La musica è finita, gli amici se ne vanno e si spengono le GPU. Il Merge di Ethereum avvenuto oggi avrà come ulteriore conseguenza quella dell’obsolescenza, sebbene programmata, di tonnellate di hardware che fino a poco prima di questa mattina minavano, ovvero contribuivano alla salute del network di Ethereum ricevendone in cambio un guadagno.
Con tutto questo ben di Dio informatico tra le mani, in molti tra i miner stanno cercando di accasarsi altrove, alla ricerca disperata di un profitto che, almeno sui livelli di Ethereum, non potrà più essere ottenuto, almeno sul breve periodo. E sono anche tanti tra i piccoli a cercare appunto soddisfazione, magari con una o più schede video che si possono donare a qualche nuova causa.
Qui abbiamo deciso di riassumere quali sono i progetti che i miner stanno scegliendo, analizzandone pro e contro quasi esclusivamente dalla prospettiva del mining, ma non solo di breve periodo, ma anche possibilmente di medio e lungo, per quanto in realtà saltare di network in network sia relativamente facile per chi ha hardware a disposizione.
L’idea è quella di guardarci intorno alla ricerca di criptovalute per le quali si può fare mining utilizzando grossomodo la stessa quantità e qualità di hardware che magari avevamo impegnato per Ethereum. Hardware che non può più essere utilizzato dopo il passaggio di Ethereum con il merge alla Proof of Stake. Di alternative ce ne sono in realtà diverse, alcune delle quali già gettonate dai miner nonostante rendimenti sul breve che si sono fatti già negativi.
È stato forse quello di cui si è chiacchierato di più negli ultimi giorni e anche uno di quelli che è cresciuto maggiormente in termini di mining hashrate nelle ultime giornate che hanno accompagnato Ethereum verso l’ultima delle sue evoluzioni.
L’ultimo dei balzi è stato intorno al 500%, segno che in realtà già in molti si sono mossi in questo senso e che Ravencoin** si è dimostrata per diversi la criptovaluta più conveniente da minare oggi.
Quali sono le caratteristiche odi Ravencoin? Può essere estratto con un kawpowminer e dunque possiamo mettere a disposizione la nostra GPU, facendo grosso modo quello che facevamo su Ethereum. Il progetto tuttavia manca di trazione, almeno per il momento, con transiti e transazioni non eccellenti in termini di volumi.
Il problema: secondo i calcoli fatti con Minerstat saremmo in perdita con una scheda anche relativamente efficiente. Per ora? Chissà. Sulle dinamiche che potrebbero portare in equilibrio tali sistemi.
Ethereum Classic è il protocollo ex-gemello di Ethereum, con una scissione che avvenne ai tempi dello scandalo DAO. Ethereum Classic sarebbe tecnicamente la chain rimasta fedele alla vecchia chain, e anche in questo caso ha fatto una scelta conservatrice, cosa che gli ha permesso di rimanere in Proof of Work. Qui possiamo far lavorare anche schede con RAM inferiore ai 4GB, cosa che non era possibile fare su Ethereum.
Anche qui però, almeno con i costi dell’energia in Italia, difficile andare in profitto. Dopotutto vale comunque la legge di base del mercato, ovvero che se fosse stato conveniente rispetto ad Ethereum, i miner si sarebbero già trasferiti da quelle parti.
Anche qui comunque grandissimo balzo in avanti, di oltre 5 volte il totale. A segnalare come tanti miner si sia già “rilocati” presso un usato relativamente sicuro ma non conveniente per tutti.
Altri, sempre a caccia di novità e di alternative che possono aiutare a sbarcare il lunario hanno preso a parlare di Firo negli ultimi giorni, un progetto molto particolare, nato con una relativa attenzione al tema della privacy. Anche qui per iniziare a fare mining non ci vuole granché, soprattutto se siamo abituati a farlo su Ethereum. Potremo ad esempio continuare ad usare T-Rex con schede NVIDIA oppure SRBMiner-Multi se abbiamo schede AMD. Ci sono poi diverse pool che ci permettono di partecipare ad uno sforzo collettivo.
Ad ogni modo tornano i problemi di cui sopra: ovvero il problemi legati alla sostenibilità economica, in particolare in Italia, di questo tipo di operazioni su coin che tutto sommato non sono poi così ricercati dal mercato. E su network che per il momento non sembrano avere molta trazione (e che dunque difficilmente faranno ulteriori balzi in avanti in futuro).
Ovvero il progetto che è stato avviato da un misterioso gruppo di scissionisti e del quale abbiamo già parlato abbondantemente su queste pagine. L’idea sarebbe quella di procedere ad un fork di Ethereum a strettissimo giro di posta e avere una chain che continui ad avere un meccanismo di consenso in Proof of Work.
Idea per molti da bocciare in partenza, ma che nonostante gli strali sta partendo proprio in queste ore, avendo avviato anche delle mining pool. Al progetto sono state progressivamente accostate personalità molto conosciute in ambito cripto, ma ciò probabilmente non basterà per avere una rete che recuperi l’enorme gap con l’Ethereum originale.
Difficile fare adesso, in assenza di altri tipi di dati, altri tipi di calcoli. Qualcosa sul quale dovremo tornare a stretto giro di posta, ammesso che il progetto prenda effettivamente piede.
È da tempo che si sente parlare di Ergo. Una piattaforma che è nata ormai da qualche tempo e che presenta una struttura almeno in termini di tokenomics piuttosto interessante, con l’allocazione che favorisce il pubblico.
Anche qui però si sono verificati gli stessi meccanismi che abbiamo visto all’opera con tutti o quasi i progetti che abbiamo presentato poco sopra: ovvero quasi impossibilità di essere in profitto con i costi dell’energia italiani (anche pre-crisi) e difficoltà anche di valutare quanto il progetto potrà svilupparsi in futuro.
Per i miner, almeno per il momento, sembrerebbe essere un salto nel buio totale, con qualche passaggio che pare almeno a nostro avviso un tantino azzardato e con la possibilità che in molti tornino sui loro passi. Ci sono diverse questioni sul tavolo che andranno valutate prima di fare una scelta definitiva o quasi.
E intendiamo principalmente in termini di trazione che potranno avere presso il grande pubblico. Nessuno di questi per il momento è una chain molto utilizzata e sarà difficile imbarcare nuovi utenti semplicemente perché si ha tanta potenza di calcolo in più.
Saranno anche questi problemi che i miner, almeno quelli domestici, dovranno decidersi ad affrontare. Chi non ha fonti energetiche particolari, chi non può contare in alcun modo su impianti propri, si troverà nella condizione di dover probabilmente spegnere le proprie macchine.
Con tutta questa potenza di calcolo, che valeva prima del merge il 95% del settore altcoin, ci vorrà del tempo per trovare un punto di equilibrio, con le corse incredibili al rialzo degli hashrate che saranno probabilmente da rivalutare tra qualche tempo, perché per l’appunto non tutti avranno ancora convenienza a fare mining e dunque spegneranno le proprie macchine e con altrettanta probabilità venderanno l’hardware.
Con una buona notizia per chi è appassionato di gaming. Con ogni probabilità infatti ci sarà un’ondata importante di hardware potente e relativamente a buon mercato che finirà sulla piazza. Con la possibilità di fare affari, anche se lontani dal mondo delle criptovalute.
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