L’Unione Europea ricorre alla blockchain nell’eterna lotta alla contraffazione di marchi e prodotti comunitari. Un complesso sistema di tracciamento e certificazione garantirà l’originalità dei manufatti che nascono negli Stati membri.
L’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale è al lavoro a un complesso progetto basato su blockchain che dovrebbe definitivamente eliminare la piaga dei marchi contraffatti. Prevista per il 2023, la piattaforma presenta ancora dei problemi tecnici da risolvere. E intanto Bruxelles è ancora a caccia di cervelli che possano aiutare a capire come attuare il MiCa.
Una situazione che ha del paradossale ma che dimostra anche come in realtà sia impossibile ignorare queste tecnologie, e che certi governi continueranno a combatterne l’aspetto più libero, pur cercando di sfruttarne le potenzialità.
L’UE vuole la blockchain per combattere la contraffazione
Chi di crypto ferisce… no, non era proprio così, ma prendiamo in prestito l’antico adagio per adattarlo alla narrazione. E ci prendiamo pure il lusso di modificarlo. Tanto non sta su blockchain, è facile cambiare una virgola e appropriarcene. Per poi rivenderlo, a voi lettori, sotto nostro marchio. Creativi o contraffattori?
Di portata e importanza ben più ampie invece, il problema con cui l’Unione Europea si ritrova a fare i conti sin dalla sua nascita. La contraffazione di marchi e prodotti è una piaga che affligge le nostre economie per danni quantificabili in miliardi di eurodollari, e per la cui soluzione Bruxelles mutua le tecnologie provenienti da DeFi e criptovalute, per l’occasione preziose alleate.
Fatte le debite proporzioni, le dinamiche sono simili: così come noi non possiamo certificare proprietà e unicità di un peraltro blando gioco di parole, allo stesso modo le vittime di contraffazione poco possono contro un marchio, plagiato si, ma alla perfezione. Le vie legali non sempre garantiscono un risultato in tempi accettabili. La blockchain invece, si. A patto di trovare un team di esperti in grado di lavorarci su, magari lo stesso team che Bruxelles vorrebbe per poter attuare il MiCa una volta per tutte?
No, non è lo stesso. Quello ancora latita, mentre i professionisti impegnati nella lotta alla contraffazione esistono, e arrivano dall’Ufficio dell’Unione Europea per la proprietà intellettuale (EUIPO). Dopo ingenti sforzi il team ha ideato un’architettura basata su NFT e blockchain in grado di dimostrare l’autenticità dei prodotti senza possibilità di manomissioni esterne.
I titolari dei diritti intellettuali, ossia le organizzazioni a cui ricondurre univocamente il prodotto, dovrebbero preventivamente accreditarsi sulla rete emettendo twin NFT, che andrebbero così ad autenticare l’oggetto o il lotto. La piattaforma andrebbe così a tracciare l’intera filiera del manufatto, dallo stabilimento di produzione al punto vendita.
Quello che accade dopo, un eventuale mercato secondario o magari un contesto collezionistico, è ancora terra di nessuno. Eppure la tecnologia per proteggere marchi e prodotti anche nel loro eventuale secondo ciclo di vita esiste, arriva dal mondo del collezionismo di lusso ed e ovviamente basata su chain: magari potrebbe essere adottata dal progetto a cui sta lavorando EUIPO, pur solo sul piano concettuale.
La quadra è concettuale o pratica?
Perché sul piano concettuale? Sarebbe lodevole proteggere i prodotti comunitari anche sui mercati secondari, magari non per garantire un doppio guadagno alle aziende, cosa peraltro di discutibile gusto, ma per offrire a collezionisti e privati uno strumento di protezione in più.
Rimaniamo sul concettuale inoltre perché non sappiamo se le due soluzioni siano compatibili: le donne e gli uomini in forza all’EUIPO hanno ancora diversi nodi da sciogliere sul piano tecnico. Il goal è fissato per fine 2023, data prevista per la piena operatività del sistema, e di cose da fare ce ne sono ancora diverse.
Rimane da capire ad esempio come raggruppare tutti i soggetti della filiera in un unico registro, a sua volta ancora lontano dal nascere. Secondo problema, la compatibilità: oltre che con la nostra idea (semmai qualcuno a Bruxelles dovesse leggerci come amici), il sistema dovrebbe essere compatibile con atri sistemi di tracciamento e monitoraggio già in uso.
Per Bruxelles c’è Blockchain e Blockchain
Sistemi in larga parte basati su blockchain, a loro volta diverse. Un bel problema da risolvere, con l’Unione Europea nel frattempo impegnata in tentativi di regolamentazione non sempre ben visti anche da organizzazioni vicine a Bruxelles, a dimostrazione di quanto caotico sia l’ambiente nel quale quelli all’EUIPO sono costretti a muoversi.
Con ricorsivi (e inutili) tentativi di ban ai danni di Bitcoin e criptovalute, mascherati peraltro con le sembianze del buon padre di famiglia, il carrozzone europeo si sta mangiando il vantaggio competitivo che i cervelli comunitari potrebbero garantire a tutta l’Unione.
Progetto come VECHAIN !
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