L’esposizione degli istituti bancari nei confronti di Bitcoin e criptovalute cresce, almeno stando ai dati che sono stati riportati dal Basel Committee on Banking Supervision, che ha recentemente pubblicato un lungo approfondimento sulla stabilità dei gruppi bancari internazionali, all’interno del quale si è anche occupato di analizzare in quanti istituti e per quali somme sono esposti verso il mondo cripto.
Con qualche sorpresa, più che per la quantità delle allocazioni per la qualità, perché oltre Bitcoin ci sono diverse scelte che forse in pochi tra i nostri lettori avrebbero anche soltanto immaginato. Nel complesso una situazione che appare come una sorta di cammino verso la normalizzazione dell’intero settore. Un settore che ormai riveste il ruolo di nuova categoria di asset, per quanto di rischio.
Un buon segnale per il comparto in particolare sul medio e sul lungo periodo, un comparto sul quale possiamo anche investire con la piattaforma sicura Capital.com – vai qui per ottenere un conto virtuale gratuito con INTELLIGENZA ARTIFICIALE incorporata – intermediario che ci permette di investire sui migliori asset cripto, dato che ne ha già inclusi 140+ a listino.
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I dati che son ostati inclusi all’interno del report del comitato di Basilea sono molto interessanti, per quanto in realtà siano parziali dato che non coinvolgono tutte le banche, ma soltanto quelle che vi hanno voluto prendere parte, all’interno di un nuovo framework che si occuperà di monitorare anche l’esposizione degli istituti verso Bitcoin o anche verso le altre cripto.
Bitcoin è ovviamente in testa con investimenti del 31% del monte totale in via diretta e del 25% tramite strumenti che ne replicano l’andamento. Segue poi Ethereum con il 22% di investimenti diretti e il 10% tramite strumenti finanziari. Siamo quasi al 90% del totale monopolizzato dai primi due cripto asset per capitalizzazione di mercato.
Abbiamo poi un 2% su Polkadot, un 1% su Cardano e una somma simile su Solana. Rimangono indietro sotto lo 0,5% anche Litecoin e Stellar. Un quadro che comunque in pochi sarebbero riusciti ad immaginare e che ci racconta di un mondo cripto a nostro avviso molto diverso da quello che chi non vive gli ambienti istituzionali sarebbe mai riuscito ad immaginare.
Discorso diverso per Ripple, che realizza un 1.9% probabilmente dovuto anche al fatto di essere presente come valuta di servizio presso le banche che aderiscono al suo network. Binance Coin, nonostante sia molto apprezzato tra i retail e tra chi usa il relativo exchange rimane invece a netta distanza, con uno 0,4%.
Di questo monte di criptovalute detenute avremmo una divisione piuttosto paritaria tra i servizi di custodia e di assicurazione che vengono offerti ai clienti, e altri servizi correlati contro i servizi di market making che svolgono per i clienti più facoltosi. Sono poche le realtà dove si fa investimento diretto o si offrono già prestiti ricorrendo a questa categoria di asset.
Ricordiamo ai nostri lettori che stiamo comunque parlando di un insieme di banche che non è omogeneo e che ha offerto dati, sul 2021 tra le altre cose, in modo completamente libero.
Il dato arrivato è di fine 2021, quando le cripto avevano già subito la prima importante mazzata rispetto ai massimi e dunque avevano perso un po’ dell’appeal che aveva traghettato anche molti istituzionali ad avvicinarsi.
Con il 2022 che per ora non sembrerebbe essere un anno brillante, ci sarà da vedere se, come e quando i grandi istituti bancari hanno aumentato la loro esposizione e magari anche i livelli dei servizi collegati. Noi lo leggiamo come un ottimo dato, anche perché al centro di servizi strutturati e di esposizioni che le banche difficilmente ritrattano nel giro di poche settimane. Con qualche mugugno che arriverà anche dalla community, che a torto o a ragione non sempre vede l’interesse delle banche come positivo per il mondo di Bitcoin e del resto delle cripto.
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