivo:

Per il periodo che inizia dalla data presente in questa sezione e che termina a due anni dalla medesima data, il Dipartimento non approverà richieste di rinnovo di un permesso esistente e non rilascerà rinnovi per le centrali elettriche che utilizzano combustibili fossili (carbon based) in parte o in tot, se l’energia è utilizzata da attività di mining di criptovalute che utilizzano metodi di autenticazione [SIC] in proof of work, se tale permesso richiede l’aumento dell’energia elettrica destinata a tale scopo.

In parole povere per chi è già operativo, non dovrebbero esserci restrizioni, a patto che non si tratti di centrali che richiedono nuove licenze o di centrali che vogliono aumentare la quantità di energia prodotta e/o offerta alle operazioni di mining.

Si tratta di qualcosa di marginalmente diverso da un ban totale, a nostro avviso correttamente inviso comunque alla community che circonda Bitcoin, ma comunque decisamente non in linea con quanto hanno raccontato molti giornali italiani.

Il ban non avrà ripercussioni sulla tenuta di Bitcoin, neanche alla lontana

Certo è che con restrizioni in vigore di questo tipo sicuramente non ci saranno nuove attività che cercheranno di stabilirsi nello stato, a meno di non voler avviare attività che si basano su energia rinnovabile al 100%.

È una vittoria? No, ma è comunque una sconfitta per lo stato di New York

Nel frattempo si sono già espressi molti esperti e anche lobby a tutela del mondo del mining. Per tutti, neanche a dirlo, non si tratta di qualcosa che metterà i bastoni tra le ruote alle operazioni di mining, ma di un’auto-mutilazione dello Stato di New York, che finirà così per allontanare anche chi aveva intenzione di operare in crescendo per quanto riguarda l’utilizzo di energia rinnovabile.

Poco male, aggiungiamo noi: gli USA abbondano di stati pronti a dare il benvenuto alle operazioni di mining, consci dell’importante impatto che possono avere proprio sulla diffusione di rinnovabili.

Quella di New York, e questa è opinione anche di chi vi scrive, è virtue signalling, come dicono gli americani, in purezza. Un atteggiamento di esasperata ostentazione di chi crede di essere dalla parte giusta della storia.

Una delle tante mattane ecologiste che invece di prendersi cura del problema vero, ovvero di come produciamo energia, sceglie un capro espiatorio comodo. Capro espiatorio che però in questo caso farà quello che ha sempre fatto: per la minima parte di mining presente nello stato di New York, con ogni probabilità si sposterà altrove.

Con una nota piuttosto comica, perché nello stato di New York i miner presenti utilizzerebbero già un mix superiore all’80% di energie rinnovabili.

Il sentiment delle regole a New York non solo interromperà le operazioni del mining Proof of Work basato su energie fossili, ma con ogni probabilità scoraggerà nuove operazioni di mining, basate su energie rinnovabili, nel medesimo stato. Questo a causa della possibilità concreta di ulteriori inasprimenti.

Questo è il commento di John Warren, che è CEO di GEM MINING, eco di quello che è un po’ il sentiment di tutte le persone coinvolte nel settore.

I nostri clienti hanno paura di investire nello Stato di New York. Dei 500 milioni che abbiamo investito per infrastruttura di mining, meno del 5% è andato nello Stato di New York a causa dell’ambiente politico poco favorevole.

Questo è invece il commento di Kevin Zhang, di Foundry, con i capitali che fanno capo alla società che probabilmente non finiranno più, neanche per un singolo dollaro, nello stato di New York.

Le conseguenze dell’amore… per il virtue signalling

La decisione avrà delle conseguenze, ma come abbiamo detto non per Bitcoin e per il mining che ne garantisce la sicurezza, ma piuttosto in termini economici per lo stato di New York. A quanto pare, secondo quanto è stato riportato da Perianne Boring, che è a capo della Camera del Commercio Digitale, anche i sindacati non sarebbero poi così soddisfatti della soluzione raggiunta.

Ci sono diversi sindacati che sono contro questa legge perché potrebbe avere delle conseguenze economiche serie. Le operazioni di mining Bitcoin offrono posti di lavoro di alto livello e con ottima paga, ottimi lavori per le comunità locali, con paghe medie di 80.000$.

Con il rischio aggiuntivo, secondo diversi commentatori, che la questione si replichi su scala… politica nazionale. Perché la questione sembrerebbe dividere in modo quasi netto gli stati a guida repubblicana da quelli a guida democratica, con il rischio di un effetto domino.

In realtà un rischio, aggiungiamo noi, che difficilmente avrà effetti: ci sono stati a guida repubblicana a sufficienza per ospitare le operazioni di mining. Pensiamo al Texas, o anche alla Florida, che sono però ad oggi ancora minoritari, almeno secondo gli ultimi dati di cui siamo in possesso.

Quanto del mining è ancora nello stato di New York?

In realtà è difficile dirlo, perché gli ultimi dati pubblici che sono stati diffusi da Foundry risalgono allo scorso ottobre. E 8 mesi nel mondo del mining Bitcoin equivalgono, metaforicamente, ad un’era geologica. E da ottobre ad oggi sono stati importanti gli investimenti nel settore, in particolare negli USA.

Ci sono diversi stati pronti a prendere il posto dello stato di New York

Secondo questi dati il 19,9% dell’hashrate complessivo degli USA si troverebbe nello stato di New York, il 18,7% in Kentucky e il 17,3% in Georgia. Seguirebbe poi il Texas con il 14%, percentuale destinata a salire in modo importante però, dato che molti miner si stanno spostando, appunto, in quello stato.

E dato che diversi stati stanno invece dandosi battaglia per attirare i miner invece di scacciarli, probabilmente delle quantità importanti di operazioni si sono spostate o si sposteranno anche in North Dakota (che può offrire molta energia a basso costo), ma anche nel democratico Kentucky, che al contrario di New York ha attivato leggi per attirare chi fa mining, addirittura abbassandogli le tasse. Se questa è l’aria che tira in Kentucky, probabilmente è assurdo anche parlare di potenziale effetto domino.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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