In questi ultimi giorni si è parlato molto del rapporto delicato tra criptovalute e governo degli Stati Uniti. Da una parte la tecnologia blockchain è diventata persino uno strumento per creare applicazioni con cui far votare i cittadini che non possono presentarsi al seggio per cause di forza maggiore; dall’altra parte, questa settimana la dichiarazione del deputato del Congresso Bradley Sherman, rilasciata giovedì scorso durante un’assemblea del Financial Services Committee, ha fatto molto discutere.
Sherman rappresenta i democratici californiani al Congresso. Non parliamo dunque di uno stato conservatore né di un partito conservatore, ma di uno degli uomini politici tra i più progressisti che teoricamente dovrebbero sedere al Congresso. Il fatto che Sherman abbia additato Bitcoin come “Schemza Ponzi” ha subito gettato delle ombre sull’eventuale bando delle criptovalute negli Stati Uniti. Sicuramente la copertura mediatica di questa notizia ha portato la fantasia a viaggiare oltre la realtà, ma certo è che bisogna tenere in conto questa posizione nel respiro più ampio di una possibile riforma.
A primo impatto è lecito pensare che dichiarazioni come quella di Sherman possano essere negative per il mercato delle criptovalute, dal momento in cui la domanda di monete virtuali da parte degli statunitensi potrebbe diminuire. Gli Stati Uniti rappresentano la più potente economia mondiale secondo tutti i principali studi (incluso quello di Focus Economics) ed il loro peso specifico sul settore non è da poco.
Tuttavia c’è almeno una voce autorevole fuori dal coro. Si tratta di Anthony “Pomp” Pompliano, che ha scritto un commento di tutt’altro tipo su un post del Off The Chain, una newsletter di cui Pompliano è l’immagine pubblica. In questo post emergono delle considerazioni molto interessanti sul rapporto tra politica americana e criptovalute, di cui riportiamo alcuni passaggi.
Prima di tutto, Pompliano sostiene che ben presto le autorità governative dovranno affrontare le grandi multinazionali che stanno lanciando le proprie criptovalute. Facebook, JP Morgan, VK.com e molte altre grandi realtà sono già al lavoro sulle proprie crittomonete e le persone hanno molta stima di questi brand. Secondo il ragionamento di Pompliano, uno scontro aperto tra brand come Facebook e governo degli Stati Uniti finirebbe con più persone a protendere dalla parte dei brand che utilizzano tutti i giorni.
In secondo luogo, molte nazioni come Cina e Russia stanno lavorando attivamente sull’implementazione e lo sviluppo di soluzioni crypto. Questo significa che gli USA si ritroverebbero in una posizione di svantaggio tecnologico e competitivo, cosa che non andrebbe molto a genio ai patrioti americani. In generale, poi, il poco amore che tanti cittadini provano verso il mondo istituzionale potrebbe spingerli a credere di più negli asset decentralizzati.
Sono sicuramente dichiarazioni interessanti, ma anche in aperto contrasto con un fatto abbastanza certo, ovvero che molte persone sarebbero comunque destinate a sposare la posizione governativa. Anche le aziende, in vista di una messa al bando del settore, potrebbero plausibilmente ripiegare su altri progetti anziché cercare lo scontro aperto con il governo. Sarà interessante osservare gli sviluppi del contesto, mentre per il momento tutta la nazione a stelle e strisce è più concentrata sul dialogo commerciale con la Cina.
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