All’elenco di nazioni che stanno cercando di regolamentare le criptovalute si è aggiunta, in questi giorni, l’India. L’anno scorso la banca centrale indiana aveva deciso di interrompere il dialogo con le società legate alle criptovalute operanti sul territorio, costringendo gli exchange ed i wallet online con sede in India a trasferire la sede altrove. Sorte che è toccata anche a ZebPay, la piattaforma di scambio tra criptovalute e denaro tradizionale più popolare della nazione.
Durante questo anno si è parlato a più riprese di una riforma per normare le monete decentralizzate nei confini nazionali. Anurag Agarwal, una personalità molto importante del governo indiano- segretario per il Minister of Corporate Affairs ed è amministratore delegato del più grande progetto governativo per l’informazione degli investitori-, nei giorni scorsi si è rivolto a Bitcoin definendolo “Schema Ponzi”.
Immediatamente la stampa ha dato eco alla dichiarazione, cominciando a fare supposizioni sul fatto che il governo indiano potrebbe mettere al bando le criptovalute. Lo stesso fondatore di ZebPay, però, ha risposto a questa ondata di notizie con alcune dichiarazioni molto importanti.
Ajeet Khurana è l’ideatore, il fondatore e l’amministratore delegato di ZebPay. Come per molti altri exchange, anche nel suo caso l’introduzione di nuove norme in materia crypto ha comportato notevoli cambiamenti in azienda. Dopo l’espulsione dello scorso anno, ZebPay ha trasferito la sua sede a Malta ed è arrivata ad essere presente in 120 mercati.
Ad oggi il mercato indiano rimane comunque determinante per questo exchange. Il fatto di aver trasferito la sede, infatti, non gli ha impedito di continuare ad operare con clienti indiani e di mantenere saldo il polso della situazione in questo mercato. Ajeet Khurana è anche stato più volte invitato al dialogo con le istituzioni, incontrando membri del governo e della Reserve Bank of India in diverse occasioni. Questi dialoghi a porte chiuse lo rendono senza dubbio una delle persone più autorevoli per potersi esprimere in merito alla situazione indiana, ed il suo incoraggiamento è stato significativo.
Il CEO di ZebPay si è espresso sulla situazione durante la presentazione dell’imminente lancio della sua azienda in Australia. Le sue dichiarazioni sono state sintetiche ma precise: nell’ultimo anno ha ascoltato a più riprese i dubbi legittimi dei regolatori indiani, ma non ha mai avuto l’impressione che tali dubbi potessero significare un divieto totale di commercializzare criptovalute in India. Si dice dunque ottimista sul fatto che non ci saranno leggi eccessivamente restrittive.
L’India è la quinta economia al mondo, nonché la seconda nazione più popolosa. Ma non è soltanto per questo che si tratta di un mercato importante per le criptovalute. La graduale espansione economica sta portando sempre più persone nella cosiddetta “classe media”, ma è una borghesia diversa da quella che siamo abituati a pensare in Occidente. Nell’India rurale, infatti, le banche sono pressoché inesistenti per la maggior parte dei risparmiatori privati. Tipicamente chi ha dei soldi da parte li conserva come credito telefonico, e le compagnie di telecomunicazioni nel subcontinente indiano svolgono molto spesso alcuni servizi tipicamente bancari.
Questo significa che l’India è un mercato abituato a ragionare in termini di pagamenti da smartphone, integrazione tra tecnologia e pagamenti e conservazione del valore su dispositivi elettronici. Sono tutte caratteristiche che rendono questo mercato molto affine ai termini in cui si ragiona nel mondo delle criptovalute, per cui sarebbe legittimo aspettarsi che -leggi permettendo- questa sia una delle prime nazioni ad adottare le crypto su larga scala nell’economia reale.
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