L’Arabia Saudita rompe gli indugi e punta tutto sulle criptovalute. Nei piani del ricchissimo Stato Arabo ci sarebbe l’avvio di una regolamentazione dopo anni di ostracismo nei confronti del comparto.
Tra i motivi che hanno spinto la terra delle sacre moschee ad accelerare lo sviluppo di un’economia basata su crypto asset va annoverata l’iperattività dei vicini Emirati Arabi Uniti, che sempre con maggior convinzione si stanno configurando come snodo nevralgico per la DeFi internazionale.
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È tempo di regolamentazioni nel mondo arabo. Tempo di apertura a un comparto, quello delle criptovalute, che cresce nonostante l’attuale passo incerto dei mercati, e fino ad attrarre le attenzioni delle economie di tutto il mondo. Stiamo parlando di un’area geograficamente molto vasta, e in gran parte già avanti con i lavori.
Per alcuni aspetti molto più avanti delle avanzatissime democrazie occidentali, in cui al netto di umori altalenanti e prese di posizione solo di facciata liberali, il tema tiene banco da tempo immemore ingolfando l’agenda di candidati e catalizzando l’attenzione dell’opinione pubblica.
In uno scenario del genere, c’è chi lotta schierandosi pro o contro Bitcoin e criptovalute, e chi si arrende all’evidenza dei fatti. E i fatti parlano di giri d’affari che definire appetibili sarebbe un eufemismo. Ecco quindi che anche in Arabia Saudita, complice anche la concorrenza degli Emirati, le autorità hanno iniziato a prendere l’argomento sul serio.
L’ente regolatore locale ha individuato nella persona di Mohsen AlZahrani quella figura che dovrà studiare modalità, tempi e opportunità relative all’emissione di una valuta digitale riconducibile alla locale banca centrale. Saudi Central Bank aprirà alle criptovalute tout-court dopo anni di forti cautele o addirittura atteggiamenti di palese opposizione verso il comparto.
Senza necessità di dichiarazioni ufficiali, l’obiettivo è quello di muovere i primi passi verso la costituzione di un crypto hub in grado di tenere testa a quanto sta avvenendo nei vicini Emirati Arabi Uniti, area che ospita i più importanti crypto exchange e operatori di settore.
L’Arabia Saudita, forte di un’economia tra le più floride al mondo e prima nella vasta area del Medio Oriente, dimostra così che senza un’apertura a DeFi e crypto asset il rischio di perdere parte del vantaggio competitivo si fa reale.
A quanto ci è dato sapere, un forte stimolo ad aprire in questa direzione arriva non solo dallo sguardo volto appena fuori i propri confini. È l’orecchio interno uno dei principali artefici di quella che può a ragione essere considerata una svolta necessaria, per il Paese. Le tante imprese e realtà finanziarie locali starebbero chiedendo con sempre maggior insistenza l’apertura nei confronti di un comparto che nelle aride quanto ricche terre vicine trova sempre più punti di approdo e business.
A Riyad evidentemente non hanno più intenzione di stare a guardare exchange che vengono accolti a braccia aperte nella vicina Dubai, terra tutt’altro che insensibile all’enorme quantità di denaro in arrivo da metaverse e finanza decentralizzata, come dimostrano gli ingenti investimenti profusi dal governo locale.
Quella che viene definita la terra delle sacre moschee diventerà a breve anche terra di exchange, NFT e criptovalute? Nessuno può dirlo con certezza, ma siamo pronti a scommettere qualche Ethereum che in fatto di regolamentazione, peggio di quanto operato da Bruxelles sia quasi impossibile fare.
Con Medio Oriente e Stati Uniti che iniziano ad affilare le armi, nel vecchio continente rischiamo seriamente di venir tagliati fuori dai paradigmi che nel prossimo futuro caratterizzeranno economie e finanze di tutto il mondo.
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