Un giudice israeliano ha definito, in una recente sentenza, Bitcoin un “asset finanziario e non una valuta”, come riporta Globes, testata locale israeliana.
La sentenza è di quelle che possono diventare particolarmente significative, in quanto – in Israele – da questo momento in poi tutti i guadagni che vengono conseguiti tramite appunto criptovalute simili a Bitcoin dovranno essere tassati allo stesso identico modo dei titoli finanziari.
Il caso riguardava Noam Copel, noto nel mondo delle criptovalute e della blockchain per aver fondato la startup DAV, che ha venduto nel 2011 Bitcoin acquistati nel 2011, portando a casa un profitto di quasi 3 milioni di dollari.
Noam Copel ha provato a sostenere la tesi secondo la quale Bitcoin dovrebbe essere assimilato ad una valuta straniera e pertanto, secondo la legge israeliana, non tassato allo stesso modo dei proventi da attività finanziarie.
ITA – l’autorità fiscale israeliana – ha però contraddetto questa tesi, portando appunto in causa Noam Copel al fine di riscuotere quanto dovuto sul profitto conseguito dal trader.
Shmuel Bornstein, giudice per la causa, ha indicato nelle motivazioni della sentenza l’incapacità di Coppel di dimostrare che Bitcoin soddisfi i requisiti insiti in una valuta e che sia possibile utilizzarlo come sostituto completo delle valute fiat, almeno al momento della vendita, ovvero 6 anni fa.
Il giudice ha inoltre sottolineato che le cose potrebbero cambiare per il presente e per il futuro, ma di essersi dovuto attenere a quella che era la situazione verificatasi appunto durante la vendita, ovvero nel 2013.
La sentenza ha obbligato pertanto Copel a pagare 830.000 dollari circa di tasse, a meno che appunto non decida di ricorrere alla Corte Suprema d’Israele.
Vale, allo scopo di una maggiore comprensione, la pena ricordare che Israele è stato uno dei primi paesi a dotarsi di linee guida che riguardano le interazioni tra fisco e criptovalute, avendo un documento che indica il framework entro il quale muoversi già da febbraio 2018.
Altri paesi si stanno muovendo – come nel caso degli Stati Uniti – per implementare un nucleo di regole che faccia finalmente chiarezza su come ci si dovrà comportare con i profitti conseguiti con il trading di criptovalute.
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