Colpo di scena, verrebbe da dire. Perché a schierarsi in prima fila in una battaglia contro nientepopodimeno che il Treasury Department è il più istituzionale, il più ingessato e il più incravattato degli exchange. Quello che nell’underground dei duri e puri è da tempo che piace poco.
Questa volta però l’operazione simpatia per i fan più “estremi” del mondo cripto potrebbe andare a buon fine, perché Coinbase ha appunto deciso di finanziare direttamente la causa legale intentata da sei utenti verso l’agenzia governativa USA che ha bandito Tornado Cash, inserendolo in una black list foriera di problemi legali per chiunque decida di venirci a contatto.
Sarà per l’appunto Coinbase a fare da bankroll, per dirlo all’americana, per la costosa causa legale che vedrà sei utenti contrapposti ad uno dei “ministeri” più potenti degli States, che pensava di potersi proteggere anche dalle discussioni di carattere pubblico grazie allo scudo della lotta al riciclaggio e al terrorismo. E invece eccoci qui a raccontarvi dell’exchange di Brian Armstrong che ha deciso di combattere in prima fila una guerra che non attiene soltanto al mondo delle cripto, ma più in generale al modello che vogliamo utilizzare per organizzare le società in cui viviamo.
La lotta è di quelle importanti, perché riguarda uno dei casi più spinosi della storia delle cripto, ovvero il ban americano e il conseguente inserimento in blacklist del mixer Tornado Cash, che da subito negli States, dove le libertà fondamentali si discutono da sempre con un certo fervore, ha acceso un dibattito senza esclusione di colpi.
Un dibattito che ha visto salire in cattedra anche i più importanti operatori e i più importanti influencer del pur variegato mondo delle criptovalute, di Ethereum e di Bitcoin, con posizioni da subito radicalmente divise tra chi punta alla sicurezza e chi alla libertà, spesso con i primi che in realtà stanno puntando tutte le loro fiches su una partita che li darà inevitabilmente per sconfitti.
Detto questo, c’è quanto è stato annunciato da Coinbase. Il gruppo si farà carico delle spese legali per la causa avviata da sei utenti, che vogliono portare sul banco degli imputati proprio il Dipartimento del Tesoro USA, che è responsabile per la decisione che tanto ha agitato gli appassionati di cripto. Una decisione che mette in primissima linea l’exchange di Brian Armstrong che pur viene da un anno non entusiasmante sui mercati e del quale si è parlato più per la gran quantità di valore persa dalle sue azioni che per altro.
Un exchange che tra le altre cose è forse il meno apprezzato nello stesso underground che si sta battendo vigorosamente a difesa della libertà di usare Tornado Cash. Una sorta di plot twist di quelli che rendono lo spazio cripto sempre interessante e sempre degno di nota.
È parte di un problema molto più grande. Lo vediamo [il ban, NDR] come un pericoloso precedente.
Questo il commento del Chief Legal Officer di Coinbase, al secolo Paul Grewal, che senza mezzi termini ha indicato quello che è il sentiment interno all’azienda. Un sentiment che, per chi segue Criptovaluta.it non dovrebbe essere un mistero, è lo stesso di chi vi scrive.
Sarebbe il caso per tanti che credevano che alla fin fine tutto è valido per fermare qualche criminale di ripensare la propria posizione. O quantomeno di perdere qualche minuto a valutare anche quella del fronte opposto, dato che ad opporsi non è un’associazione di frontiera come EFF, ma un exchange che è quotato in borsa e che dallo schierarsi così apertamente contro il Dipartimento del Tesoro ha molto da perdere anche in termini di reputazione.
Per noi un buon segnale di vitalità anche per la capacità del mondo cripto istituzionale di fare lobbying. Qualcosa di cui si avrebbe spesso disperatamente bisogno. Anche per limitare lo strapotere di agenzie governative che con la scusa della lotta al riciclaggio possono fare il bello e il cattivo tempo nella vita di ogni onesto cittadino.
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