Netflix dice no alle criptovalute nei suoi spazi pubblicitari. Il gigante delle serie TV in streaming, alle prese col recente e drastico calo di abbonati, corre ai ripari studiando pacchetti più economici che prevederebbero l’inserimento di annunci commerciali.
Annunci che però sarebbero preclusi a operatori del comparto, che condivideranno il divieto con gli omologhi del gioco d’azzardo. Previste restrizioni anche per prodotti farmaceutici e messaggi di natura politica. Ban dovuto anche a un quadro normativo incerto, con l’azienda californiana che aveva di recente promosso un’asta NFT di beneficienza, dimostrando al contrario fiducia nel comparto.
Qualcosa per il momento di inspiegabile, ma che in realtà segue una scelta diffusa nel mondo delle grandi aziende, che hanno ancora timore di offrire vetrine a progetti non affidabili.
Non sembrano trovare una risoluzione le controverse vicende che vedono protagoniste criptovalute e regolamentazioni di settore, col comparto editoriale mainstream a rendersi protagonista dell’ennesima circostanza dai contorni poco chiari.
È vero: il trading comporta rischi intrinsechi, giocare in borsa così come sulle piazze della DeFi è pericoloso, e l’opportunità di ingenti perdite è sempre dietro l’angolo. Giusto quindi bandire la pubblicità di prodotti o servizi di speculazione dai principali circuiti di informazione.
È altrettanto vero però che al comparto vanno ricondotti anche altri strumenti, e non tutti necessariamente votati a investimenti speculativi. È il caso ad esempio dei NFT, sui quali in precise circostanze si può anche scommettere. In tanti altri contesti però possono essere acquisiti (pagando così come gratuitamente) per le più disparate cause, e per godere di benefici di diversa natura.
Non vogliamo adesso produrci in uno sconfinato quanto poco utile elenco perché abbiamo una news da sviscerare. Ci limiteremo a citare un caso d’uso coerente con la notizia in questione. I Non Fungible Token possono essere ad esempio un asset da inserire nel proprio wallet in occasione di iniziative a supporto dei più bisognosi.
Andando a pescare nel mucchio, ecco spuntare Netflix che, sull’onda del grande successo riscosso da Straordinary Attorney Woo, ha lanciato una raccolta fondi di beneficienza in favore di quanti devono fare i conti con l’autismo. Doppio successo in terra asiatica, con la serie non in lingua inglese più vista in Corea che ha dato l’incipit a un’opera di sensibilizzazione (e finanziamento) alla quale vanno riconosciuti gli onori del caso.
Onori che di regola vanno a braccetto con gli immancabili oneri: Netflix, che aveva fatto leva su tecnologie derivate dalla blockchain per incassare e partecipare a una giusta causa, si ritrova oggi a (dover?) demonizzare il comparto, escludendolo dai possibili partner commerciali.
Il recente calo di abbonati è sotto gli occhi di tutti, una situazione a cui dalle parti di Los Gatos stanno cercando di far fronte con lo studio di nuovi pacchetti. L’abbonamento base sarà più economico, ma conterrà degli annunci pubblicitari.
Questa in sintesi la strategia con la quale il colosso di film e serie TV in streaming sta tentando di arginare l’emorragia, prevedendo così di recuperare utenti e parte degli introiti andati recentemente in fumo: secondo fonti attendibili, la piattaforma avrebbe perso circa un milione di utenti soprattutto in America, Canada ed Europa.
Mercati troppo importanti per essere lasciati nelle mani della concorrenza, e mercati guarda caso alle prese con autorità, soprattutto nel vecchio continente, protagoniste di tentativi di regolamentazione non sempre lineari e coerenti con sé stessi.
Un quadro che al di là delle vigenti normative sui messaggi pubblicitari genera incertezza ai piani alti delle aziende che operano nel settore dell’intrattenimento, e che nel dubbio preferiscono puntare su regioni dall’atteggiamento più aperto sia a livello normativo che commerciale.
Che sia soltanto un problema ancora legato all’assenza di regolamentazioni che possano spazzare via certi attori? Questa è ad esempio l’opinione di Christen Ager-Hanssen, che abbiamo intervistato proprio ieri sui nostri canali YouTube.
Anche se non relativamente a Netflix, è stata chiara la posizione in relazione alle regolamentazioni necessarie, da parte del magnate norvegese, affinché più business legitimate si aprano a questo settore, in particolare dal lato commerciale.
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