Iota Foundation e Dell hanno stretto un accordo per per monitorare in tempo reale la cosiddetta carbon footprint: sfruttando la tecnologia blockchain si otterrà una stima precisa dei gas serra emessi da un’azienda, da un prodotto o da un servizio.
In un periodo di forte sensibilizzazione verso riscaldamento globale e attenzione all’ambiente più in generale, l’eterna lotta Proof-of-Work VS Proof-of-Stake torna a polarizzare l’attenzione di istituzioni e addetti ai cipto-lavori. A raccogliere i frutti dell’operazione saranno le aziende clienti di Dell Technologies, che avranno a disposizione dati più precisi sul loro impatto ambientale.
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IOTA e Dell insieme: ecco perché
Il tema dell’impatto ambientale sta ossessionando istituzioni centrali a qualsiasi livello, con l’industria chiamata a ridurre le emissioni inquinanti in maniera significativa e in tempi brevissimi. Il secondario tuttavia non è l’unico settore chiamato in causa.
In questa nuova ottica green, servizi e soprattutto IT sono rivestiti di una responsabilità epocale: trovare soluzioni smart per rendere il pianeta un posto migliore, a partire da uno status quo straordinariamente complesso e quanto mai cementato.
La trasparenza e la fiducia nei dati sono fondamentali per affrontare le questioni globali del cambiamento climatico e per passare all’azione per il clima. Ora siamo in grado di tracciare e verificare i dati sui cambiamenti climatici e su come stiamo attivamente cercando di affrontarli a un livello mai raggiunto prima.
Queste le parole di Mathew Yarger, responsabile della sostenibilità di Iota Foundation, descrivono chiaramente l’impegno dell’azienda nella lotta al cambiamento climatico. Tramite una rete di sensori, in Iota si impegneranno a raccogliere dati che saranno poi dati in pasto ai potenti server Dell PowerEdge. Questi ultimi forniranno in tempo reale informazioni precise sulla cosiddetta carboon footprint. L’operazione risponde al nome Project Alvarium, e vede IOTA e Dell impegnate in sinergia sin dal 2019 e ora finalmente al punto cruciale della loro collaborazione.
Il punto sembrerà trito e ritrito – in particolare perché molte aziende del settore cripto ci puntano da tempo, ma quando la collaborazione è con un gigante delle proporzioni di Dell, sempre meglio rimanere in allerta e guardare cosa ne verrà fuori. Ovvero co i primi risultati del progetto Alvarium, concepito appunto nel 2019.
Cripto e sostenibilità: è questo il futuro del comparto?
Le aziende più reattive e soprattutto più green sono già all’opera per decarbonizzare il mondo, come in questo caso in cui la tecnologia blockchain è al centro delle vicende, e delle polemiche.
IOTA Foundation aveva già ricevuto i complimenti di CryptoNeur Foundation, che nel suo rapporto del mese scorso l’aveva definita come una delle reti più efficienti dal punto di vista energetico: IOTA avrebbe utilizzato una percentuale minima della potenza computazionale della rete Bitcoin, con valori quantificabili nello 0.000009%.
Una polemica che però dall’altro lato dobbiamo riconoscere anche per quello che è, ovvero una polemica stucchevole sui consumi di Bitcoin, che ora è sulla bocca anche del Fondo Monetario Internazionale, chiaramente pro CBDC anche per “motivi ambientali”. O meglio, apparentemente così, perché le questioni che girano a quei piani, ne abbiamo ormai certezza, sono molto, molto diverse.
Ieri ne abbiamo parlato con Matteo Navacci di Privacy Network – toccando anche il tema dell’ambientalismo di facciata che è poi ingranaggio di un più complesso attacco a Bitcoin. I progetti commercialmente validi, come IOTA, non hanno bisogno di tali peripezie logiche.