In Russia, per quanto meno importante e meno drammatico dei terribili fatti in Ucraina, si sta da tempo consumando un altro conflitto. A partecipare, come abbiamo già visto diverse volte su Criptovaluta.it, sono da un lato la Banca Centrale, dall’altra diversi ministeri. Motivo del contendere? Tutto quello che ruota intorno al mondo cripto, a partire dal mining, con la Banca Centrale che è notoriamente avversa a qualunque tipo di sviluppo.
Questo almeno fino a poche ore fa, quando sempre la stessa Banca Centrale ha fatto notare che sarebbe aperta ad una legalizzazione piena del mining, che pur nel paese ha comunque già diverse realtà operative, a patto che i Bitcoin che vengono così estratti vengano venduti all’estero.
Una mossa che in realtà avrebbe ripercussioni su diversi livelli e che segnala, se ce ne fosse il bisogno, quanto interessanti siano per la Russia in questo momento le forti valute estere, che nonostante le sanzioni sono ancora necessarie per alcuni tipi di acquisti sui mercati internazionali. Per un paese che, come è noto, ha a disposizione in realtà enormi quantità di energia, potrebbe trattarsi della proverbiale soluzione per prendere due piccioni con una fava.
La Banca Centrale Russa sarebbe pronta a cambiare definitivamente idea sul Mining Bitcoin. Dopo essersi espressa con toni non esattamente accomodanti in passato, ora si è detta invece aperta a soluzioni più morbide, a patto però che le società impegnate in questo settore vadano a vendere i propri coin all’estero. Questo con ogni probabilità all’interno di un progetto più ampio che, dietro la scusa di preservare l’economia russa, in realtà vuole sfruttare i miner per far entrare valuta pregiata nel paese. Ma procediamo con ordine per capire cosa c’è effettivamente in ballo.
Elvira Nabiullina, che è governatrice della Banca Centrale russa, si è detta aperta a possibili soluzioni, a patto che però tutto avvenga lontano dall’economia russa, così come aveva detto qualche settimana fa riguardo i pagamenti in Bitcoin e in criptovalute, possibili a patto che da e per l’estero.
Lo stesso dovrebbe essere valido anche per il mining di criptovalute, che riceverebba così il placet da parte della Banca Centrale, a patto che i miner si rivolgano alle piazze estere per vendere quanto ottenuto da queste attività. Cosa piuttosto difficile con il grosso delle banche russe che continuano ad essere sottoposte a sanzioni piuttosto importanti e con enormi difficoltà ad operare con l’estero, fatte salve la consegne di gas e di petrolio, che possono essere saldate senza grossi problemi.
La legalizzazione del mining si può discutere, ma con una serie di condizioni.
Condizioni che riguardano appunto una sorta di salvaguardia per il mercato interno, che nei desiderata della Banca Centrale mai dovrebbe venire a contatto con il mondo cripto.
Chi segue più di noi la politica russa ci racconta che dietro ogni dichiarazione in realtà ci sono intenti molto complessi da sintetizzare. Questa nuova eventuale apertura della Banca Centrale deve essere necessariamente intesa in questo senso, ovvero come strumento per acquisire valuta estera.
Sfruttando poi quelle enormi riserve di gas naturale e dunque di energia, che con il mining, nonostante condizioni di mercato non ideali potrebbe effettivamente essere uno degli impieghi più interessanti per le materie prime.
Dalla Russia però, lo sottolineiamo per i nostri lettori che potrebbero pensare di prendere posizione all’interno dei mercati seguendo quest’ultima notizia, arrivano smentite e conferme alla velocità della luce, per una partita che si sta giocando tra le più potenti istituzioni di Mosca e che continuerà ad essere incerta fino a quando non interverrà colui il quale in Russia è di fatto il capo dei capi.
Una situazione decisamente complessa, che probabilmente non avrà granché effetti sul mercato delle criptovalute ma che al tempo stesso segnala come in realtà ci sia molto di politico ormai nel mondo delle cripto. Che non possono essere ignorate anche da paesi impegnati in questioni all’apparenza molto più serie. Lo stesso lo vedremo accadere, con l’avvicinarsi delle elezioni politiche negli USA, anche a Washington.
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