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L’ultima truffa a tema crypto: fingersi il token di un’azienda

5 anni fa
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La FCA espone un reclamo ufficiale contro Icap Crypto, l’ennesimo contro una criptovaluta che finge di essere un’azienda legittima. In questi mesi si sono moltiplicate le situazioni di questo genere: grazie all’utilizzo dell’autorevolezza di un altro brand, i truffatori riescono ad irretire le persone e convincerle ad investire nelle loro finte crittomonete. Il tutto in maniera piuttosto semplice, dal momento in cui il prodotto talvolta non esiste neanche. In questo caso è Icap Europe Limited, società di investimenti regolamentata negli Stati Uniti dalla FCA, a venire imitata.

In passato era già toccato a Fair Oaks e ad Arup Corporate Finance. Lo schema si ripete identico: i fautori del progetto fingono di rappresentare l’azienda già conosciuta, ne sfruttano il brand, dopodiché una volta raccolti più fondi possibile fuggono con il denaro. Sono attività che si muovono sotto traccia, molto spesso online, per cui difficili da individuare. Anche per le stesse aziende che vengono imitate è difficile venirlo a scoprire, ed anche in quel caso è ancora più difficile riuscire a individuare e fermare i colpevoli.

Distorsione dei fatti

Tante grandi banche ed istituzioni finanziarie, come JP Morgan, stanno effettivamente avvicinandosi al mondo delle criptovalute e di blockchain. Alcune hanno fatto la loro ICO, attirando l’attenzione della stampa di settore che ne ha scritto in lungo e in largo. Questo ha spianato la strada alle truffe come Icap Coin, perché per gli investitori è difficile capire quali aziende abbiano realmente lanciato una propria moneta crittografata e quali no. Basta popolare il web con articoli e notizie, in modo che ci cerca in rete trovi del materiale in merito, e la bugia sembra ancora più reale.

Come cecchini che cercano di sparare da lontano sulle formiche, le autorità finanziarie di ogni nazione cercano di fermare la diffusione di queste pratiche illegali. Sono però tante, tutte in costante evoluzione, ed in molti casi chi le crea vive in un’altra nazione rispetto a dove cerca investitori. Nel tempo necessario a fare le indagini i truffatori riescono già a dileguarsi con il denaro di questi ultimi, trasformando la caccia all’uomo in una caccia ai fantasmi. Purtroppo queste notizie hanno un forte impatto negativo sulla credibilità dell’intero settore delle criptovalute.

Come tutelarsi

Se esistesse una regolamentazione per le criptovalute in tutte le nazioni, così come esiste per le società di investimento tradizionali, ci sarebbe della documentazione ufficiale da consultare per informarsi. Invece in questo nuovo mercato, ancora per buona parte selvaggio, i governi sembrano indugiare lasciando gli investitori alla deriva.

Al momento, chi riceve la proposta di investire in una criptovaluta aziendale ha soltanto un modo per essere sicuro che esista realmente. Bisogna chiamare l’azienda usando i recapiti del suo sito ufficiale, parlare con chi di dovere e chiedere se il progetto esista realmente e quale sia il suo link ufficiale. Detto questo, speriamo comunque che una regolamentazione più chiara e più precisa delle criptovalute in tutto il mondo porti ad una maggior tutela dei risparmiatori.

Alessio Ippolito

Imprenditore digitale e giornalista - mi occupo di business online dal 2008. Sono il founder della ALESSIO IPPOLITO S.R.L., società proprietaria della testata Criptovaluta.it e del noto giornale finanziario TradingOnline.com, di cui ne sono anche il direttore responsabile.

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