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Bitcoin alla prova del merge | Michael Saylor difende i consumi del mining

2 anni fa
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In una giornata che sarà dominata dal Merge di Ethereum che si è appena concluso, c’è anche spazio ovviamente per parlare di impatto energetico della Proof of Work, uno dei vettori di attacco più comuni, a livello politico, nei confronti di Bitcoin.

Tema che come abbiamo scritto più volte su queste pagine è in realtà grandemente ingigantito e molto raramente discusso con la serietà che meriterebbe. Cosa che ha mandato su tutte le furie anche Michael Saylor, che rimane uno dei più importanti investitori al mondo per quanto riguarda $BTC a livello enterprise. E che sta animando da tempo anche il Council che sta spingendo Bitcoin verso fonti più green in termini energetici.

Una difesa di Bitcoin probabilmente utile in termini di dibattito pubblico e che contribuirà alla sua normalizzazione. Una normalizzazione che sul breve e lungo periodo avrà degli effetti comunque positivi su $BTC. E possiamo investirci con eTorovai qui per ottenere il conto virtuale gratuito con il top degli strumenti di TRADING PREMIUM – intermediario che ci consente di investire su 78+ cripto asset e anche sul re del comparto come se fosse un puro asset finanziario.

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Michael Saylor difende i consumi di Bitcoin

Non è la prima volta che lo fa ed è più che ragionevole che lo faccia, vuoi perché la sua azienda ha un’enorme esposizione verso Bitcoin, vuoi perché la discussione sui consumi di $BTC per il mining troppo spesso assume dei toni al limite del demenziale, con agende di terzi che vorrebbero sempre rappresentare un mondo che in realtà non esiste, così da togliersi una volta per tutte dai piedi questo temibile concorrente al sistema monetario tradizionale e controllato dalla politica.

Bitcoin non ha bisogno della Proof of Stake – e il mining NON È un problema

Tra i vettori di attacco più comuni, attacchi che si sono moltiplicati anche in occasione del Merge di Ethereum, quello appunto energetico, con Bitcoin che rimane fieramente (e intelligentemente) legato alla sua Proof of Work. E con Michael Saylor che al culmine della demenzialità e del doppiopesismo delle discussioni pubbliche ha pensato bene di pubblicare qualcosa, prima attraverso il suo account Twitter, poi con un post su suo sito personale.

Dato l’enorme volume di disinformazione e propaganda che sta circolando ultimamente, ho pensato che fosse importante condividere la verità riguardo il Mining di Bitcoin e l’ambiente.

Un lungo post sul sito ufficiale del magnate che offre dei punti interessanti (e altri meno) sul complesso rapporto tra Bitcoin e consumo energetico.

  • Il tipo di energia utilizzata da Bitcoin

Bitcoin utilizzerebbe energia in eccesso, in luoghi dove non c’è domanda concorrente e in orari del giorno in cui nessun altro ha bisogno di quella elettricità. Questa è un’affermazione tutto sommato vera per la larga parte del mining di livello industriale, che ad oggi occupa una percentuale molto rilevante dell’intero settore. È un punto che in molti, in particolare tra i detrattori di Bitcoin, non sembrano aver ben compreso.

  • Bitcoin contro le altre industrie

Bitcoin sta diventando molto rapidamente un’industria green e secondo i dati che sono stati raccolti da Michael Saylor, in realtà già quasi il 60% dell’energia utilizzata sarebbe rinnovabile o green. Non ci sono industrie che possono vantare percentuali del genere. E con il tempo il network di Bitcoin diventerà sempre più solido in questo senso. Anche questo è un punto difficile da contestare dati alla mano e del quale i detrattori del mining Bitcoin fanno a meno di parlare.

  • La creazione di valore di Bitcoin contro l’energia utilizzata

Questo è forse l’argomento più scivoloso di quelli utilizzati da Michael Saylor. E proveremo a spiegare perché. Saylor sostiene che il valore creato da Bitcoin sia più alto del suo consumo energetico. E questo è lapalissiano perché ci sono miner che acquistano energia e che la utilizzano per sostenere il network di Bitcoin.

Tuttavia c’è un altro aspetto di questo punto che andrebbe discusso: ammettere l’esistenza di questo tipo di paragone vuol dire giocare una partita impostata da altri, ovvero da coloro i quali vogliono una giustificazione di tale consumo energetico. La risposta più intelligente, almeno ad avviso di chi vi sta scrivendo, sarebbe dire che non è interesse di alcuno, se non di chi paga quell’energia, decidere come venga utilizzata. Scegliendo di combattere anche su questo campo si sceglie il framework di dibattito impostato da altri. No, i miner non devono giustificare alcunché ad alcuno, almeno finché questi pagheranno per conto proprio l’energia che utilizzano.

Un tema che rimarrà caldo

Il tema, in particolare con il passaggio di Ethereum alla Proof of Stake, e con le spinte in tal senso di gruppi di interesse come Greenpeace rimarrà decisamente caldo.

Il nostro invito per chi vuole partecipare al dibattito è quello di informarsi e di discutere di cose concrete, cercando almeno per una volta di evitare schieramenti tribali che non fanno fare bella figura all’intelligenza di chi vi partecipa. I punti di Michael Saylor sono quelli da cui partire, perché supportati da dati e scienza. Poi chi vuole discutere di fantasie per coprire agende politiche, potrà anche accomodarsi altrove.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

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