La Polizia greca starebbe per catturare Ruja Ignatova, il volto al vertice del crypto-scam per eccellenza, quello di OneCoin. Secondo l’intelligence ellenica la Cryptoqueen sarebbe ancora nel Paese, dove si presume sia arrivata anni fa con un volo partito da Sofia.
Inserita dall’FBI nella lista dei dieci fuggitivi più ricercati al mondo, la quarantaduenne di origine bulgara sarebbe riuscita a frodare gli utenti caduti nella sua rete per 4 miliardi di dollari. Sulla sua testa pende una taglia di 100.000 dollari.
Di lei non si hanno più notizie dal 25 ottobre di 5 anni fa, data in cui si sarebbe imbarcata da Sofia con destinazione Atene. Da quel momento Ruja Ignatova ha fatto perdere le sue tracce, sulle quali i mastini di FBI, Europol e Interpol stanno impegnando uomini e mezzi dal 2017 senza esclusione di colpi. E per il momento, senza alcun risultato.
Nata da genitori rom di nazionalità bulgara, la nostra si laurea ad Oxford nel 2005, per poi diventare ricercatrice in diritto internazionale nell’ateneo di Costanza. La sua prima marachella risale al 2012, per un caso di frode che le è valso 14 mesi di reclusione con pena sospesa. La brillante carriera criminale la porta poco dopo a creare OneCoin, che avrebbe dovuto spazzare via Bitcoin e far piovere nelle tasche degli utenti enormi quantità di denaro.
Cifre che sono invece finite nelle tasche della Ignatova, che ha messo a punto un efficiente schema Ponzi per truffare gli ignari clienti che, wallet in mano, si sono resi ignari fautori del suo successo criminale.
Gli increduli investitori si sono svegliati nel momento in cui il caso è venuto a galla, rivelando dettagli che avrebbero dovuto suscitare almeno qualche di un dubbio ai più esperti di blockchain e criptovalute.
Tanto per cominciare, OneCoin non aveva né chain aperta né tantomeno un codice open source. Ciò significa che gli amministratori potevano mettere le mani sulle transazioni a loro piacimento, oltre a poter cambiare arbitrariamente il valore dell’asset in qualsiasi momento.
La società inoltre non presentava alcuna controparte sul mercato finanziario, il che ne rendeva impossibile il controllo da parte degli organismi preposti. La criptovaluta inoltre non era nemmeno spendibile al di fuori del suo circuito, né convertita in altri asset digitali. Tutte caratteristiche che avrebbero dovuto prefigurare ciò che poi si è realizzato: una truffa sotto l’egida delle DeFi senza precedenti, e siamo certi senza future repliche, almeno di tale portata.
Truffa comprovata di cui di tanto in tanto torniamo a parlare, con l’Europol che a maggio aveva offerto 5.000 euro di ricompensa per chi avesse fornito informazioni dettagliate sulla Cryptoqueen in fuga. Più di recente, l’FBI l’ha inserita nella lista dei 10 most wanted, e anche noi in quel caso eravamo sul pezzo.
Oggi invece fonti della Polizia ellenica vorrebbero il cerchio intorno a Ruja Ignatova quasi definitivamente stretto. Secondo EL.AS. la fuggitiva sarebbe ancora nel Paese, anche se una recente operazione speciale volta a catturarla ha fatto registrare l’ennesimo buco nell’acqua. Chiunque abbia sue notizie, è pregato di collaborare. Per la cattura la ricompensa è di 100.000 dollari. Da convertire in OneCoin (alle autorità in ascolto: stiamo scherzando).
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