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Bitcoin inquina MENO di Greenpeace! Inchiesta shock di G. Grossi

2 anni fa
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Mentre la divisione americana attacca Bitcoin e propone il Change the Code, il passaggio dalla Proof of Work alla Proof of Stake che snaturerebbe Bitcoin, la divisione tedesca fa profitti tramite la vendita di gas fossili.

Greenpeace EV, la sezione della potente ONG che opera sul territorio tedesco, ha fondato ormai più di 10 anni fa Greenpeace Energy, oggi Green Planet Energy, società di utility che oltre a energia rinnovabile e gas green vende anche una quantità rilevante sul mix di gas fossili.

E per il 2021 ha distribuito ai partecipanti alla cooperativa ~645.000€ a fronte di investimenti nell’idrogeno verde di poco più di 1.000.000€. Tutto questo mentre la sezione tedesca di Greenpeace dichiara nessun coinvolgimento nella campagna Change the Code condotta dalla consorella americana, condividendone però scopi e motivazioni. Ecco la nostra indagine, con due interviste rispettivamente a Michael Friedrich di Green Planet Energy e Michael Hopf di Greenpeace EV, la divisione tedesca della potente ONG ambientalista.

La mia inchiesta in breve

  • Green Planet Energy, fino al 2021 operante con il nome di Greenpeace Energy, vende gas fossile per più dell’80% del monte totale di gas fornito alle abitazioni tedesche.
  • La campagna contro Bitcoin e contro il mining continua a far leva proprio su scelte che non sono poi diverse da quelle di Green Planet Energy;
  • Green Planet Energy, pur essendo dotata di bollino di approvazione di Greenpeace, vende gas naturale e quindi combustibili fossili;
  • La situazione nonostante i piani di Green Planet Energy, è ancora lontanissima dall’essere green. Si prevede (anche se con enormi difficoltà ammesse da Friedrich stesso) la riduzione graduale, per uno 0% che dovrebbe essere raggiunto entro il 2027;
  • Il miglioramento della componente energetica di Green Planet Energy per quanto riguarda l’offerta di gas non è più rapido di quello del mining Bitcoin ed è largamente dipendente dalla richiesta effettiva di gas. Più questa è alta, più la componente di gas green e biogas si riduce;
  • Green Planet Energy ha distribuito oltre 600.000€ di dividendi lo scorso anno, parte dei quali relativi a profitti ottenuti tramite la vendita di gas fossili;
  • Greenpeace EV non è impegnata direttamente nella campagna Change the Code ma ne condivide gli scopi e la mission.

Green Planet Energy: il braccio utility legato a Greenpeace

Sembrerà strano ai più, ma in Germania c’è Greenpeace che ha partecipato alla fondazione di una utility che fornisce energia elettrica alla rete tedesca. Si chiama Green Planet Energy (oggi, prima si chiamava Greenpeace Energy), è una cooperativa, ha poco meno di 200 dipendenti almeno secondo gli ultimi dati disponibili. Una società che nonostante l’impatto risibile sulla rete elettrica tedesca e sul monte totale di gas ed energia distribuito è stata già al centro di diverse controversie. Ma procediamo con ordine.

Il caso proWindgas

È stato il primo innesco delle controversie che hanno da sempre accompagnato la vita di Green Planet Energy. Già dal 2011 la cooperativa vendeva sul mercato tedesco proWindgas, un prodotto che secondo quanto riportato da Wikipedia si basava al 100% su gas di importazione, con la promessa della riduzione dell’utilizzo di gas fossile a favore di fonti rinnovabili, nello specifico di idrogeno generato dall’eccesso di energia rinnovabile prodotta con il ramo energia elettrica

Sebbene fosse stato definito un piano di riduzione dell’utilizzo del gas, secondo quanto riportato dal sito internet En24articolo consultabile qui tramite Wayback Machine le cose non andavano molto meglio nel 2020.

Il nostro proposito non è quello di vendere gas naturale, ma di ricercare una strategia globale tramite il sistema energetico. E questo include cambi di carattere ecologico nei settori dove l’utilizzo di gas è ancora presente.

Queste le parole di Michael Friedrich di Greenpeace Energy all’interno dello stesso speciale curato da EN24. La strategia, in altre parole, era di creare un sistema di vendita di gas naturale gravato da un sovraprezzo da investire poi nella ricerca di produzione di energia rinnovabile.

Non ha funzionato: il numero di clienti del gruppo, sempre secondo i dati del 2020 l’allora Greenpeace Energy serviva 170.000 clienti con energia elettrica da fonti rinnovabili e 30.000 invece legati al prodotto gas. Una crescita di proporzioni tali da non permettere alla cooperativa di aumentare la percentuale di idrogeno green, generato lo ricordiamo tramite il surplus dell’energia eolica del gruppo. Qualcosa che ai tempi non fu smentito neanche dallo stesso Friedrich.

Utilizzare gas naturale per trasportare idrogeno green o biogas è un male necessario per i provider di energia verde come noi. Tuttavia, a causa di regole molto dure e di leggi di mercato ingiuste, in aggiunta alla mancanza di green gas di qualità oggi, la percentuale di biogas e idrogeno verde è più bassa di quello che vorremmo.

Biogas? Sì, parliamo del gas che viene ricavato principalmente dalla decomposizione di materiali organici che è stato inserito, poco prima, nel pacchetto dell’allora Greenpeace Energy. Sempre secondo quanto riportato da Fredrich allora, il biogas derivava dallo scarto delle barbabietole da zucchero. Perché? Perché anche uno stile di vita vegano, secondo Greenpeace Energy, è importante.

Colpo di scena: il cambio di nome

Se proWindgas sarà sembrata a molti una classica operazione di greenwashing, ad altri interesserà conoscere anche la storia che ha portato al cambio di nome dell’utility, un tempo Greenpeace Energy, oggi Green Planet Energy. Le polemiche di cui sopra continuarono per qualche tempo, fino a costringere l’azienda appunto a cambiare nome per rendere meno evidente il legame con Greenpeace.

Nuovo Nome. Stessi obiettivi. Ruoli chiari.

È questa la scritta che campeggia sulla pagina del sito internet di Green Planet Energy dedicata al cambio di nome.

Dall’autunno del 2021 ci chiamiamo Green Planet Energy. Tutto rimane lo stesso, tranne il nome. La connessione in termini di contenuto con l’organizzazione di protezione ambientale Greenpeace – dalla quale siamo stati fondati nel 1999 come Greenpeace Energy – così come l’elevata qualità ecologica dei nostri prodotti e la nostra indipendenza come cooperativa energetica.

In altre parole un rebranding, senza però perdere, lo dicono loro, il ponte ideale (di quello materiale parleremo più avanti) con Greenpeace e con i suoi valori. Si aggiunge poi.

Perché il cambio di nome? Greenpeace e noi siamo sempre stati confusi a causa del precedente nome. In passato, sono stati messi in opera tentativi per discreditare l’utilizzo di Greenpeace Germany per un’espansione più rapida delle energie rinnovabili, con riferimento al guadagno commerciale che l’organizzazione avrebbe tratto dalle sue turbine. Un altro esempio è stato il dibattito riguardante l’uscita dal gas naturale, nel quale i ruoli dei due attori sono stati deliberatamente confusi. Non vogliamo sprecare le nostre energie e il nostro tempo che dedichiamo alle gradi sfide del cambiamento climatico con correzioni e spiegazioni.

Oltre al nome è stato cambiato anche il lettering del logo per rendere meno evidente qualunque tipo di connessione con Greenpeace. Connessione con Greenpeace che non esiste, dicono loro, neanche sul piano della gestione e sul piano economico. Cosa sulla carta vera: Greenpeace ha una partecipazione soltanto simbolica all’interno della cooperativa.

Tuttavia rimane la sede di Amburgo in Hongkongstr. 10, proprio dove si trovano gli uffici di Greenpeace e anche quelli di Greenpeace Jugend, ovvero la sezione giovanile di Greenpeace. Troppo poco per stabilire un legame con Greenpeace? Legalmente sì, ma ricordiamo il dato inoppugnabile delle circostanze di fondazione di quella che oggi è Green Planet Energy e il fatto, appunto, che la sede sia presso quella di Greenpeace. Altro fatto è che Greenpeace sia ancora citata tra gli azionisti e stakeholders nella documentazione ufficiale dell’azienda. Indipendenza dunque sì, assenza di legami, meno.

Anche molto del materiale presente sul sito presenta ancora il vecchio logo e il vecchio nome. Qualcosa che dimostra l’assoluta comunità di intenti tra Greenpeace e Green Planet Energy.

Greenpeace: il vostro denaro sta pagando la macchina da guerra di Putin?

No, non è una nostra illazione nei confronti di Greenpeace, ma il titolo di un articolo comparso sul sito ufficiale della ONG, dove appunto si mettevano in stato d’accusa le aziende che fanno affari con il gas e con il petrolio russo.

Gli orrori dell’invasione di Putin ai danni dell’Ucraina stanno lentamente venendo alla luce e innescando l’indignazione su scala globale. […] Le decisioni politiche e di investimento dei governi Europei, delle società e delle banche e degli investitori hanno giocato un ruolo fondamentale nel costruire il potere economico e militare di Putin: lo sapevi che con il tuo denaro stai magari controvoglia finanziando la macchina da guerra di Putin?

Questo l’incipit dell’articolo, sinceramente preoccupato e con quel desiderio tipicamente giornalistico di far sapere a tutti qualcosa che magari prima non si sapeva. E dopo l’accorato appello, la lista di società finanziarie e bancarie che avrebbero degli investimenti nel settore dei combustibili fossili russi. E quindi Banca Intesa, Unicredit, Raiffeisen, UBS e tante altre. Curioso però, almeno a nostro avviso, che non ci sia stato spazio per un j’accuse anche verso le società energetiche che ricorrono a quei combustibili. Lista che avrebbe dovuto comprendere anche Green Planet Energy.

Green Planet Energy e il gas russo

Secondo i dati che ancora una volta sono diffusi sul sito ufficiale del gruppo, ad oggi la società venderebbe sul mercato circa 512 milioni di kilowatt ora di gas, contro i 500 milioni delle operazioni in energia elettrica. In altre parole, il business del gas è per volumi maggiore di quello dell’energia elettrica del gruppo.

La Germania continuava ad importare fino a poco tempo fa 35% del suo gas dalla Russia, dato che tiene conto anche delle ultime sanzioni e della guerra ai fossili russi e dei tagli che Gazprom e altre società hanno applicato. La fornitura, sempre secondo i dati riportati direttamente sul sito di Green Planet Energy, di gas naturale che viene poi immesso sul mercato viene acquisito tramite GelsenWasser, che, come tutti gli operatori sul mercato tedesco, fa affidamento sul gas russo. Forse anche qui il prete predica bene e razzola male? La documentazione è tutta disponibile nei link e lasceremo ai nostri lettori formarsi un’opinione propria.

La composizione del gas nell’offerta di Green Planet Energy

Green Planet Energy è molto trasparente per quanto riguarda la composizione di gas che fornisce tramite i suoi contratti ed offre uno spaccato dello stesso mese per mese, direttamente sul suo sito internet. Le percentuali di biogas e di wind gas sono molto variabili e dipendono in larga parte, lo vedremo tra poco, dal totale di gas che viene richiesto dalle abitazioni. In altre parole, durante i mesi con un elevato consumo di gas, quelli più freddi dell’anno, il consumo di gas naturale (e dunque di gas non rinnovabile e con un impatto importante sull’ambiente) è più alto anche in percentuale.

MESEWIND GASBIOGASGAS NATURALE
Gennaio0,42%5,30%94,28%
Febbraio0,44%5,64%93,92%
Marzo1,12%376,91%91,97%
Aprile1,23%8,29%90,48%
Maggio1,04%13,84%85,13%
Giugno0,90%44,64%54,47%
Luglio0,68%46,62%52,70%
Agosto0,61%37,37%62,02%
Settembre0,83%28,75%70,43%
Ottobre1,09%15,60%83,32%
Novembre0,50%9,07%90,42%
Dicembre0,21%6,98%92,81%
I dati sulla composizione del gas offerto da Green Planet Energy per il 2021

Dato che però Green Planet Energy ha indicato come proprio obiettivo quello della vendita di gas rinnovabile al 100% sarà anche interessante vedere come sia cambiata negli anni la composizione dello stesso, almeno per il periodo in cui sono presenti dei dati.

PERIODOBIOWINDNATVARIAZIONE SU ANNO PRECEDENTE
20180,86%99,14%
20190,86%99,14%0%
20200,64%99,36%-0,14%
202110,59%0,68%88,37%+10,63%
La ripartizione per tipologia di gas utilizzato anno per anno

Il cambio di passo nel 2021 è stato evidente, dovuto però completamente all’inserimento del biogas, per il quale, per determinati piani offerti da Green Planet Energy esiste anche la possibilità di averlo 100% vegano, ovvero ricavato dagli scarti di lavorazione della barbabietola.

La percentuale di WindGas è molto bassa

Dati incoraggianti: ma lo sono a sufficienza per raggiungere l’obiettivo di 0% gas naturale (e quindi non rinnovabile e impattante) per il 2027. E c’è un altro punto della questione: rispetto al mining Bitcoin, quanto sta procedendo più velocemente la defossilizzazione di un distributore di energia elettrica e di gas rispetto a quella dei miner? Abbiamo fortunatamente dei dati affidabili, e di questi ci occuperemo tra poco.

Chi fa più sforzi green? L’energia “approvata” da Greenpeace contro il Mining Bitcoin

Per il mining Bitcoin e per la sua svolta green abbiamo dati storici meno estesi, in quanto l’attività del Bitcoin Mining Council è iniziata soltanto l’anno scorso. Sono dati tuttavia molto incoraggianti e che raccontano di una realtà che sta facendo dei passi da giganti non per la benevolenza di chi gestisce questo tipo di attività, ma per la spinta delle forze di mercato.

PERIODO% ENERGIA SOSTENIBILEDELTA SOSTENIBILI SUL TOTALE
2021 Q136,8%
2021 Q256%+19,2%
2021 Q357,7%+1,7%
2021 Q458,5%+0,8%
2022 Q158,4%-0,1%
2022 Q259,5%+1,1%
Dati ufficiali reperibili su BitcoinMiningCouncil.com

Si è passati a livello globale da un 36,8% nel mix di energia utilizzata dal mining ad appannaggio di fonti sostenibili ad un 59,5% nel giro di 15 mesi.

  • Energia sostenibile: il nucleare

Rimane aperta la questione nucleare, con Greenpeace che non la ritiene una tipologia di energia sostenibile mentre il Bitcoin Mining Council sì. Sarà rimessa alla considerazione del lettore ogni tipo di valutazione in questo senso.

Si riesce a utilizzare più gas rinnovabile in percentuale… quando c’è domanda minore di gas

I profitti di Green Planet Energy dalle fonti fossili

Pecunia non olet, dicevano i latini. Ovvero che il denaro è difficile che puzzi. Anche quando il tanfo dovrebbe essere di quelle che secondo Greenpeace sono fonti non rinnovabili e che dovrebbero essere abbandonate quanto prima. Le stesse fonti, per intenderci, che GreenPeace non ritene essere sostenibili.

Sì, anche la vendita di gas fossili genera profitti per Green Planet Energy

Tuttavia per i partecipanti alla cooperativa di Green Planet Energy si tratta anche di fonti di guadagno. Il gruppo ha iniziato, secondo quanto riportato da Wikipedia, a distribuire dividendi.

Per quanto riguarda il 2021 stando al bilancio ufficiale di Green Planet Energy la cooperativa ha distribuito 644.378€ in dividendi. E per stessa ammissione nella nostra intervista di Michael Friedrich sono stati destinati nel corso dello stesso anno 1.050.000€ al green gas.

Questo deve essere interpretato anche alla luce del fatto che per i pacchetti ProWindGas è possibile scegliere di versare un’addizionale di 1 centesimo per KWh. Addizionale che, dichiarano quelli di Green Planet Energy, servirebbe proprio per favorire la ricerca e lo sviluppo, nonché la produzione di energie rinnovabili che dovrebbero andare a sostituire il gas naturale e le altre fonti fossili.

Conclusioni

È sicuramente legittimo predicare bene e razzolare male, anche se prima di lanciare un attacco verso Bitcoin, che pur sta favorendo lo sviluppo di fonti energetiche rinnovabili, si dovrebbe forse avere maggiore attenzione per quanto avviene in casa propria.

Green Planet Energy, per quanto legalmente divisa da Greenpeace ne segue le orme e la mission, segue le stesse battaglie in seno all’opinione pubblica e per anni si è sponsorizzata utilizzando proprio il nome della popolare ONG. La stessa ONG che ha lanciato ormai quasi un anno fa, la campagna Change the Code, Not the Climate. La stessa ONG che ritiene Green Planet Energy utility degna del suo bollino di sostenibilità, nonostante nel bilancio delle vendite le forniture di gas naturale e fossile occupino un ruolo di certo rilievo.

E nella valutazione di chi sta conducendo un attacco a Bitcoin adducendo motivazioni di carattere ambientale si dovrà anche tenere conto dei dividendi distribuiti, alcuni dei quali provenienti proprio dalle vendite di gas. Dividendi distribuiti che valgono il doppio degli investimenti fatti dal gruppo per il 2021. Investimenti che non tutti riguardano lo sviluppo di fonti energetiche alternative.

Un ennesimo caso di greenwashing? E quanto sono fondate le polemiche che agitano l’ambientalismo per ostacolare un discorso pubblico più sano e scientifico su Bitcoin?

Le nostre domande a Michael Friedrich di Green Planet Energy

  • ProWindGas offre al consumatore la scelta di autotassarsi fino a 1 centesimo di euro per kWh per finanziare progetti legati alle rinnovabili e all’idrogeno verde. Quanto avete raccolto tramite questa autotassazione e quanto di questo denaro finisce in progetti legati a suddetto idrogeno verde?

Né noi né i nostri clienti considerano l’addizionale di 1ct/kWh come una tassa. Dal nostro comune punto di vista è un investimento volontario nel cambio verso le rinnovabili nel settore del riscaldamento privato, che è dominato dai sistemi a gas utilizzati da 20 milioni di case in Germania. In aggiunta ci sono molti settori dell’economia tedesca che non possono essere decarbonizzati con l’energia verde direttamente. Per questi settori (come ad esempio l’aviazione intercontinentale, le industrie del vetro, dell’acciaio e della chimica o la logistica dei container) sono urgentemente necessarie altre soluzioni rinnovabili, ovvero i green gas. E ultimo, ma non meno importante: i gas green sono un’opzione di backup indispensabile per il futuro del mercato dell’elettricità che sarà dominato da elettrico e eolico, al fine di offrire energia costante quando il sole e il vento non ci sono. Questo è quanto i nostri clienti e noi come cooperativa di eco-energia ci stiamo sforzando di raggiungere. Per la seconda porzione della domanda, risponderò all’interno della n. 3.

  • Comprendiamo lo sforzo per offrire ai clienti tedeschi energia e riscaldamento da fonti rinnovabili. Nonostante questo sforzo però il vostro mix di gas si affida ancora al gas naturale. Anche per il 2022 non andrete, nella migliore delle ipotesi, sotto l’80% di gas naturale sul totale. Quanto è credibile il vostro piano di raggiungere lo 0% prima del 2027?

Al fine di cambiare il settore del riscaldamento privato, che è dominato dai sistemi a gas, come ho spiegato prima, dobbiamo offrire un prodotto gas che aiuti i clienti a eliminare per gradi i gas fossili e rimpiazzarli con gas green. Dato che milioni di questi che dipendono dai sistemi di riscaldamento a gas sono inquilini in appartamenti o case che non riescono a decidere se e quando rimpiazzare i loro sistemi di riscaldamento, per loro l’unica soluzione è di incrementare la quantità di gas green. Questo è esattamente quello che stiamo facendo. Il nostro obiettivo – quello di eliminare gradualmente i gas fossili entro il 2027 – non solo è il primo dell’industria e la più ambiziosa delle iniziative in Germania, ma è anche completamente in linea con gli obiettivi di 1,5 ° C fissati negli Accordi di Parigi. In aggiunta abbiamo anche iniziato ad offrire sistemi con pompa di calore ai nostri clienti che possono e vogliono fare questo cambiamento. Il nostro obiettivo è di aiutare più clienti possibili più velocemente possibili per rendere possibile questa transizione.

Nonostante le difficoltà del presente, in via di principio stiamo ancora aderendo al nostro piano di eliminazione graduale. Tuttavia non è chiaro quanto biogas saremo in grado di utilizzare per il 2023. Questo è dovuto all’attuale scarsità di gas. I biogas sono scambiati sugli stessi prezzi del gas fossile. A complicare ulteriormente la questione c’è il fatto che il biogas è acquistato principalmente dall’industria dei carburanti (come le raffinerie) a causa dell’obbligo che hanno in termini di riduzione delle emissioni CO2. Sono disposte a pagare qualunque cifra, dato che sarebbe comunque più economico dei carbon credits. Questo rende l’approvvigionamento di biogas molto più difficile e costoso per i provider di energia come noi – ma nonostante questo puntiamo al 15% di biogas per il 2023 se sarà possibile. Secondo quanto velocemente il mercato del gas tornerà su livelli normali, torneremo al nostro piano di eliminazione graduale entro il 2027. Questo rimane un obiettivo ambizioso, ma abbiamo fatto molti progressi nel settore dei biogas negli ultimi due anni. Siamo fiduciosi del fatto di poter aggiungere diversi progetti biogas che saranno di nostra proprietà e da noi controllati nel nostro portafoglio.

  • In alcune vecchie interviste avete difeso la scelta di vendere gas naturale, giustificandola con la necessità di finanziare il vostri progetti legati all’idrogeno verde. Nel 2021 la vostra compagnia ha però distribuito dividendi per 645.000€. Questo sarebbe il doppio dei vostri investimenti dichiarati per proprietà e per centrali nello stesso periodo. Come può questa scelta essere in linea con la vostra missione di sfruttare le vendite di gas naturale per finanziare la transizione verde? Questi dividendi non sarebbero stato meglio allocarli nei progetti di idrogeno verde?

La nostra compagnia ha pagato un certo ammontare per azione ai nostri membri della cooperativa nel 2021, per un totale di 645.000€. Questa è stata una decisione democratica dei membri della nostra cooperativa che sono anche i nostri proprietari. Nello stesso anno, abbiamo investito 1,05 milioni di euro nel procacciamento di idrogeno verde (o Windgas, come lo chiamiamo noi) e nello sviluppo di tecnologia per l’idrogeno, che sono stati finanziati dai ritorni del pagamento aggiuntivo [il cent per kWh di cui sopra, NDR].

  • Sareste d’accordo nell’offrire i vostri servizi ad una mining Farm di Bitcoin? Credete che il mining Bitcoin potrebbe fare affidamento su una fonte di energia affidabile e verde tramite i servizi di Green Planet Energy?

Su un piano generale: dato che stiamo offrendo energia verde affidabile a tutti i tipi di clienti tech (come i data center), non ci sarebbero ostacoli tecnici nel fornire le mining Farm di Bitcoin. Tuttavia, basandoci sulla conoscenza che abbiamo ora, riteniamo il mining Bitcoin, con il suo enorme consumo di energia, come non-sostenibile. E se dovessimo dare priorità a settori dell’economia ai quali offrire energia verde – che rispetto al fabbisogno totale è ancora scarsa – per decarbonizzare tali settori, altri settori sarebbero prioritari per noi.

Le nostre domande a Greenpeace Germania

  • Greenpeace EV ha una piccola quantità di azioni di Green Planet Energy. Tale compagnia continua a vendere ai clienti tedeschi prodotti che fanno largamente affidamento sul gas naturale. Come può essere in linea con i vostri obiettivi di medio e lungo periodo di utilizzo del 100% di fonti rinnovabili?

Questo progetto punta a trasformare il mercato del gas tedesco tramite i gas verdi. Non è qualcosa che si limita alla vendita di gas. Green Planet Energy offre soluzioni ai clienti che dipendono ancora dal riscaldamento a gas (sono quasi 20 milioni di abitazioni in Germania) e allo stesso tempo vuole supportare la transizione energetica. E quindi i clienti del ramo gas (30.000 nel 2020) stanno supportando un cambiamento fondamentale nell’industria, aiutando lo sviluppo di idrogeno verde e elevati standard di biogas che sono animal friendly e di alta qualità. Tali gas sono necessari per una transizione di successo di tutti i settori della nostra economia, dove l’elettricità green non può essere utilizzata direttamente per decarbonizzare tali settori. GPE eliminerà gradualmente i gas fossili entro il 2027 al più tardi e li rimpiazzerà con gas green. Ad ogni modo, l’espansione dei gas rinnovabili come sostituto per i gas fossili deve essere avviato. E questa è di gran lunga la più ambiziosa iniziativa di tutti i fornitori di gas in Germania – e completamente in linea con il target di -1,5°C degli Accordi di Parigi sul Clima.

  • Greenpeace EV [la sezione tedesca, NDR] sta partecipando alla campagna Change the Code?

Dall’avvio della guerra da parte della Russia e del terrore verso l’Ucraina, ci stiamo concentrando sull’impatto drammatico sul mercato dell’energia tedesco e europeo e quindi non stiamo partecipando a questa campagna per il momento.

  • Greenpeace EV è d’accordo con la distribuzione di 645.000€ in dividendi nel 2021, con una parte di quella somma che deriva dalla vendita di gas fossili?

Questo progetto punta a trasformare il mercato tedesco dell’energia verso i gas verdi e li ridurrà gradualmente fino all’eliminazione nel 2027 al più tardi. In termini di denaro, la cosa più importante è che GPE sta spendendo milioni per far funzionare le apparecchiature per l’elettrolisi che producono idrogeno verde dall’energia eolica in surplus. In questo processo, stanno testando anche concetti operativi per l’ultima fase della transizione energetica che assicura la flessibilità necessaria in caso di fluttuazioni nel carico della rete e mantenere tale potenza stabile. In aggiunta, stanno guidando altri progetti per più macchine per l’elettrolisi con costi gravosi per mantenere la proporzione di Wind gas stabile e per incrementarla. GPE ottiene idrogeno verde da apparecchiature per l’elettrolisi da altre compagna che altrimenti non sarebbero economiche da far funzionare.

Questo è estremamente importante per assicurarsi che tali capacità e tale expertise tecnico sia conservato anche per la transizione energetica. La maggior parte dei dividendi arriva dalla vendita di energia green e la cooperativa ha decisioni su tali dividendi. Quello che ci interessa è che questo è un progetto convincente e necessario e che la quota di gas sarà 100% green per il 2027. Questo riguarda fare la cosa giusta, non i dividendi.

  • Il mining Bitcoin sta rapidamente migliorando il mix di energia. Non credete che collaborando con l’industria del mining Bitcoin verso un mix ancora più rinnovabile offrirebbe migliori risultati?

Non ho informazioni riguardo questo. So che però altre criptovalute funzionano con un codice che richiede il 99% in meno di energia di Bitcoin. Quindi riguarda principalmente lo spreco di energia, non il mix energetico corretto.

  • Se il Mining Bitcoin utilizza ancora carburanti fossili per necessità, non sareste d’accordo nell’applicare al mining gli stessi standard che applicate a Green Planet Energy, che sta venendo gas naturale per almeno l’80% del suo mix gas? Anche se potete sicuramente dire di avere soltanto una piccola partecipazione in GPE, siete stati tra if fondatori e la compagnia continua a dichiarare obiettivi e mission comuni, quindi sarebbe per noi interessante saperne di più.

Sono cose completamente diverse: Bitcoin consuma troppa energia e non ha un business model che ricerca soluzioni per la crisi energetica. GPE è la ricerca di un progetto dedicato che aiuterà a risolvere la crisi climatica. Questa tecnologia è necessaria per una transizione verde e GPE sta giocando un ruolo chiave nel portala avanti. Questo accelererà il phase out dal gas convenzionale. Oggi l’importanza dell’idrogeno green è ampiamente riconosciuta e si riflette anche nella Strategia Nazionale per l’Idrogeno della Germania.

Gianluca Grossi

Caporedattore ed analista economico. È divulgatore per blockchain, Bitcoin e criptovalute in generale. Solida formazione tecnica, si occupa del comparto dal 2015. Detenzioni: Bitcoin, Ethereum.

Vedi Commenti

  • "Tuttavia, basandoci sulla conoscenza che abbiamo ora, riteniamo il mining Bitcoin, con il suo enorme consumo di energia, come non-sostenibile": cercando di portare avanti campagne strumentali piene di puttanate logiche, poi si finisce giocoforza a fare affermazioni contraddittorie come questa ;) Infatti se si dovesse bollare come "non eco-sostenibile" qualcosa in base meramente al consumo (e non al mix), Green Planet Energy dovrebbe per coerenza chiudere, subito, in quanto sta fornendo quantità notevoli di energia sul mercato, energia che viene poi, guarda un po', consumata e consumo=inquinamento, a prescindere, secondo la loro stessa logica.
    Non si capisce che differenza possa fare (a parte ovviamente di "immagine", a causa delle suddette campagne di puttanate) fornire energia green per decarbonizzare un'acciaieria (che tra l'altro inquina di suo, con i suoi processi, al contrario del mining) piuttosto che una mining farm. Entrambe producono qualcosa che il mercato (unico arbitro) ritiene utile, volendo tirare in ballo quel discorso.
    La questione diventa più esilarante ogni giorno di più.

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