La Banca Centrale Europea è intervenuta sulla questione criptovalute con un paper dettagliato, che spiega l’atteggiamento della massima autorità europea in termini monetari.
Il resoconto presenta diverse analisi da parte dei tecnici e dei specialisti della BCE, con un particolare accento sull’impatto che Bitcoin e tanti altri cryptocoin potrebbero avere sulle politiche monetarie dell’istituto e sul futuro economico dell’Europa.
Il paper arriva a dirimere questioni rimaste aperte fino ad oggi in Europa, continente che al contrario di Asia e America ha sempre mostrato, almeno a livello istituzionale, un interesse estremamente tiepido per queste tecnologie.
La BCE inizia la sua disamina indicando come limitato l’utilizzo come mezzo di scambio di valori che si farebbe, al momento, delle criptovalute. “Soltanto una piccolissima percentuale delle attività commerciali accetta criptovalute”, ha affermato perentoriamente la BCE – non senza una parte di merito – indicando nella volatilità una della principali cause della scarsa adozione in ambito commerciale delle criptovalute stesse.
La BCE ha anche indicato come motivo di preoccupazione l’assenza di banche centrali e autorità monetarie che siano in grado di consolidare il valore delle principali criptovalute. Una sorta di remark lapalissiano da parte della BCE, dato che appunto il grosso delle criptovalute sono nate per evitare il controllo da parte di un’autorità centrale.
Ancora una volta – forse un po’ stancamente – la principale banca centrale d’Europa torna sul tema della volatilità, additandone appunto le cause all’assenza di controllo centrale.
Discorso soltanto parzialmente diverso per quanto riguarda i cosiddetti stable coin, quelle criptovalute che vedono il loro valore ancorato ad una fiat money di riferimento.
In quel caso la BCE ha indicato una necessità di controllo da parte della stessa e di vigilanza per gli utilizzi che se ne andranno a fare.
Mario Draghi, presidente della BCE, era intervenuto sullo stesso tema soltanto qualche settimana fa, sottolineando come almeno per il momento le criptovalute fossero ancora degli asset finanziari e non una valuta.
L’Europa continua dunque, attraverso le sue principali autorità, ad ignorare l’elefante nella cristalleria, un elefante che potrebbe, negli anni, cambiare per sempre il nostro modo di approcciarci al denaro e agli scambi di valore.
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