L’Interpol ha annunciato l’apertura di un metaverse tutto suo. Gli uffici virtuali saranno un punto di riferimento per le forze di polizia di tutto il mondo, che così avranno un ulteriore strumento per collaborare. Gli utenti, dopo essersi registrati, potranno visitare gli uffici virtuali e interagire con i funzionari Interpol tramite avatar. Verranno lanciati anche corsi di formazione su chain in materia forense e investigativa.
La realtà dei metaverse è in costante crescita, e offre sempre più occasioni di socializzazione, ma anche di crimine. La polizia si prepara così a vigilare su scenari sociali per alcuni aspetti totalmente nuovi.
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L’Interpol sbarca sul metaverse
L’Interpol avrà un suo metaverse, una piattaforma pensata per offrire un ulteriore punto di incontro per le forze dell’ordine di tutto il mondo. Uno strumento operativo grazie al quale le forze di polizia potranno collaborare sfruttando i vantaggi delle tecnologie basate su chain.
Verrà riprodotta su blockchain la sede del Segretariato generale Interpol di Lione. Gli utenti potranno incontrare gli avatar dei funzionari, ovviamente dopo essersi registrati, e partecipare a corsi di formazione su indagini forensi e altre attività di polizia.
Una sede operativa virtuale ma anche un osservatorio sulle interazioni sociali, che spostandosi sempre più su metaverse assumono nuovi paradigmi e schemi di comportamento. Secondo Madan Oberoi, direttore esecutivo della tecnologia e dell’innovazione all’Interpol, il metaverse ha il potenziale per modificare qualsiasi aspetto della nostra quotidianità, e questo comporta profonde implicazioni per le forze di polizia. Bisogna imparare a comprendere e riconoscere il comportamento dei criminali nell’ambiente virtuale, e per farlo è necessario che la polizia sperimenti queste tecnologie.
Al crescere del numero di utenti attivi nel metaverse assisteremo all’aumentare di potenziali crimini. Pensiamo al furto di dati, truffe finanziarie, phishing, aggressione e molestie sessuali, reati contro i minori. La polizia deve poter proteggere le persone anche negli ambienti virtuali, e garantire lo stato di diritto.
Il pensiero di Madan Oberoi sintetizza lo scopo con cui l’Interpol ha deciso di aprire i suoi uffici virtuali. La polizia ha bisogno di conoscere tali ambienti, e per farlo deve frequentarli, essere presente, e prendere dimestichezza con tali tecnologie.
Blockchain in soccorso delle forze dell’ordine
Polizia che di fatto non è affatto nuova ad attività investigative per crimini commessi su blockchain, come ci dimostrano i tanti casi di successo che ci troviamo a raccontare con una certa frequenza. L’iniziativa dell’Interpol peraltro nasce dalla necessità di vigilare su ambienti che potrebbero prestarsi a crimini di varia natura, esattamente come accade nel mondo reale.
Il tema è stato già affrontato in profondità dal governo della Corea del Sud, che ha indetto in comitato etico sui metaverse proprio per tutelare la sicurezza degli utenti, in particolar modo dei minori e dei soggetti più esposti a potenziali crimini.
La necessità di normare e vigilare sui nuovi spazi di interazione sociale è quindi più che concreta, coi metaverse che si stanno facendo portatori di nuovi paradigmi sociali, da conoscere a fondo per prevenire e contrastare le attività criminali. Quello dell’Interpol, che è sulle tracce di Do Kwon orami da tempo, non è nenache il primo caso in cui le forze dell’ordine ricorrono a tecnologie derivate dal comparto: l’ultimo esempio in ordine cronologico ci arriva dall’India, dove la polizia attiverà una piattaforma basata su chain che i cittadini potranno utilizzare per sporgere denunce.